Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3432 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3432 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
suL ricorsa, pro postò da
NOMECOGNOME nato a Favara il 31/01/1975
COGNOME NOMECOGNOME nato a Basilea il 16/03/1978
NOMECOGNOME nata a Casablanca il 07/08/1995
NOME COGNOME nato ad Agrigento il 16/02/1973
avverso la sentenza del 05/03/2024 della Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi:
l’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME; l’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME COGNOME che hanno concluso riportandosi ai rispettivi ricorsi e chiedendo l’annullamento
della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo -in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento in data 23 dicembre 2021- dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ai reati di detenzione ai fini di cessione di sostanza stupefacente del tipo hashish ex art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n 309, contestati ai capi B, C, D, F ,G, H, I, K – limitatamente all’acquisito di hashish- ed NOME, riqualificato nella fattispecie di cui al comma 4 del cit. art. 73, perché estinti per prescrizione; assolveva NOME COGNOME dal reato di cui al capo L per non avere commesso il fatto; rideterminava per tutti gli imputati le pene inflitte in relazione alle contestazioni sub capi A e K , relative rispettivamente alla violazione degli artt. 74 e 73, comma 1, cit. d.P.R. n.309.
Hanno proposto distinti ricorsi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con atti sottoscritti dai rispettivi difensori di fiducia.
2.1. COGNOME ha dedotto:
– violazione di legge, in relazione agli arlt. 266,267 e 727 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere il Giudice di appello ritenuto utilizzabili gli esisti dell’attività di intercettazione ambientale e telefonica nonostante la mancata richiesta di rogatoria all’estero.
Si è osservato che: a) in relazione alla intercettazione ambientale a bordo dell’autovettura Audi, modello Al, tg. “EH518YH”, autorizzata con i decreti del 21 agosto e del 20 ottobre del 2014, l’auto in questione dal 3 settembre 2014 era nella esclusiva disponibilità di NOME COGNOME residente in Belgio, per averne acquistato la proprietà e dal 10 settembre 2014 si trovava su territorio belga; in relazione alle intercettazioni telefoniche autorizzate con i decreti del 14 aprile, 17 luglio e 18 settembre del 2014, si trattava di utenze belghe e in uso a persone che si trovavano su territorio belga.
Pertanto, secondo il ricorrente, andava, a pena di inutilizzabilità, attivata la procedura di assistenza giudiziaria, ai sensi degli artt. 727 e ss cod. proc. pen.; – violazione di legge, in relazione all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, e vizio di motivazione, per avere il Giudice di appello omesso di valutare le specifiche censure, sollevate con i motivi di gravame, quanto alla esistenza ed operatività del contestato sodalizio criminoso.
Ha evidenziato il ricorrente come, nel caso in esame, difettassero gli elementi strutturali della societas sceleris, essendosi al cospetto di condotte episodiche ed occasionali ( solo due acquisti a maggio e giugno del 2014 e poi a settembre del
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2014 non andati a buon fine, essendosi proceduto in entrambe le occasioni al sequestro), consumate in un arco di tempo brevissimo e soprattutto riferibili al solo COGNOME, il quale agiva uti singulus e non come parte di un gruppo, tanto è vero che, a seguito del sequestro dello stupefacente , era personalmente rimasto debitore nei confronti del fornitore palermitano NOME COGNOME. Era stato il COGNOME in persona a “saldare” il debito di droga, eseguendo lavori edili presso l’abitazione della compagna del predetto Giudice, tale NOME COGNOME;
-violazione di legge, in relazione all’art. 74, comma 1, cit. d.P.R., e vizio di motivazione in ordine al ruolo di promotore ed organizzatore del RAGIONE_SOCIALE, il quale si muoveva prevalentemente da solo e, solo in due occasioni, avvalendosi dell’aiuto di NOME COGNOME per la vendita al minuto dello stupefacente;
-violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine alla mancata derubricazione nella ipotesi prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309, per non avere la Corte distrettuale congruamente considerato che tutti gli episodi di cessione in contestazione (dichiarati estinti per prescrizione) avevano avuto ad oggetto quantitativi oggettivamente esigui di sostanza stupefacente , come si desume sia dalla stessa contestazione e sia della circostanza che lo stesso COGNOME rivendeva al minuto a “piccoli” assuntori;
-violazione di legge e vizio di motivazione, quanto alla mancata derubricazione dell’episodio contestato al capo K) nella ipotesi della lieve entità ex art. 73, comma 5, cit. d.P.R. n. 309, avendo a tal fine i Giudici di merito valorizzato il solo dato ponderale;
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, che appariva troppo rigoroso e non rispettoso degli indici previsti dall’art. 133 cod. pen.
