Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33542 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33542 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Bari;
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 dal Tribunale di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che chiede di rigettare il ricorso;
udita l’AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Bari, in qualità di giudice de riesame, confermava la custodia cautelare applicata all’indagato in relazione alle seguenti ipotesi di reato: l’associazione di cui all’art. 74, commi 1, 2, 3, 4, d.P. 9 ottobre 1990, n. 309, per aver gestito, con il ruolo di capo ed organizzatore, i
traffici di sostanze stupefacenti e l’organizzazione dell’associazione stessa dal carcere (capo 1); un episodio di cessione di stupefacenti (art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 cit.) (capo 41); il delitto di cui all’art. 391-ter, commi 1 e 3, cod. p (capo 128).
AVV_NOTAIO ha presentato ricorso nell’interesse di NOME COGNOME, deducendo quattro motivi.
2.1. Violazione di legge per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale ha riportato ampi stralci dell’ordinanza di custodia cautelare senza realmente motivare riguardo alla posizione dell’indagato: discostandosi dall’insegnamento di Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889, non ne ha verificato l’apporto all’associazione (la cui sussistenza è incontestata) in termini di stabilità e durata, in presenza di meri occasionali contatti con due associati (in particolare, con NOME); ha presunto il ruolo di supervisore di COGNOME, nonostante fosse ristretto in carcere e tale ruolo fosse contraddetto dal tenore delle conversazioni captate; lo ha qualificato come finanziatore, nonostante, sempre a causa della sua condizione di detenuto, fosse oggettivamente impossibilitato a gestire denaro.
Né ha considerato che, essendo venuto meno un reato-fine, la realizzazione dell’unica condotta residua non avrebbe potuto essere ritenuta idonea a configurare l’ipotesi di partecipazione, in mancanza di prova di un contributo stabile e duraturo.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione.
L’ordinanza ha argomentato soltanto sulla base delle propalazioni dei collaboratori di giustizia, senza verificarne l’attendibilità intrinseca e la recipr convergenza.
Soprattutto, non avrebbero potuto essere prodotti meri stralci dei verbali riassuntivi delle dichiarazioni (non i verbali integrali e nemmeno i verbali riassuntivi per intero), né è pertinente la giurisprudenza richiamata nel provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 43445 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 257662), che fa riferimento agli stralci delle dichiarazioni (e non dei riassunti) dei collaboratori.
L’inutilizzabilità del materiale prodotto impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinché i Giudici di merito procedano alla c.d. prova di resistenza.
Comunque, era stato dedotto come le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non avessero portata indiziante. In particolare: COGNOME e NOME avevano reciso i contatti con il mondo criminale, rendendo dichiarazioni nel gennaio 2019, che necessariamente si riferivano dunque a condotte antecedenti a
tale data, come tali, fuori contestazione; COGNOME, comunque, dichiarava di non sapere nemmeno se COGNOME fosse un affiliato e non lo collocava in alcuna delle piazze di spaccio da verificare, né lo collegava a soggetti investigati nella presente inchiesta; il narrato di COGNOME è aspecifico (contornato di “mi pare”, “non so” ecc.); le dichiarazioni di NOME COGNOME sono inconferenti, in quanto non riferite a condotte di narcotraffico (parla di armi e non di stupefacenti); COGNOME NOME si era limitato a riferire che NOME era un ragazzo vicino a “NOME“, ma non aveva richiamato condotte concrete, fermo restando, comunque, che la connivenza non sarebbe punibile; anche le propalazioni di NOME sono estremamente generiche e quindi non utilizzabili.
Il Tribunale non ha risposto a tali censure.
2.3. Violazione di legge quanto all’assenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione alla detenzione di cui al capo 41) e vizio di motivazione.
Il Tribunale richiama le conversazioni dei giorni 3 e 6 aprile 2022, mettendole in relazione alla vicenda del 7 aprile 2022, quando si è verificato l’episodio di spaccio di cui al capo 41), senza motivare.
Anche in relazione a tale capo di imputazione sarebbero dovuti valere, dunque, gli argomenti usati dal Giudice per le indagini preliminari per escludere in capo al ricorrente la gravità indiziaria dell’ipotesi di cui al capo 49).
Essendo in carcere, COGNOME non poteva “detenere” lo stupefacente, né vi sono elementi attestanti che la divisione in dosi fosse avvenuta su sua disposizione.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari.
L’elevatissimo pericolo di inquinamento probatorio è meramente asserito e il pericolo di reiterazione del reato solo parzialmente valutato, essendone stata considerata la sola attualità e non anche la concretezza (sulla quale la motivazione manca anche graficamente).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sin dal capo di imputazione provvisorio si apprende che COGNOME, benché sottoposto a custodia cautelare, avrebbe impartito disposizioni ai sodali mediante comunicazioni telefoniche e telematiche attuate con i dispositivi che gli venivano recapitati in carcere: decidendo, in particolare, come i sodali dovessero organizzare il trasporto della droga, dove occultarla, come rimpiazzare i pusher che venivano arrestati e impartendo direttive sul sostentamento dei sodali in carcere, oltre che partecipando alla spartizione dei proventi.
Tale ipotesi ha motivatamente trovato accoglimento presso il Tribunale del riesame.
