Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30481 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30481 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 22/07/1998
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Palermo
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentito il Procuratore Generale che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore Avv. NOME COGNOME del Foro di Palermo, che ha esposto i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza proposta dal difensore di COGNOME DomenicoCOGNOME confermando integralmente l’ordinanza cautelare emessa in data 25 novembre 2024 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città.
Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto nei confronti di COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari previste dall’articolo 274, lettere a) e c), oltre alla presunzione di cui all’articolo 275, co. 3, cod.proc.pen..
L’imputazione principale riguardava il delitto associativo di cui all’articolo 74 del D.P .R. 309/90, per essersi l’indagato associato con COGNOME NOME, COGNOME NOME, alias NOME, e COGNOME NOME, oltre ad altri soggetti rimasti ignoti, al fine di commettere una pluralità di delitti previsti dall’articolo 73 del medesimo decreto.
In particolare, veniva contestata un’attività sistematica di vendita, trasporto, commercio, cessione e detenzione finalizzata alla cessione a terzi di sostanze stupefacenti, prevalentemente cocaina, ma anche hashish e marijuana, talvolta in quantitativi ingenti. Tale condotta criminosa veniva temporalmente collocata dal novembre 2020 sino alla data dell’ordinanza cautelare.
Il quadro accusatorio si completava con ulteriori condotte di trasporto e detenzione, in concorso con COGNOME NOME e COGNOME NOME e, in un’occasione, anche con COGNOME Rosario, di rilevanti quantitativi di cocaina proveniente dalla Calabria e destinata al successivo spaccio, collocate temporalmente nel periodo compreso tra il 17 novembre 2023 e il 12 dicembre 2023.
Secondo la ricostruzione confermata dal Tribunale del riesame, COGNOME avrebbe ricoperto un ruolo di rilievo all’interno dell’organizzazione criminale, fungendo da stretto collaboratore e uomo di fiducia di COGNOME NOME, anche in ragione anche del vincolo di parentela che li univa (essendo NOME nipote di COGNOME). L’abitazione di COGNOME in INDIRIZZO veniva utilizzata come luogo di ricezione e smistamento della droga proveniente dalla Calabria.
L’odierno ricorrente si occupava altresì della distribuzione dello stupefacente nel mercato palermitano, curando la riscossione dei corrispettivi in denaro.
Il Tribunale del riesame, nel rigettare l’istanza, ha fondato il proprio convincimento sull’integrale condivisione del percorso argomentativo seguito dal G.I.P., ritenendo la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato associativo.
Il Tribunale ha ravvisato l’esistenza di una struttura organizzativa caratterizzata da circolarità dei contatti tra gli associati; disponibilità di luoghi destinati allo stoccaggio dello stupefacente e all’occultamento delle somme di denaro, quali l’abitazione di Santangelo Fabio e quella di Mazza Domenico; impegno incessante nell’approvvigionamento dello stupefacente e nella sua immissione al consumo; prosecuzione delle attività illecite nonostante gli arresti in flagranza dei corrieri e i sequestri di sostanze stupefacenti; esistenza di una contabilità condivisa;
ripartizione dei ruoli tra i vari sodali, con COGNOME NOME in posizione apicale e COGNOME NOME quale collaboratore di fiducia.
Quanto alle esigenze cautelari, è stata ritenuta l’operatività della presunzione di cui all’art.275, co. 3, cod.proc.pen., non essendo stati riscontrati elementi positivi idonei al suo superamento.
È stata inoltre evidenziata la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c), cod.proc.pen., ricavata dalla gravità della condotta posta in essere da COGNOME NOME, indicativa dell’inserimento in un contesto criminale dedito professionalmente al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Il Collegio del riesame ha infine escluso l’adeguatezza di misure meno afflittive, ritenendo necessario recidere qualsivoglia potenziale collegamento del ricorrente con ambienti dediti al traffico di sostanze stupefacenti e considerando altamente verosimile che, anche dal proprio domicilio, l’indagato potesse prestarsi ad ulteriori iniziative delittuose, nonostante l’eventuale controllo mediante braccialetto elettronico.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, il difensore di COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico e complesso motivo incentrato sulla violazione dell’art. 606, co.1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
2.1 Il ricorrente denuncia, in primo luogo, una palese violazione di legge con riferimento ai presupposti oggettivi e soggettivi della partecipazione alla presunta consorteria finalizzata al traffico di stupefacenti.
