Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35607 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35607 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: MELE NOME
Data Udienza: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2025 del TRIBUNALE DEL RIRSAME DI PALERMO Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria in data 23 luglio 2025, a firma dell’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 6 marzo 2025 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendolo gravemente indiziato del reato di partecipazione all’associazione dedita al traffico di stupefacenti per conto del RAGIONE_SOCIALE e
con metodo RAGIONE_SOCIALE (capo 4 dell’incolpazione provvisoria), nonché del reato di detenzione, a fini di spaccio, di 40 grammi di sostanza stupefacente, aggravata ai sensi dell’art. 416 -bis.1 cod. pen. (capo 55).
Il giudice del riesame ha ripercorso l’amplissima attività di indagine che aveva portato all’emersione della esistenza di una associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, autonoma e distinta rispetto all’associazione mafiosa del mandamento di Porta Nuova, e tuttavia operante nel medesimo territorio, diretta dai capi di detto RAGIONE_SOCIALE secondo rigide regole gerarchiche, e i cui proventi confluivano nelle casse del mandamento RAGIONE_SOCIALE. Nell’ambito di tale indagine, sono stati individuati specifici elementi attestanti il coinvolgimento del COGNOME nell’attività di spaccio di cocaina , nonché di riscossione, per conto della consorteria mafiosa, delle somme di denaro dalle piazze di spaccio.
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173 disp att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio di motivazione, avendo il Tribunale mancato di motivare in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato associativo. L’ affectio societatis , infatti, non potrebbe ritenersi comprovata dalle condotte ascritte al COGNOME e asseritamente emergenti dalle conversazioni intercettate, atteso che le stesse ben potrebbero essere state del tutto occasionali.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 -bis.1 cod. pen., la quale sarebbe fondata su valutazioni del tutto astratte in ordine alla sussistenza del fine di favorire il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed alla consapevolezza dell’ausilio prestato al medesimo. Difetterebbe altresì ogni motivazione in ordine all’utilizzo del metodo RAGIONE_SOCIALE, non risultando in quale occasione il ricorrente avrebbe evocato la forza intimidatrice dell’associaz ione.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione con riguardo al rigetto dell’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, fondato su valutazioni del tutto astratte e probabilistiche.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con memoria in data 23 luglio 2025, il difensore del ricorrente ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, ribadendo le argomentazioni a sostegno delle censure svolte con il ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve pertanto essere rigettato.
Occorre premettere che il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento (Sez. 3, n. 40873 deI21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212565). L’ordinamento, invero, non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame (Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, COGNOME, Rv. 206104). Ne deriva che il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
In particolare, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, un vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (v. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 -01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, NOME, Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 -01).
Ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge
od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Alla luce di tali principi, il primo motivo di ricorso, che lamenta il difetto di motivazione sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato associativo, è infondato.
Il Tribunale, dopo aver descritto gli esiti dell’attività di indagine, ha ritenuto che gli stessi evidenziassero la consapevole partecipazione da parte dell’indagato all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, deponendo in tal senso: i contatti qualificati intrattenuti dal COGNOME con soggetti che ricoprivano ruoli apicali all’interno del RAGIONE_SOCIALE criminoso; la detenzione e commercializzazione di ingenti quantitativi di droga, come comprovato in occasione del suo arresto in data 13 settembre 2023; lo svolgimento dell’attività di riscossione dei crediti dell’associazione nei confronti del pusher , nonché l’interessamento in ordine al posizionamento degli spacciatori, attestato dalle conversazioni intercettate (conversazioni del 6 e dell’8 settembre 2023). In modo non irragionevole, quindi, il Tribunale del riesame ha desunto da tali elementi la piena consapevolezza dell’indagato dell’appartenenza all’associazione, tanto più che , secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimit à, l’esplicita manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del RAGIONE_SOCIALE, potendo la consapevolezza dell’associato essere provata -come nel caso di specie -attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (Sez. 2, n. 28868 del 02/07/2020, De, Rv. 279589 -01; Sez. 3, n. 20921 del 14/03/2013, Conte, Rv. 255776 – 01).
Il secondo motivo, con cui si contesta vizio di motivazione in relazione all’aggravante 416 -bis.1 cod. pen., è inammissibile per carenza d’interesse. Invero, dall’esistenza o meno di tale circostanza non discende la legittimità della disposta misura, applicata per il delitto di partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Sussiste, infatti, l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante a effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull’ an o sul quomodo della misura, di modo che è inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui sia contestata la sussistenza dell’aggravante mafiosa, quando dal venir meno della stessa non conseguirebbero per il ricorrente effetti immediati e concreti in ordine ai pericula libertatis o alla durata dei termini di custodia cautelare
(Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275028; Sez. 6, n. 7203 del 08/02/2013, Rv. 254507).
Il terzo motivo, sulla mancata sostituzione del carcere con gli arresti domiciliari, è infondato.
Posto che il Tribunale ha ravvisato gravi indizi del reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, opera nella specie la presunzione relativa di adeguatezza della custodia in carcere stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la quale può essere superata dalla sussistenza di elementi che consentano di ritenere che le esigenze cautelari possono essere salvaguardate anche con misure meno afflittive.
Nella specie, l’ordinanza impugnata ha dato pienamente conto delle ragioni per cui non ricorrevano le condizioni per operare tale sostituzione, operando una valutazione che -a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente -è fondata su elementi concreti ed individualizzanti, costituiti dal variegato contributo dato dal COGNOME all’associazione in termini di stabilità, nonché dai precedenti in materia di stupefacenti da cui il medesimo risulta gravato e desumendo da questi il concreto e attuale pericolo di recidiva, nonché l’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari a contrastarlo. Trattasi di motivazione logica e puntuale con la quale le censure del ricorrente non si confrontano, limitandosi a svolgere notazioni del tutto generiche.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Giacché dal presente provvedimento non discende la rimessione in libertà del detenuto, si dispone che la Cancelleria effettui gli adempimenti di cui all’, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, il 05/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME