Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9437 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9437 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Sarno Salvatore, n. Napoli 18/10/1987
COGNOME NOME, n. Napoli 14/07/1980
COGNOME Pasquale, n. Napoli 15/02/1983
avverso la sentenza n. 53/24 della Corte di appello di Napoli del 08/01/2024
letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di Sarno Salvatore limitatamente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con declaratoria di irrevocabilità della sentenza di condanna in relazione ai reati contestati; per l’annullamento
con rinvio della sentenza nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME con restituzione degli atti alla Corte di Appello di Napoli per l’ulteriore corso; sentiti l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente COGNOME e per delega orale dell’avv. NOME COGNOME per Sarno e degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME per COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento di tutti i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha ribadito la condanna di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 per aver fatto parte di una associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti e in particolare alla gestione di una piazza di spaccio ubicata nel INDIRIZZO della città di Napoli, confermando o rideterminando le consistenti pene loro inflitte dal Tribunale in primo grado.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, attraverso il loro difensori, deducendo i motivi di censura di seguito riassuntivamente esposti.
2. Ricorso Sarno
Violazione e falsa applicazione degli artt. 62-bis, 133 cod. pen. e 27 Cost. per mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nonché del principio di ragionevolezza e gradualità della pena e motivazione apparente sul punto.
La Corte di appello ha omesso di valutare in chiave premiante la condotta intervenuta nel periodo successivo al reato contestato e in particolare la scelta dell’imputato di avviare un percorso di collaborazione con la giustizia in una con l’abbandono delle logiche criminose in favore di uno stile di vita rispettoso delle regole imposte dall’ordinamento giuridico.
3. Ricorso COGNOME
Il ricorrente affida l’impugnazione a due distinti atti sottoscritti dai su difensori.
Ricorso a firma dell’avv. COGNOME
3.1. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 178, lett. c), 179, 420-bis e 601 cod. proc. pen. atteso l’omesso avviso all’imputato del nuovo decreto di citazione a giudizio per l’udienza in grado di appello del 17/04/2023.
3.2. Nullità della sentenza per erronea applicazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 per mancanza di valutazione in ordine all’accertamento di una consapevole partecipazione alla consorteria criminale capeggiata dal Sarno, desunta per facta concludentia con motivazione illogica e contraddittoria rispetto dal compendio probatorio versato in atti, dovendosi, invece, ritenere configurata l’ipotesi del concorso (art. 110 cod. pen.) nelle singole ipotesi delittuose contestate.
3.3. Annullamento della sentenza per erronea applicazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 ed illogicità della motivazione nel punto in cui si è inteso ritenere presunta la mancanza del requisito della minima offensività sulla scorta del mero dato organizzativo.
3.4. Annullamento della sentenza in relazione all’art. 62-bis cod. pen. per illogicità e contraddittorietà della motivazione nel punto in cui si è intes addivenire alla riduzione della pena in misura pari ad un quarto e quindi non nella misura massima previsa dalla norma in esame
3.5. Annullamento della sentenza in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen. per mancata applicazione dell’istituto della continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli definiti con sentenza n. 4776/2006 emessa il 16/05/2007 dalla Corte di appello di Napoli, passata in giudicato il 21/01/2009 per illogicità della motivazione in ordine al punto in cui si sostiene che la richiesta non sia stata adeguatamente motivata, pur avendo la difesa evidenziato come le due vicende processuali riposino sullo stesso probatorio, ponendosi, così, nel solco di un medesimo disegno criminoso.
Ricorso a firma dell’avv. COGNOME
3.6. Nullità della sentenza per inosservanza delle norme processuali GLYPH e violazione dell’art. 179 cod. proc. pen. in ragione dell’omesso avviso all’imputato del nuovo decreto di citazione a giudizio per l’udienza in grado di appello del 17/04/2023.
3.2. Nullità della sentenza per erronea applicazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e per travisamento del fatto in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità per partecipazione all’associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti.
3.3. Annullamento della sentenza e vizi congiunti di motivazione in relazione al rigetto della richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione co precedente giudicato.
4. Ricorso Buonomo
Violazione di legge e vizi congiunti di motivazione in ordine alla ribadita
affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di natura associativa, nonostante il ritenuto ruolo di partecipe, incaricato della cessione delle sostanze droganti ai singoli acquirenti, sia stato ricavato sulla base di elementi probatori del tutto insufficienti ad affermarne la colpevolezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato e merita accoglimento, mentre vanno dichiarati inammissibili i ricorsi avanzati dagli altri imputati.
2. Ricorso Buonomo
Tanto il ricorrente quanto il Procuratore Generale nella requisitoria scritta ravvisano una violazione del principio devolutivo (art. 597, comma 1, cod. proc pen.) per mancato confronto con le tesi difensive.