Vero è che essa risulta essenzialmente basata su conversazioni intercorse tra l’indagato ed il reggente pro tempore NOME (talvolta, però, anche con COGNOME, titolare di un bed & breakfast che costituiva una delle basi logistiche del sodalizio).
Ma la natura fvuoi pure “duale” / del rapporto tra COGNOME e COGNOME non esclude che il contenuto delle telefonate – tante ed “autoesplicative” – denoti che il prim continuava ad esercitare dal carcere, sebbene per interposta persona, un controllo penetrante sulle attività dell’intera organizzazione, quanto, ad esempio: alla scelta del corriere cui sostituire quello che era stato arrestato, ai rifornimenti di sostanz stupefacente, alle autorizzazioni a scalare importi dal pagamento delle successive forniture di stupefacenti così da recuperare i danni economici subiti a causa del sequestro di droga a carico di altro sodale, al consiglio – che ben potrebbe essere stato piuttosto una “autorizzazione” – a prendere una casa per la custodia dello stupefacente e così via.
Per un verso, dunque, la circostanza che COGNOME risulti coinvolto in un’unica ipotesi di cessione di sostanze stupefacenti nulla toglie alla configurabilità del reato associativo (la concreta realizzazione di reati-fine non essendo peraltro necessaria a tal fine).
Per altro verso, le suddette intercettazioni, che vedono l’indagato sempre nel ruolo protagonista di interlocutore, appaiono da sole più che idonee a supportare l’ipotesi di partecipazione, con ruolo apicale, dello stesso al reato associativo.
Perdono conseguentemente rilievo le deduzioni difensive sull’inutilizzabilità delle propalazioni dei collaboratori di giustizia (perché – si contesta – assunte non solo nella versione riassuntiva, ma anche per stralci), così come quelle sulla mancata risposta alle doglianze sulla vaghezza/inattendibilità dei collaborat di giustizia (propalazioni, ad ogni modo, ritenute intrinsecamente coerenti ed attendibili).
I primi due motivi di ricorso sono, per tali ragioni, inammissibili.
2. Anche il terzo motivo è inammissibile.
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale del riesame ha replicato in modo puntuale e logico alle deduzioni difensive prospettate con riferimento al capo di imputazione 41), concernente un episodio di art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 cit.
In particolare, ha evidenziato come l’indagato avesse telefonato a NOME, concordando con lui la strategia del trasporto della droga (due pacchettini per volta, da Conversano a Turi) per poi, un paio di giorni dopo, chiamarlo nuovamente.
Ha precisato come, in tale ultima occasione, dall’intercettazione ambientale di COGNOME, fosse emerso che COGNOME veniva da lui informato che, il giorno 6 aprile
2022, si era recato da COGNOME (detto “il Grosso”) per procedere al confezionamento della sostanza in dosi, ma che aveva dovuto rinunciare al progetto perché «si era fatto tardi», di talché i due avevano rinviato la realizzazione del progetto al giorno seguente.
Ha riferito che NOME ne riceveva in cambio un “invito” a provvedere ad approntare le dosi per lo spaccio il giorno successivo, e cioè appunto per il 7 aprile (lamentandosi peraltro con il suo compagno di viaggio della costante “attenzione” di COGNOME al tema della droga).
In modo tutt’altro che illogico, dunque, il Tribunale ha desunto dal riferito contenuto dell’intercettazione che COGNOME aveva un interesse reale alla custodia, al confezionamento e allo spaccio della sostanza, tale da integrare, senz’altro, in presenza di un evidente contributo eziologico, gli estremi di un concorso di persone. Né ovviamente rileva che tale conversazione, svoltasi in data 6 aprile, ed incidentalmente riferita, senza ombra di dubbio, alle condotte materiali realizzate il giorno successivo, si fosse svolta da remoto.
La motivazione del Tribunale del riesame è esente da vizi anche in punto di esigenze cautelari.
I Giudici di merito hanno fatto riferimento al pericolo elevatissimo di inquinamento probatorio – desumendolo dalla disinvoltura con cui COGNOME eluse i divieti di comunicazione connaturati alla misura intramuraria – e al pericolo di reiterazione del reato, argomentato a partire dalla constatazione che l’indagato esercitava attività di spaccio da epoca risalente nonché, dalle modalità del fatto, ritenute gravi non soltanto per la costanza dello spaccio, ma pure in considerazione dei collegamenti di COGNOME con circuiti criminali, anche organizzati, dediti all medesima attività (viene citato, in particolare, il “RAGIONE_SOCIALE“).
Né rileva, per inciso, che il Tribunale abbia richiamato la sola attualità del pericolo e non anche la sua concretezza, la relativa valutazione essendo agevolmente desumibile dalle note fattuali (e “logistiche”) della specifica vicenda.
D’altronde – e si giunge, per tal via, al profilo, pure contestat dell’adeguatezza -, rilevato che nemmeno lo stato detentivo ha interrotto i rapporti associativi o sortito effetto deterrente sulle comunicazioni con i sodali, correttamente il Tribunale da ciò inferisce l’insufficienza di qualunque altra misura meno gravosa.
Anche il quarto motivo va dichiarato, dunque, inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle
somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna:la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presid te