2.2. NOME COGNOME ha dedotto:
violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello desunto la partecipazione al sodalizio criminoso, nonostante il COGNOME fosse “comparso” in poche conversazioni, le perquisizioni a suo carico avessero avuto tutte esito negativo, il presunto contributo fosse stato del tutto episodico e si fosse al cospetto di “droga parlata”.
Con specifico riferimento alla trasferta in Belgio ( episodio contestato al capo K), i Giudici di merito non avevano congruamente valutato l’immediato rientro in Sicilia del COGNOME , il quale, per tale ragione, non aveva fornito alcun contributo all’operazione di “esportazione” dal Belgio alla Sicilia della sostanza stupefacente.
2.3. NOME COGNOME ha dedotto:
-violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta esistenza ed operatività del sodalizio sub capo a) e quanto alla ritenuta partecipazione.
La Corte di appello non aveva adeguatamente motivato quanto alla consapevolezza in capo alla El Moussaid della causale dei rapporti intercorrenti tra NOME COGNOME e il di lei compagno, NOME COGNOME. Analogamente, anche in relazione all’episodio contestato al capo G) relativo al trasporto di 20 kg di stupefacente, i Giudici di merito avevano apoditticamente ritenuto che la ricorrente fosse a conoscenza delle illecite attività realizzate da COGNOME, COGNOME e COGNOME e della modifica apportata all’automobile per consentire il trasporto dello stupefacente.
Ha osservato il difensore come la ricorrente non fosse rimasta coinvolta in alcun reato fine, limitandosi a favorire gli incontri tra COGNOME e il compagno NOME COGNOME senza essere consapevole della natura degli affari e senza ulteriore coinvolgimento;
-vizio di motivazione, per omissione, e violazione di legge quanto alla mancata sussunzione della condotta ascritta alla El Moussaid nel reato di favoreggiamento: la ricorrente si era limitata ad eludere le operazioni investigative, nel momento in cui fissava gli appuntamenti nell’interesse del compagno Giudice con il Fallea e/o riceveva le somme di danaro per conto e nell’interesse del primo;
-violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata derubricazione nella ipotesi prevista dal comma 6 dell’art. 74 cit. d.P.R. n.309 : i Giudici non avevano considerato che il presunto sodalizio aveva una struttura rudimentale , guadagni limitati , ridotta circolazione di merce di scarsa qualità;
-violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte di appello fatto corretta applicazione delle norme sul concorso di persone ex art. 110 cod. pen. in considerazione della episodicità della condotta.
2.4. NOME COGNOME ha dedotto:
-violazione di legge, in relazione all’art. 74 cit. d.P.R. n. 309, e vizio di motivazione per avere la Corte di appello desunto la partecipazione al sodalizio in contestazione nonostante tre contatti episodici con il solo Fallea 11 10 e il 30 maggio e poi il 5 giugno 2014.
L’unico episodio di rilievo era quello del 16 giugno 2014, cui seguiva il sequestro di sostanza stupefacente e l’arresto, e in relazione al quale il Presti aveva patteggiato la pena, ad oggi anche interamente scontata;
-violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte distrettuale ritenuto estinti per prescrizione i reati sub capo b), c) ed f) della rubrica, essendosi al cospetto di “droga parlata” e mancando ulteriori riscontri a supporto del costrutto accusatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME -limitatamente alla contestazione del reato associativo e alla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche – è fondato e va accolto nei limiti e per le ragioni che si vanno ad esporre.