Specificamente, eccepisce che il Tribunale del riesame abbia totalmente pretermesso un’analitica valutazione dei presupposti necessari per attestare l’intraneità del ricorrente nel reato associativo, limitandosi a un generico riferimento agli altri coindagati, senza mai focalizzarsi sul ruolo specifico di COGNOME NOME. La difesa rileva come, già alle pagine 7 e seguenti dell’ordinanza impugnata, emerga chiaramente tale carenza argomentativa, con il costante riferimento ai coindagati, e mai al ricorrente.
Il ricorso evidenzia che l’art. 74 D.P.R. 309/90 richiede, quale elemento essenziale, l’esistenza di un vincolo associativo finalizzato alla commissione di un numero indeterminato di reati ex art. 73 dello stesso decreto, con la necessaria consapevolezza da parte di tutti i partecipanti dell’ affectio societatis . Tale consapevolezza implica che ciascun membro sia cosciente dell’esistenza del sodalizio criminoso e fornisca un contributo causale significativo allo sviluppo dell’associazione e alla realizzazione degli scopi illeciti, oltre alla presenza imprescindibile di almeno tre soggetti che si associno stabilmente.
La difesa denuncia conseguentemente l’illogicità e contraddittorietà della motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata, evidenziando come la stessa non soddisfi i requisiti minimi per giustificare l’affermazione della responsabilità del ricorrente per il reato associativo.
In particolare, si contesta che il Tribunale, pur avendo ritenuto sussistente l’associazione criminale sulla base di elementi quali la costante interazione tra gli associati, la disponibilità di
luoghi per lo stoccaggio dello stupefacente, l’impegno nell’approvvigionamento, la prosecuzione dell’attività nonostante gli arresti, l’esistenza di una cassa comune e la ripartizione dei ruoli, non abbia fornito alcuna motivazione adeguata in merito al contributo effettivo di COGNOME NOME all’associazione contestata.
L’unico elemento posto a fondamento della decisione è il rapporto di parentela tra il Mazza e il COGNOME, senza alcun riscontro concreto di una partecipazione attiva e consapevole al presunto sodalizio criminoso. Rimane inoltre indefinito il ruolo specifico che il primo avrebbe svolto nell’associazione, in mancanza di qualsiasi dimostrazione del suo apporto diretto o di un suo stabile inserimento nell’organizzazione.
Il ricorso evidenzia inoltre che il Tribunale non ha fornito elementi concreti circa l’esistenza di una cassa comune o di una contabilità condivisa, non risultando alcun elemento indiziario che attesti la disponibilità di somme di denaro da parte di Mazza o il suo coinvolgimento nella gestione economica dell’associazione. L’ordinanza si limita a menzionare l’uso della sua abitazione come luogo di riferimento, senza dimostrare attraverso quale percorso logico il ricorrente abbia manifestato la sua adesione consapevole e stabile alla struttura criminale.
Sotto il profilo della configurabilità stessa del reato associativo, la difesa rileva che l’ordinanza fa riferimento esclusivamente a due soggetti: COGNOME e COGNOME
Si eccepisce che un’associazione non può sussistere con soli due individui, essendo necessario provare l’esistenza di un’organizzazione plurisoggettiva strutturata e stabile.
Il ricorrente contesta inoltre l’approccio metodologico seguito dal Tribunale, che avrebbe basato il proprio convincimento relativamente all’esistenza dell’associazione solo sulla scorta dei reati fine (contestati ai capi K, L, M, N ed O).
Tuttavia, si evidenzia che per configurare il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti non è sufficiente basarsi esclusivamente sulla commissione dei cosiddetti “reati fine”, essendo necessario dimostrare l’esistenza di un vincolo associativo stabile e permanente tra tre o più persone, supportato da un’organizzazione, anche minima, destinata a perdurare oltre la realizzazione dei singoli reati programmati.
2.2 Sul piano delle esigenze cautelari, il ricorso contesta la motivazione del Tribunale secondo cui nonostante l’attuale stato di incensuratezza del Mazza e il grado del pericolo di reiterazione criminosa, non possa allo stato essere concessa una misura meno afflittiva della massima misura custodiale in atto applicata. Si eccepisce l’illogicità e contraddittorietà nel confermare la massima misura restrittiva, considerato che gli elementi indiziari acquisiti non dimostrano né la configurabilità dell’associazione medesima, né il contributo di Mazza all’associazione.
