Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8220 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8220 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Marano Principato il 05/06/1972
avverso l’ordinanza dell’11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, decidend sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia carcere applicata a NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribun di Catanzaro, per il delitto di partecipazione ad associazione dedita al narcotraf con le aggravanti di cui agli art. 80 d. P.R. n. 309 del 1990 e art. 416-bis.1 pen. (capo 1) e diversi reati-fine in materia di stupefacenti.
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, articolando i seguenti motivi, enunciati nei limit strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il Tribunale del riesame ha fondato la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione del ricorrente all’associazione criminale in base: a) alle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, relative al solo NOME COGNOME e non ad NOME; b) a due episodi di detenzione di stupefacenti in concorso con NOME COGNOME, esclusi gli altri capi (57,59, 60,61, 392 e 395) in quanto per questi non risultava il canale di approvvigionamento; c) alle dichiarazioni di altro collaboratore di giustizia, NOME COGNOME, da ritenersi inutilizzabili in quanto verbali non erano stati interrotti nonostante avesse reso affermazioni gravemente auto-indizianti, tali da incidere anche su quelle etero accusatorie, e comunque non erano menzionate nell’ordinanza genetica.
Con riferimento all’intercettazione del 23 agosto 2019, avvenuta all’interno dell’auto, risulta soltanto che COGNOME, uno dei vertici dell’organizzazione criminale, avesse acquistato 0,4 grammi di stupefacente da NOME e anche le videoriprese e il sequestro della sostanza costituiscono elementi neutri ai fini della condotta partecipativa.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, sempre con riferimento all’appartenenza di Elia all’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto non risulta né che il ricorrente ricevesse una stabile fornitura di stupefacenti, proprio con riferimento a sei degli episodi contestati, nè che fosse consapevole del ruolo assunto e del programma associativo. A tal fine, infattri, non bastano generici ed occasionali rapporti di collaborazione con soggetti apicali del contesto criminale che, al più, provano singole condotte di spaccio. Peraltro, diversamente da quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, non risulta che il ricorrente fosse stato autorizzato da COGNOME ad effettuare il cosiddetto “sottobanco”.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art.416-bis.1 cod. pen. in quanto il provvedimento impugnato non ha esaminato la censura difensiva circa l’esclusione dell’aggravante.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in mancanza di richiesta nei termini di
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discussione orale, il Procuratore Generale ha depositato requisitoria con le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in quanto relativi alla gravità indiziaria in ordine alla partecipazione di NOME COGNOME all’associazione a delinquere dedita al narcotraffico, sono infondati.
2.1. Nei limiti della cognizione cautelare non risulta illogica l’argomentazione del Tribunale, aderente alle riscontrate risultanze investigative, che ha collocato le condotte contestate a NOME COGNOME nel più ampio contesto di un organigramma associativo, definito dall’imputazione “RAGIONE_SOCIALE“, con una subarticolazione facente capo al gruppo COGNOME, attraverso NOME COGNOME e alle dirette dipendenze di COGNOME, volto alla gestione di una parte del mercato di stupefacenti a Cosenza controllato dalla criminalità mafiosa locale.
2.2. Il provvedimento impugnato, con argomentazioni coerenti, ha accertato il ruolo di partecipe del ricorrente sulla base di elementi convergenti costituiti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dalle intercettazioni, dai servizi osservazione, dagli arresti e dai sequestri.
2.2.1. I numerosi collaboratori di giustizia (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME), interni alla compagine associativa e ritenuti attendibili da sentenze definitive e dal riscontro ricevuto alle loro dichiarazioni (pag. 11), hanno rivelato innanzitutto il funzionamento complessivo della struttura criminale e delle sue articolazioni precisando che nell’area cosentina tutti coloro che operano nel settore degli stupefacenti, inclusi gli spacciatori, devono essere riconosciuti ed autorizzati dalla Confederazione ndranghetistica territoriale che impone di approvvigionarsi presso specifici canali e di versare una parte del guadagno in una comune cassa, pena il ricorso a ritorsioni.
Con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’art.416-bis.1 cod. pen., contestata nella doppia declinazione del metodo e dell’agevolazione mafiosa, il provvedimento ha spiegato come, anche in forza del contenuto delle intercettazioni, il traffico di stupefacenti costituisca parte del programma criminoso per la cui realizzazione sono stati reclutati anche soggetti non rientranti nel
sodalizio ndranghetistico, ma consapevoli della caratura criminale degli altri membri (pag. 55).
Inoltre, con riguardo alla figura di NOME COGNOME ha riconosciuto come egli fosse lo spacciatore di riferimento di COGNOME, organo apicale del gruppo COGNOME, per questo intraneo all’associazione, e alle dirette dipendenze di COGNOME con il quale svolgeva attività di spaccio nella sola giochi e scommesse di Marano Marchesato di cui NOME era dipendente (così il collaboratore di giustizia, spacciatore in nome e per conto di COGNOME, nel verbale di collaborazione riportato testualmente alle pagine 55 e 56 denso di numerosi e puntuali dettagli sia rispetto all’approvvigionamento dello stupefacente da COGNOME, soprannominato “il sistema” poiché lo destinava a diverse piazze di spaccio, sia sulle modalità di custodia dello stupefacente da parte di NOME). Anche il collaboratore COGNOME ha confermato che COGNOME svolgesse il ruolo di spacciatore alle dipendenze di COGNOME per conto del clan COGNOME (pag.56), tanto da costituire riscontro alle dichiarazioni di COGNOME al di là della mancata menzione di NOME che, comunque, operava con lui nello spaccio.