1.1. Rimangono, invece, assorbiti tutti gli ulteriori motivi di ricorso proposti dallo stesso COGNOME e dai ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre è inammissibile per manifesta infondatezza il secondo motivo di ricorso proposto nell’esclusivo interesse di NOME COGNOME.
Secondo il costrutto accusatorio- recepito dai giudici di merito – nel periodo compreso tra maggio ed ottobre del 2014 sul territorio agrigentino era operativa un’associazione criminosa, capeggiata da NOME COGNOME, che si riforniva periodicamente di sostanza stupefacente del tipo hashish e di cocaina nella città di Palermo e in Belgio, per poi collocarlo sulle locali piazze di spaccio, per il tramite di NOME COGNOME e di NOME COGNOME. L’attività di approvvigionamento a Palermo era possibile grazie allo stabile contributo di NOME COGNOME compagna del fornitore palermitano NOME COGNOME la quale organizzava e gestiva gli incontri tra quest’ultimo e il Fallea.
2.1. Il compendio probatorio era in modo prevalente rappresentato dagli esiti dell’attività di intercettazione telefonica e in ambientale, il cui contenuto era stato agevolmente decodificato grazie ai recuperi di sostanza stupefacente a carico di alcuni sodali.
E’ fondato il motivo di ricorso – sollevato in modo specifico dal ricorrente NOME COGNOME con cui è stato, in via principale, dedotto il vizio di motivazione per omissione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta esistenza del sodalizio criminoso sub capo a.
Ed invero, secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe “richiamato” la sentenza di primo grado, senza tuttavia affrontare e fornire adeguata risposta alle specifiche deduzioni difensive, in punto di esistenza ed operatività dell’associazione criminosa in contestazione.
Il devolutum investe la questione della configurabilità del vizio di motivazione per omissione nei casi di c.d. “doppia conforme”.
Questa Corte- al fine di meglio perimetrare il vizio di mancanza di motivazione, rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. – ha chiamato
in causa il rapporto sussistente tra la motivazione del Giudice di appello e le censure ritualmente proposte con l’atto di impugnazione: il vizio di mancanza di motivazione sussiste quando le argomentazioni addotte dal Giudice a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato sono prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività (ex multis, Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, Rv 272324; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, Rv 257967).
Assumono, dunque, rilevanza le ragioni addotte nel giudizio di appello e la risposta che il Giudice è tenuto a dare: la mancanza di motivazione si identifica con l’«assoluto ripudio da parte del Giudice del gravame dell’esame delle censure proposte» (così Sez.6, n 19681 del 05/04/2004 non mass.).
4.1. La concreta delimitazione di tale vizio può apparire problematica nei casi di motivazione per relationem e nei casi di integrazione tra le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado, possibile laddove le due decisioni di merito costituiscono un “prodotto unico” per avere utilizzato criteri omogenei di valutazione delle prove e seguito un apparato logico-argomentativo uniforme (cd. doppia conforme).
Ebbene, in una tale evenienza, questa Corte ha ritenuto che il Giudice della impugnazione possa motivare anche per relationem e trascurare di esaminare argomenti laddove superflui, non pertinenti, generici, manifestamente infondati o palesemente inconsistenti, fermo però il principio secondo cui queste forme di “completamento” della motivazione della sentenza di appello giammai possono trasformarsi in un illegittimo strumento attraverso cui eludere le questioni poste dall’appellante.
4.2. In breve, la sostanziale elusione di questioni specifiche, introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano in discussione le valutazioni in esso compiute, rappresenta la spia del vizio di motivazione per omissione. In tale prospettiva, questa Corte ha ritenuto come il rinvio per relationem non “renda immune” la sentenza dal vizio di carenza motivazionale, se il Giudice si è sottratto alla necessaria disamina critica dei motivi di gravame (ex multís, Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, Rv 259316).