L’esame dell’atto di gravame evidenzia, in effetti, come la difesa dello appellante avesse specificamente lamentato che il giudice di primo grado non aveva spiegato compiutamente l’effettivo contributo apportato alla realizzazione degli scopi illeciti dell’associazione criminale, dal momento che la responsabilità dell’imputato per il delitto associativo era stata ricavata dalla ritenuta continuità e sistematicità nell’attività di cessione delle sostanze al dettaglio, in tesi servizio del sodalizio criminoso ma in concreto in assenza di dimostrazione di qualsivoglia consapevolezza di essere associato per l’attuazione del programma comune.
La sentenza impugnata si palesa, invero, scarna nell’argomentare la ribadita partecipazione del ricorrente all’associazione de qua nel ruolo di venditore al dettaglio.
Secondo i giudici di appello, lo stabile e consapevole coinvolgimento di COGNOME nel sodalizio si evince “principalmente dalla telefonate intercorse con il COGNOME, con il quale egli comunicava abitualmente per la fornitura di sostanza stupefacente” (pag. 8 sent.); all’atto dell’arresto, inoltre, egli avrebbe esternato “la volontà di distaccarsi dall’organizzazione” a conferma della posizione che aveva in precedenza ricoperto.
Ciò premesso, la prima parte della motivazione si rivela, in verità, del tutto compatibile con l’instaurazione di un mero rapporto di fornitura tra il Bava e il ricorrente in vista della rivendita della droga al dettaglio, quand’anche nel contesto di una cd. piazza di spaccio (v. oltre); la seconda, invece, rinvia ad un episodio di difficile verifica, anche alla luce della sentenza di primo grado, la
quale tratta della posizione di COGNOME all’interno dell’associazione a pag. 16, mediante riproduzione per estratto del contenuto di alcune telefonate intercorse con COGNOME e a pag. 28, ove si legge che l’imputato aveva riferito al G.i.p. di essersi sentito minacciato dal clan COGNOME, che controllava tutto.
Tale ultima circostanza appare, infatti, anch’essa compatibile con la mera ancorché certa consapevolezza del ricorrente di aver potuto continuare a spacciare nel tempo grazie alla condiscendenza del clan Sarno, egemone nel comparto territoriale di riferimento, senza averne necessariamente fatto parte.
Alla predetta carenza di motivazione, che – come anzidetto – persiste anche all’esito di una lettura integrata delle sentenze di merito, dovrà porre rimedio altra sezione della Corte territoriale, cui gli atti vanno rinviati per nuovo giudizi sui punto.
3. Ricorso Sarno
L’impugnazione va dichiarata inammissibile.
Con un unico motivo di doglianza, il ricorrente lamenta la ulteriore mancata valorizzazione della scelta di avviare una collaborazione con la giustizia, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, pur avendo fruito dell’intera riduzione di pena dovuta all’applicazione dell’attenuante speciale della collaborazione attiva (art. 74, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990).
Il Collegio si limita ad osservare che al netto del carattere sintetico della argomentazione svolta dalla Corte di merito (v. pag. 10, “non sussistono né vengono rappresentati dalla difesa elementi di segno positivo ai fini del riconoscimento delle stesse”), la doglianza non evidenza alcun profilo di illegalità della sanzione, la cui determinazione resta, dunque, frutto di una scelta motivata e non arbitraria da parte del giudice di merito, come tale insindacabile sotto i profili dei vizi di legge o di motivazione.
4. Ricorso COGNOME.
Parimenti inammissibile va dichiarata l’impugnazione di detto ricorrente, per quanto articolata in due distinti atti d’impugnazione.
Ricorso a firma dell’avv. COGNOME
4.1. Con il primo motivo di doglianza viene dedotta una nullità assoluta della sentenza a causa del mancato avviso all’imputato del nuovo decreto di citazione a giudizio per l’udienza in grado di appello del 17/04/2023.
La natura della doglianza ha comportato l’esame del fascicolo processuale, necessario per l’esame degli esatti termini del lamentato error in procedendo (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092).
La fattispecie processuale si presenta nei termini che seguono.
Per un motivo nella specie irrilevante, la Corte di appello disponeva il rinvio dell’udienza del 22 settembre 2021 a quella del 17 aprile 2023 (primo verbale successivo all’udienza di rinvio, in cui è indicata la data dell’Il aprile 2022).
A prescindere da detta difformità, all’udienza del 17 aprile 2023 l’imputato risultava difeso dall’avv. COGNOME presente in aula, come da verbale.
I difensori di tutti gli imputati chiedevano un nuovo differimento dell’udienza al fine di “interloquire con il P.G.” sicché la Corte disponeva rinvio al 22 settembre 2023.
Il successivo verbale reca, in verità, la data del 27 settembre 2023 e nella occasione l’imputato era assistito dall’avv. NOME COGNOME per delega del difensore di fiducia avv. COGNOME.
