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Associazione a delinquere: l’acquisto non basta

Un individuo, accusato di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ha impugnato un’ordinanza di riesame che gli applicava gli arresti domiciliari. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento, stabilendo che l’acquisto di droga, anche se ripetuto, non è di per sé sufficiente a dimostrare la partecipazione al sodalizio criminale. È necessario provare elementi concreti che attestino un’adesione stabile e consapevole al programma del gruppo, superando il semplice rapporto di compravendita.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: quando il semplice acquisto non prova la partecipazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nella valutazione della partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha chiarito che il semplice acquisto di sostanze, anche se avvenuto in più occasioni, non è sufficiente a dimostrare l’inserimento stabile di un soggetto all’interno del sodalizio criminale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva sostituito la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari per un uomo indagato per partecipazione a un’associazione per delinquere e per acquisto di stupefacenti. Le accuse si basavano principalmente sulla sua presenza, documentata da video sorveglianza in un arco temporale di circa sei mesi, presso l’abitazione di un altro indagato, considerato uno dei promotori del gruppo. La difesa sosteneva che tali presenze fossero limitate all’acquisto di droga per uso personale e contestava l’identificazione del proprio assistito in una conversazione intercettata, ritenendola erronea.

La Decisione della Corte di Cassazione

Accogliendo il ricorso della difesa, la Suprema Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse compiuto un “salto logico”, deducendo l’appartenenza dell’indagato all’associazione criminale sulla base di elementi indiziari insufficienti, riconducibili a un mero rapporto di compravendita di sostanze stupefacenti.

Le Motivazioni: la distinzione cruciale nell’associazione a delinquere

La Corte ha svolto un’approfondita analisi giuridica per distinguere il rapporto continuativo di fornitura di droga dalla vera e propria partecipazione a un’organizzazione criminale. Per configurare il reato associativo, non basta la mera reiterazione degli acquisti. È indispensabile dimostrare il “salto di qualità” del rapporto, ovvero la trasformazione da una semplice relazione di reciproco affidamento (cliente-fornitore) a un vincolo stabile e organico.

Secondo la Cassazione, per provare l’esistenza dell'”affectio societatis” – la volontà di far parte del gruppo – sono necessari elementi fattuali concreti, quali:

* La durata dell’accordo criminoso e le modalità di approvvigionamento.
* Il contenuto economico delle transazioni.
* La rilevanza oggettiva che il soggetto riveste per l’operatività del sodalizio, tale per cui una sua assenza avrebbe un effetto destabilizzante per il gruppo.

Nel caso specifico, il Tribunale non ha fornito alcuna prova che andasse oltre il mero acquisto, peraltro circoscritto a poche occasioni in un limitato periodo. Mancava qualsiasi elemento che dimostrasse l’inserimento funzionale dell’indagato nella struttura organizzativa. La motivazione è stata ritenuta carente anche riguardo all’accusa di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/1990), poiché non era stato evidenziato alcun indice che destinasse la sostanza acquistata alla vendita a terzi piuttosto che al consumo personale.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: non si può presumere l’appartenenza a un’associazione a delinquere solo perché si è acquirenti di droga, anche se abituali. L’accusa deve provare, con elementi concreti e specifici, che l’acquirente sia diventato parte integrante della struttura criminale, condividendone il programma e agendo in modo funzionale al raggiungimento degli scopi comuni. Questa decisione impone ai giudici di merito una valutazione più rigorosa degli indizi, evitando automatismi che possano portare a ingiuste applicazioni di misure cautelari gravi basate su semplici rapporti di clientela nel mercato degli stupefacenti.

L’acquisto ripetuto di sostanze stupefacenti è sufficiente per essere considerati parte di un’associazione a delinquere?
No, secondo la sentenza, la mera reiterazione della fornitura non è sufficiente. È necessario dimostrare che il rapporto superi la semplice compravendita e si trasformi in una vera e propria adesione al programma criminoso dell’associazione, con un’integrazione stabile del soggetto nel gruppo.

Cosa deve provare l’accusa per dimostrare la partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di droga?
L’accusa deve provare la presenza di elementi fattuali specifici che indichino la trasformazione del rapporto da semplice fornitura a vincolo stabile. Questi includono la durata dell’accordo, le modalità di approvvigionamento, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza oggettiva che l’acquirente riveste per l’operatività del sodalizio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale ha compiuto un “salto logico”, inferendo l’appartenenza del ricorrente all’associazione dal mero acquisto di droga, circoscritto a poche occasioni, senza evidenziare gli elementi fattuali che dimostrassero la sua stabile integrazione nel gruppo criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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