Parimenti, anche nel caso di doppia conforme, l’assenza di una specifica valutazione sui motivi di appello e l’esclusivo riferimento a quanto esposto nella sentenza di primo grado per soppesare la fondatezza o meno delle argomentazioni difensive integra il vizio di mancanza di motivazione (ex multis, Sez.5. n. 52619 del 5/10/2016, Rv. 268859).
Nel caso in esame, la Corte di appello – con motivazione fin toppo concisa, a tratti sommaria e apodittica, nel ricorrere alla tecnica del richiamo ai passaggi
motivazionali dalla sentenza di primo grado pur a fronte di efficaci e specifiche deduzioni difensive – si è sottratta all’onere motivazionale non esponendo, in modo esaustivo e convincente, perché fosse configurabile il reato associativo in luogo del concorso di persone nel reato ex art. 110 cod. pen.
La sentenza di appello si è, infatti, tradotta in trascrizione “nemmeno completa” del tracciato argomentativo percorso nel precedente grado di giudizio, rimanendo tuttavia silente rispetto ad una parte consistente degli argomenti di fatto dedotti dalla difesa e non evidenziando le ragioni in base alle quali il modus agendi degli imputati si dovesse necessariamente inserire in un contesto “organizzato” e stabilmente operativo sul territorio .
5.1. GLYPH Per quanto – ai fini della configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico – non siano richiesti l’esistenza di strutture ed apparati articolati e complessi, forme particolari di investitura ed affiliazione, una rigida ripartizione di ruoli e compiti, notevoli disponibilità economiche, nondimeno per l’immanente principio di offensività è comunque necessaria una struttura minima, anche di tipo rudimentale, in grado di realizzare una serie indeterminata di episodi di spaccio.
Se, dunque, non è sufficiente il semplice accordo di commettere in futuro una serie indeterminata di reati fine, in virtù del principio cogitationis poenam nemo patítur, (ex multis, Sez. 2 n 19146 del 20/02/2019, COGNOME, RV 275583; Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017 Rv. 270396), è pur sempre necessaria la prova della stabilità del vincolo associativo e della indeterminatezza del programma criminoso: elementi che possono essere anche tratti dal susseguirsi ininterrotto delle condotte integranti i reati oggetto del programma ad opera di soggetti stabilmente collegati.
Oltre alla stabilità, occorre altresì che ognuno dei partecipi sia consapevole che la propria attività interagisca con altre di contenuto identico, di guisa che ciascuna delle condotte riceva vicendevole ausilio e supporto e che tutte insieme contribuiscano all’attuazione di un comune programma criminale : per quanto ai fini della partecipazione al sodalizio, non si richieda la conoscenza reciproca fra tutti gli associati (ex multis, Sez. 6 n. 11733 del 16/2/2012, Rv. 252232), è pur sempre necessaria la consapevolezza e la volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale.
5.2. Nel caso in esame, i Giudici di appello non si si sono “mossi” nel rispetto delle indicate coordinate ermeneutiche : la motivazione della sentenza impugnata è deficitaria in relazione alla individuazione degli indicatori fattuali da cui desumere che l’attività di spaccio si fosse “proiettata” oltre i rapporti sinallagmatici bilaterali tra Fallea e Presti, tra COGNOME e COGNOME e tra COGNOME e NOME COGNOME, per tradursi in un consapevole contributo al mantenimento e alla realizzazione di un più vasto
e duraturo programma volto a trarre profitto del commercio di droga e facente capo a un gruppo criminale organizzato, seppure in modo rudimentale, e stabilmente operativo sul territorio agrigentino.