Si sottolinea che la motivazione deve dimostrare la proporzionalità tra la misura applicata e le specifiche esigenze cautelari, non potendosi fondare su mere supposizioni o automatismi logici, e che la presunzione di pericolosità sociale non può derivare unicamente dalla gravità del reato contestato, ma deve trovare fondamento in elementi concreti e attuali.
Per tali motivi, si chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e l’applicazione di una misura cautelare meno afflittiva nei confronti di COGNOME NOME
Il Procuratore Generale si è riportato alla memoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del COGNOME ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
All’esame dei motivi di ricorso è utile premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari personali deve riguardare esclusivamente la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione entro i limiti indicati dalla norma, con la conseguenza che il controllo di legittimità non può riferirsi alla ricostruzione dei fatti o censure che, seppure formalmente rivolte alla motivazione, si concretino in realtà nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già prese in considerazione dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, COGNOME, Rv. 241997).
Il controllo del giudice di legittimità non concerne, dunque, né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito su attendibilità delle fonti, rilevanza e concludenza dei dati probatori, essendo inammissibile, in questa sede, la prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito. Il sindacato resta pertanto circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 7, n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, Rv. 262948; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212565).
Con particolare riferimento all’obbligo motivazionale gravante sui giudici del riesame, si è inoltre specificato che lo stesso può ritenersi comunque adempiuto qualora l’ordinanza del giudice del riesame richiami per relationem , nell’ambito di una valutazione complessiva destinata a superare implicitamente i motivi dedotti, le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, a condizione, tuttavia, che le deduzioni difensive non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza genetica, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate (Sez. 6, Sentenza n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765; Sez. 1, Sentenza n. 8676 del 15/1/2018, COGNOME, Rv. 272628).
2. Inoltre, il ricorso proposto dalla difesa di COGNOME, articola censure che investono l’accertamento dei presupposti fattuali della fattispecie associativa, e altre in ordine alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, rendendo necessario un approfondimento dei principi giuridici applicabili e dei criteri interpretativi consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
L’art. 74 D.P.R. n. 309/1990 configura un delitto associativo di particolare gravità, caratterizzato da una struttura normativa che richiede la sussistenza di specifici elementi costitutivi. Come precisato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità di un’associazione finalizzata al narcotraffico, è necessaria la presenza di tre elementi fondamentali: a) l’esistenza di un gruppo composto da almeno tre persone tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale), avente ad oggetto un programma criminoso di compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) la disponibilità da parte del sodalizio, con sufficiente stabilità, di risorse umane e materiali per una credibile attuazione del programma associativo; c) un apporto individuale apprezzabile e non episodico degli associati, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, che integri un contributo alla stabilità dell’unione illecita (Sez. 6, n. 7387 del 03/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796; Sez. 4, n. 44183 del 02/10/2013, COGNOME, Rv. 257582).
Non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Cicciari, Rv. 275583). L’elemento organizzativo assume un rilievo secondario, essendo sufficiente anche una struttura minima perché il reato si perfezioni (Sez. 2, n. 16540 del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 255491).
Il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540), proprio perché attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670).
L’elemento distintivo del delitto di cui all’art. 74 D.P .R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275550). Il carattere stabile dell’accordo criminoso presuppone la presenza di un reciproco impegno alla
commissione di una pluralità di reati e il reato associativo non può ritenersi integrato per la sola frequente commissione di reati da parte degli stessi soggetti nel diverso ruolo di acquirente e venditore, essendo invece necessario che tale reiterazione si collochi nell’ambito dell’esecuzione del programma associativo di commissione di una serie indeterminata di reati (Sez. 6, n. 28252 del 06/04/2017, COGNOME, Rv. 270564).
Sul piano probatorio, la giurisprudenza ha fissato il principio secondo cui la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche mediante l’accertamento di facta concludentia , quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610).
Rileva questo Collegio come, nel caso di specie, le censure formulate dalla difesa nei motivi in disamina siano caratterizzate, nella loro sostanza, da considerazioni volte a prospettare una lettura alternativa delle emergenze indiziarie valorizzate dal Tribunale del riesame, senza tuttavia evidenziare alcun vizio di manifesta illogicità o travisamento della prova che possa legittimare l’intervento di questa Corte nell’ambito dei limiti del sindacato di legittimità.