Dando atto che per il coimputato COGNOME la difesa aveva depositato procura speciale onde addivenire a concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., la Corte rinviava ulteriormente la trattazione del processo all’udienza del 18 ottobre 2023, quando aveva in effetti inizio la discussione, ultimata poi all’udienza del 8 gennaio 2024.
Sembra, dunque, evidente che ciò che la difesa qualifica come omessa notifica all’imputato del decreto di citazione per l’udienza del 17 aprile 2023 altro non è consistito che (eventualmente) nell’omessa notifica del verbale di differimento dell’udienza, integrante al più una nullità di ordine generale a regime intermedio (artt. 179, 180 cod. proc. pen.), tuttavia non tempestivamente dedotta e quindi sanata ai sensi dell’art. 184, comma 1, cod. proc. pen.
4.2. Il secondo motivo di doglianza è, invece, intrinsecamente improponibile.
Il tema attiene all’indicazione degli elementi di prova dimostrativi della ribadita partecipazione del ricorrente al clan Sarno, della cui pregressa esistenza nessuno, peraltro, dubita, atteso anche l’avvio della collaborazione con la giustizia da parte del suo capo riconosciuto.
Il motivo è, tuttavia, improponibile poiché con esso il ricorrente, descritto nelle sentenze di merito come l’intermediario tra associazione (di quartiere) e fornitori di sostanze stupefacenti, mira ad una indebita rivalutazione proprio del compendio probatorio, ancorché limitato alla sua partecipazione al gruppo criminale.
L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione possiede, infatti, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argonnentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di
cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Esula, invece, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
4.3. Con il terzo motivo viene posto il tema della compatibilità tra applicazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 e situazione probatoria connotata dalla presenza di una cd. piazza di spaccio, traduzione socio-criminologica dell’aspetto organizzativo di cui alla doglianza.
Il Collegio rileva in primo luogo la presenza di una congrua motivazione sul punto a pag. 9 della pronuncia impugnata, che, sotto il profilo di stretto diritto, non appare in contrasto ed anzi si colloca nel solco della giurisprudenza di questa Corte di legittimità che, tra le modalità dell’azione di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, prende correttamente in considerazione anche le forme di organizzazione dell’attività di cessione e/o vendita al dettaglio.
Per piazza di spaccio s’intende, infatti, la presenza di una articolata organizzazione di vedette e controllo, posta a supporto e difesa della zona, nonché la previsione di una turnazione dei soggetti dediti al cessione al dettaglio, così da garantire lo smercio senza soluzione di continuità (Sez. 6, n. 37077 del 30/06/2021, Atafoh, Rv. 282111) ed è del tutto ragionevole ritenere che, non in via automatica, ma certamente molto di frequente tale forma di organizzazione appare incompatibile con un’associazione appositamente programmata per commettere fatti di lieve entità, come richiesto dalla norma in esame, se non altro per la disponibilità considerevole di quantità di sostanze necessaria ad alimentare il traffico in maniera continuativa.
4.4. Con il quarto motivo di doglianza il ricorrente si duole della misura della riduzione della pena conseguente al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ma la censura appare inammissibile poiché non deduce alcun profilo di arbitrarietà nella determinazione discrezionale della riduzione operata dal giudice di merito sul punto.
4.5. Parimenti inammissibile è, infine, il quinto motivo di censura, con cui il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell’istituto della continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli definiti con sentenza n. 4776/2006 emessa il 16/05/2007 dalla Corte di appello di Napoli, passata in giudicato il 21/01/2009, questione prevalentemente in fatto, implicante in primis l’esame
della sentenza resa nel distinto giudizio, che il giudice di legittimità molto semplicemente non è in grado di apprezzare.
Ricorso a firma dell’avv. COGNOME
5.1. Nullità della sentenza per inosservanza delle norme processuali GLYPH e violazione dell’art. 179 cod. proc. pen. in ragione dell’omesso avviso all’imputato del nuovo decreto di citazione a giudizio per l’udienza in grado di appello del 17/04/2023.
La doglianza costituisce la replica del primo motivo di ricorso dell’altro difensore e va dichiarato inammissibile per le stesse ragioni indicate al par. 4.1.
5.2. Con il secondo motivo, comunque declinato in forma generica ed essenzialmente in fatto, si ripropone il tema della partecipazione del ricorrente all’associazione dedita al narcotraffico sorta ed operativa sotto l’egida del clan Sarno, per cui è sufficiente rinviare alle corrispondenti argomentazioni svolte al capo 4.2
3.3. Con il terzo motivo si chiede l’annullamento della sentenza in dipendenza dal rigetto della richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione con i reati oggetto di precedente giudicato.
La doglianza costituisce la duplicazione di quella formulata al punto 4.5. del distinto atto di impugnazione e ne segue la medesima sorte, dovendo essere dichiarata inammissibile.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Pasquale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Sarno NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 21 gennaio 2025
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