Che il modus agendi del COGNOME e degli altri imputati si inserisse in un contesto criminale- strutturato e radicato sul territorio- è una conclusione che non si trae dal tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, vieppiù al cospetto di specifiche deduzioni difensive alle quali non è stata fornita esaustiva e congrua risposta. Come quando, ad esempio, il difensore prospettava la responsabilità uti singulus incompatibile come tale con “l’affectio societatis” di NOME COGNOME, il quale si era accollato l’obbligazione di pagamento, rimanendo obbligato in proprio ed in modo esclusivo nei confronti del fornitore palermitano a seguito della perdita della “sostanza stupefacente ” a causa dell’avvenuto sequestro; ed ancora, allorquando il difensore evidenziava la natura esclusivamente bilaterale degli “affari di droga” inter partes, segnatamente tra COGNOME ( il presunto promotore/organizzatore), NOME COGNOME e NOME COGNOME ( ritenuti i pushers del sodalizio) nonchè la collocazione degli episodi di spaccio in un periodo di tempo circoscritto, di guisa che la fattispecie concreta appariva maggiormente compatibile con un’attività di spaccio non programmata e non gestita in modo organizzato.
5.3. Nè è di ausilio alla ricostruzione fattuale e alla qualificazione giuridica della fattispecie in termini associativi, la pur acclarata responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine all’episodio, contestato al capo K.
Secondo l’accusa, che veniva recepita dai Giudici di merito, NOME COGNOME e NOME COGNOME si erano recati in Belgio per l’approvvigionamento dal solito fornitore (giudicato separatamente) di cocaina e hashish, da vendere sulle piazze di spaccio agrigentine per conto e nell’interesse del sodalizio.
Per i Giudici di appello la trasferta in Belgio rappresentava l’episodio clou, perché in grado di fotografare il modus operandi del sodalizio, capace di farne comprendere le dinamiche interne e di individuare i ruoli di ciascuno degli imputati, in primis quello di promotore/organizzatore del COGNOME (che secondo l’accusa era colui che interagiva con i fornitori occupandosi di rifornire periodicamente il gruppo).
Nondimeno- si legge in sentenza- detto specifico episodio criminoso veniva prevalentemente ricostruito sulla base degli esiti dell’attività di intercettazione, telefonica e in ambientale, la cui utilizzabilità è stata tuttavia contestata dal Fallea sin dal primo grado di giudizio.
5.4. Le eccezioni – che sono state reiterate con i primi due motivi di ricorso impongono approfondimenti ulteriori sebbene limitatamente alla sola attività di
intercettazione telefonica autorizzata con i decreti del 14 aprile, 17 luglio e 18 settembre del 2014 (cfr motivi di ricorso di NOME COGNOME).
A tal riguardo, il ricorrente ha rilevato come l’attività di captazione avesse avuto ad oggetto utenze estere (i.e. belghe) e fosse stata diretta nei confronti di soggetti, residenti e dimoranti in Belgio, di guisa che era necessario il ricorso alla rogatoria non espletata nel caso di specie.
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in caso di intercettazioni telefoniche di conversazioni “internazionali” si può procedere anche in assenza di rogatoria laddove sia stato fatto ricorso alla cd “procedura per istradamento”: procedura che presuppone «il convogliamento delle chiamate in partenza dall’estero in un nodo situato in Italia».
Tale procedura non comporta «la violazione delle norme sulle rogatorie internazionali, in quanto tutta l’attività d’intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene interamente compiuta nel territorio italiano». Diversamente è «necessario il ricorso all’assistenza giudiziaria all’estero per gli interventi da compiersi all’estero per l’intercettazione di conversazioni compiute all’estero e captate solo da un gestore straniero» ( ex multis, Sez. 3, n. 10788 del 29/01/2016, Rao, Rv. 266490).
4.5. Nel caso di specie, la Corte di appello -nello scrutinare la vexata quaestiorigettava l’eccezione di inutilizzabilità, rilevando( pag. 12 della sentenza) che le operazioni di intercettazione telefonica erano state «traslate sulle linee attivate presso la sala ascolto della Procura della Repubblica di Palermo», di tal chè era «evidente che l’ascolto era avvenuto su apparecchi collegati ad un gestore italiano e la cui captazione aveva avuto origine sul territorio italiano».
Con una tale risposta la Corte non chiariva, tuttavia, quale fosse stata la procedura attivata, ovvero se si fosse fatto ricorso alla procedura per ístradamento, ma soprattutto lasciava intendere che la traslazione su linee attivate presso la sala ascolto della Procura implicasse necessariamente che “la captazione avesse avuto inizio sul territorio italiano”. Il nesso di necessaria conseguenzialità è affermazione puramente assertiva.