3.1 L’assunto difensivo secondo cui l’ordinanza impugnata si fonderebbe su mere presunzioni legate al rapporto di parentela tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, senza alcuna dimostrazione del contributo effettivo del primo all’associazione criminale, non appare condivisibile alla luce dell’articolato percorso argomentativo sviluppato dai giudici del riesame, il quale si svolge attraverso una valutazione analitica e coordinata di molteplici elementi.
L’esame dell’ordinanza rivela infatti come il giudice cautelare abbia basato il proprio convincimento non già sul dato meramente parentale, ma su un complesso quadro probatorio nel quale le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia rappresentano soltanto la cornice di contesto, mentre le tessere centrali sono costituite da prove dirette e riscontri oggettivi. Tale metodologia valutativa appare pienamente conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e non presenta profili di censurabilità in questa sede.
La motivazione sviluppata nell’ordinanza impugnata valorizza, con dovizia di riferimenti fattuali, l’utilizzo sistematico dell’abitazione del ricorrente quale base logistica per le operazioni di scarico della droga proveniente dalla Calabria. Il suddetto elemento, lungi dal costituire un dato isolato o equivoco, si inserisce in un contesto di serialità comportamentale che denota la stabilità dell’inserimento nel sodalizio criminale. Le modalità operative standardizzate -caratterizzate dal sistematico recupero dello stupefacente occultato nei serbatoi dei veicoli – sono state interpretate quali indici rivelatori non di una mera compartecipazione occasionale, ma di un ruolo strutturato e consapevole all’interno di un’organizzazione che opera secondo protocolli consolidati.
Particolarmente pregnante appare la ricostruzione fattuale relativa alle operazioni documentate dalla videosorveglianza. L’ordinanza dà conto, con ricchezza di dettagli, dell’operazione del 17 novembre 2023, quando il veicolo Audi A3 condotto da COGNOME NOME, partito dalla Calabria, giunge presso l’abitazione del ricorrente dove questi, unitamente a COGNOME NOME, procede allo scarico dello stupefacente secondo modalità operative che denotano sistematicità e coordinamento.
E soprattutto, la ripetizione di analoghe operazioni il 23 novembre, il 29 novembre, il 5 dicembre e il 12 dicembre 2023, sempre con l’utilizzo della medesima location e delle stesse procedure, è stata valorizzata quale elemento sintomatico della serialità e sistematicità delle condotte.
L’interpretazione di tali dati fattuali, in chiave dimostrativa della partecipazione associativa, costituisce apprezzamento di merito che sfugge al sindacato di questa Corte, non emergendo dall’esame degli atti alcun salto logico o contraddizione manifesta nel percorso inferenziale seguito.
Le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME NOME e COGNOME NOME vengono richiamate nell’ordinanza non tanto quali prove autonome e sufficienti della colpevolezza, ma come elementi di contesto che trovano piena conferma nel compendio probatorio oggettivo.
Il giudice cautelare ha correttamente applicato i criteri di valutazione della prova dichiarativa elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, verificando la convergenza del narrato dei collaboratori con le risultanze delle intercettazioni e delle videoriprese.
Tale metodologia valutativa, che privilegia il riscontro oggettivo rispetto al dato meramente dichiarativo, non solo appare immune da censure, ma denota un particolare rigore nell’apprezzamento delle fonti di prova.
L’episodio dell’8 novembre 2023 assume, nel contesto motivazionale dell’ordinanza, una valenza dimostrativa particolare. Il trasporto del voluminoso trolley dall’abitazione di Santangelo Fabio alla Renault Captur del ricorrente, il successivo incontro con COGNOME Pasquale e il passaggio del bagaglio, seguito dall’immediata partenza di quest’ultimo verso la Calabria, costituiscono una sequenza fattuale dalla quale i giudici del riesame hanno tratto la conclusione che COGNOME NOME fosse pienamente inserito nella gestione economica del sodalizio. Il successivo sequestro di euro 589.065,00 all’interno del trolley – denaro che, secondo la confidenza resa da COGNOME NOME al collaboratore COGNOME, costituiva il corrispettivo di una precedente fornitura di stupefacente – chiude un cerchio probatorio la cui tenuta logica non può essere messa in discussione attraverso la mera prospettazione di interpretazioni alternative.