2.2.2. Anche le intercettazioni, ad avviso del Tribunale, hanno costituito essenziale riscontro alla sussistenza della consapevole condotta partecipativa del ricorrente, per come ricostruita dal COGNOME, avendo attestato non solo i rapporti diretti tra NOME e il capo, COGNOME, ma anche le confidenze circa l’infrazione delle regole dell’associazione per l’acquistOD di droga sottobanco, a cui conseguivano sanzioni gravi, e che invece l’interlocutore, atteso il suo ruolo apicale, aveva autorizzato stabilendo precise modalità, così da dimostrare la conoscenza della struttura verticistica del sodalizio e i suoi precetti.
2.3. Dal contenuto e dallo sviluppo delle conversazioni indicate, di cui il provvedimento ha offerto una propria ragionevole lettura, collocandole nel quadro di insieme delineato dai numerosi collaboratori di giustizia, emergono i rapporti tra i diversi componenti dell’associazione, la continuità e la risalenza del vincolo, il ruolo di NOME quale abituale spacciatore di droga in un preciso territorio e contesto, stabilmente intraneo al gruppo di COGNOME.
Infatti, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME, riscontrate da quelle di COGNOME, le intercettazioni, i servizi di osservazione e i sequestri di stupefacente, ad avviso del provvedimento impugnato hanno comprovato il ruolo di NOME nella struttura associativa come spacciatore stabile ed affidabile del gruppo, come acclarato anche dal numero significativo di episodi di spaccio contestatigli in via provvisoria.
La censura proposta sull’inutilizzabilità delle dichiarazioni di COGNOME deve ritenersi aspecifica in quanto queste sono state rilasciate in un preciso contesto di
impegno di collaborazione con l’Autorità giudiziaria, in ordine sia alle proprie che alle altrui responsabilità.
Il provvedimento impugnato ha correttamente riportato le intercettazioni, riscontrate dai controlli di polizia per le identificazioni di persone e auto, dai servizi di osservazione e dalle telecamere installate dalla polizia giudiziaria, da perquisizioni e sequestri, dalla geolocalizzazione dell’auto di NOME (pagg. 56-61), dalle quali emerge la sua stabile attività di detenzione e spaccio, in nome e per conto del gruppo di appartenenza, svolta anche con altro partecipe all’associazione (Conforti). Infatti, risultano: la relazione continuativa di NOME sia con gli associati del suo gruppo (COGNOME e COGNOME) che con quelli di altri (COGNOME del gruppo COGNOME), l’abituale rifornimento della droga da una imposta e nota gestione monopolistica, la conoscenza della gerarchia da osservare rispetto alle regole del cd “sottobanco” e delle sanzioni in caso di violazione.
2.4. Alla luce di detti elementi di fatto, il Tribunale ha ritenuto correttamente configurata la intraneità di Elia nell’ambito dell’associazione, in forza della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui oltre alli evidente valenza sintomatica dei reati-fine (Sez. 3, n. 25816 del 27/05/2022, COGNOME, Rv. 283278; Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701), soprattutto quando così numerosi, la prova del vincolo permanente può fondarsi anche sull’accertamento di condotte tipiche quali i contatti continuativi con i vertici della compagine criminale e con i fornitori, la suddivisione dei compiti, l’uniforme modus operandi con forniture a credito, i sequestri della sostanza, la cassa comune, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 dell’11/06/2021, Rv. 282610), senza possibilità di parcellizzare le condotte di Elia su un piano di attività di spaccio e detenzione a titolo individuale
2.5. Si tratta di argomenti non contrastati dal ricorso che si è limitato ad una generica reinterpretazione del dato captativo, letto sempre in una logica frammentaria per escludere la consapevolezza di Elia dei canali di fornitura della droga che deteneva e spacciava e, soprattutto, del contesto ben più ampio in cui operava.
Il terzo motivo di ricorso relativo all’aggravante di cui all’art.416-bis.1 cod. pen. è generico e aspecifico.
Il Tribunale con argomenti logici e coerenti, con i quali il ricorso non si misura tanto da avere censurato l’omessa motivazione, a pag. 55 ha ritenuto sussistente la menzionata aggravante dando atto come, alla luce del ricco compendio probatorio esaminato, fosse emerso che il traffico di stupefacenti costituisse parte del programma criminoso dell’associazione mafiosa per la cui realizzazione erano stati reclutati anche soggetti non appartenenti alla ndrangheta, come NOME, i quali,
però, erano pienamente consapevoli della caratura criminale degli altri componenti, soprattutto di quelli con posizione apicale, e sapevano che la loro attività era orientata alla realizzazione del programma criminoso comune all’associazione mafiosa.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento, mandando alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 5 dicembre 2024
La Consigliera estensora
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