4.6. E’ invece aderente ai principi di diritto enunciati in subiecta materia la soluzione fornita in ordine alla ulteriore questione della inutilizzabilità delle conversazioni captate a bordo dell’Audi in uso al Fallea: detta attività era stata autorizzata già il 9 maggio del 2014 quando l’autovettura si trovava in Italia ed era in uso esclusivo al Fallea, di guisa che i successivi spostamenti del veicolo e il suo transitare all’estero fino al territorio belga non incidevano sulla normativa applicabile e non imponevano il ricorso alla rogatoria (ex multis, Sez. 2, n 29362 del 22/07/2020, Rv. 279815).
4.7.La necessità di verificare, quindi, la utilizzabilità degli esiti dell’attività d intercettazione telefonica ( autorizzata con i decreti del 14 aprile, 17 luglio e 18 settembre del 2014 ) si riflette non solo sulla ricostruzione dell’episodio sub capo K , sulla individuazione dei ruoli e sul coinvolgimento degli imputati, ma anche sulla tenuta logica dell’apparato motivazionale – già invero “claudicante” per quanto argomentato – quanto alla affermata esistenza del sodalizio criminoso sub capo a), essendo l’episodio della trasferta in Belgio- secondo le stesse valutazioni operate dai Giudici di merito – un tassello fondamentale a supporto del costrutto accusatorio , segnatamente dell’ipotesi associativa e del ruolo di capo promotore dal Fallea.
Alla stregua delle sopra esposte valutazioni la sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio per nuovo giudizio di merito sia in relazione alla dedotta questione della utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche autorizzate con i decreti indicati dal difensore nei motivi di gravame- sia in relazione alla esistenza del reato sub capo a) e K) della rubrica, rimanendo in tale pronuncia assorbite tutte le ulteriori questioni relative alla partecipazione al sodalizio, alla qualificazione giuridica delle condotte e alla congruità della pena, rispettivamente sollevate dai ricorrenti negli ulteriori motivi di ricorso.
Non è, invece, assorbito il secondo motivo proposto nell’interesse di NOME COGNOME con cui è stata contestata la declaratoria di estinzione dei reati sub capi b, c ed f per prescrizione, mancando – secondo il ricorrente- la prova della responsabilità, essendosi al cospetto di “droga parlata”.
6.1. Il motivo è inammissibile, perché manifestamente infondato.
La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione della norma di cui all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. e della interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità. E’, infatti, costante l’affermazione secondo cui (Sez. U, n. 35490 del 28.5.2009; Sez. 5, n. 3689 del 07/10/2014, Rv. 262175), il Giudice, in presenza di una causa di estinzione del reato, può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo quando l’evidenza dell’innocenza sia lampante, così che la valutazione che deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu acuii”, che a quello di “apprezzamento”, ovverosia quando sia da escludere qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, incompatibili col concetto di mera constatazione: il proscioglimento nel merito, anche quando sopravvenga una causa di estinzione del reato per una diversa qualificazione del fatto in sede di appello, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, di guisa che il Giudice non è tenuto a
svolgere un esame compiuto e approfondito delle risultanze probatorie già assunte, ma deve dichiarare l’estinzione del reato.
6.2. Nel caso in esame, i Giudici di appello evidenziavano come che il materiale probatorio raccolto nel corso della istruttoria di primo grado non potesse condurre ad un’assoluzione nel merito. Nonostante l’assenza di sequestri, spiegavano congruamente i Giudici di merito come l’eloquenza dei colloqui telefonici oggetto di intercettazione – laddove era esplicito il riferimento al “fumo”, al “chilo” e al “grammo” nonchè alle somme di danaro da recuperare – non consentissero di rilevare l’evidenza dell’innocenza nell’accezione indicata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME ed NOME COGNOME nonché nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al capo a) e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di NOME COGNOME.
Così deciso il 17/12/2024