Il Tribunale del riesame ha logicamente ritenuto significative le captazioni dell’11 luglio 2023, allorché COGNOME e COGNOME attendevano un carico di cocaina dai fornitori calabresi. L’arresto del corriere COGNOME NOME con kg. 17,162 di sostanza stupefacente e le conversazioni immediatamente successive – nelle quali emerge la consapevolezza dell’avvenuto arresto e la conoscenza diretta dei canali di approvvigionamento – sono state valorizzate quali elementi dimostrativi del pieno inserimento del ricorrente nelle dinamiche del traffico.
L’interpretazione del contenuto delle intercettazioni è stata condotta secondo criteri di ragionevolezza che non presentano profili di manifesta illogicità.
L’utilizzo di telefoni criptati collegati al medesimo server e la loro periodica sostituzione costituiscono ulteriori tasselli del mosaico probatorio che il giudice del riesame ha composto con coerenza argomentativa.
Quanto alla configurabilità del reato associativo, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’elemento organizzativo dell’associazione per delinquere può essere integrato anche da una struttura essenziale, purché caratterizzata dalla stabilità del vincolo e dall’indeterminatezza del programma criminoso.
La sussunzione del fatto concreto nella fattispecie astratta è stata operata attraverso la valorizzazione di elementi fattuali specifici: la disponibilità di luoghi deputati allo stoccaggio, le modalità operative standardizzate, la gestione coordinata dei rapporti con fornitori e acquirenti, la capacità di proseguire l’attività nonostante gli arresti.
Si tratta di un’operazione ermeneutica che, pur nella sua complessità, non presenta vizi di illogicità.
L’esistenza di una gestione economica condivisa – elemento non essenziale ma certamente significativo ai fini della prova del vincolo associativo – è stata correttamente ricavata con particolare evidenza dall’episodio del 26 agosto 2023, quando COGNOME procede con COGNOME NOME a un vero e proprio rendiconto economico relativo a partite di stupefacente e ai relativi pagamenti, da presentare al vertice dell’associazione rappresentato dal COGNOME.
3.2 Per quanto concerne le esigenze cautelari, il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., rilevando come l’incensuratezza del ricorrente – unico elemento positivo dedotto dalla difesa – non fosse di per sé sola idonea a vincere la presunzione legale di adeguatezza della custodia in carcere. Tale valutazione appare pienamente conforme all’orientamento consolidato di questa Corte, che ha ripetutamente affermato come la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari con riferimento ai reati indicati dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., può essere vinta solo da elementi specifici, che spetta all’interessato dedurre, non essendo sufficiente lo stato d’incensuratezza ( Sez. 3, n. 25633 del 08/06/2010 Rv. 247698 – 01), specialmente quando, come nel caso di specie, emerga un inserimento stabile e qualificato in un sodalizio dedito professionalmente al trasporto, alla detenzione e allo spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti.
Per di più, la prognosi di pericolosità sociale, ancorata alla serialità delle condotte, alla prosecuzione dell’attività criminosa nonostante gli interventi repressivi e al ruolo di rilievo rivestito dal ricorrente nell’organizzazione, si fonda su dati fattuali la cui valutazione prognostica rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non presenta profili di manifesta irragionevolezza o di contraddittorietà logica, sia nell’accertamento delle esigenze cautelari e sia nella scelta della misura.
Occorre infine rilevare come il ricorso si caratterizzi per una sostanziale genericità delle censure mosse.
A fronte di un’ordinanza approfondita e dettagliata, nella quale ogni elemento probatorio viene analiticamente esaminato e posto in relazione con gli altri in una prospettiva di valutazione complessiva e coordinata, la difesa si limita a prospettare doglianze del tutto generiche, prive di quella specificità che sarebbe necessaria per consentire a questa Corte di esercitare il proprio sindacato.
Le censure non individuano puntualmente i passaggi motivazionali ritenuti illogici o contraddittori, risolvendosi piuttosto in una richiesta di rivalutazione complessiva del materiale probatorio secondo una chiave di lettura più favorevole al ricorrente, dovendosi pertanto dichiarare il ricorso inammissibile in tutte le sue articolazioni.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico del medesimo, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
Deve essere disposto, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod.proc.pen. .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così è deciso, 12/06/2025
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