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Associazione a delinquere: la prova del partecipe

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare per un individuo accusato di far parte di un’associazione a delinquere dedita al narcotraffico. La sentenza chiarisce che la partecipazione può essere provata anche attraverso la presenza costante a incontri strategici e il ruolo di co-finanziatore, senza la necessità di un coinvolgimento diretto in ogni singola operazione illecita.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: quando la presenza agli incontri è prova di partecipazione?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, n. 2850 del 2025, offre importanti chiarimenti sui criteri per valutare la partecipazione di un soggetto a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la presenza costante a incontri operativi e il ruolo di finanziatore, anche senza un intervento diretto in ogni azione, costituiscono gravi indizi di colpevolezza sufficienti a giustificare una misura cautelare in carcere.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura custodiale in carcere con l’accusa di far parte di un’organizzazione criminale dedita alla coltivazione e al traffico di cannabis. L’attività illecita si svolgeva presso un’azienda agricola e vedeva il coinvolgimento di più persone con ruoli differenziati, dalla pianificazione alla vendita del prodotto su base interprovinciale. L’indagato, secondo l’accusa, avrebbe agito come co-finanziatore dell’impresa criminale e avrebbe accompagnato in più occasioni il presunto capo del gruppo durante trasferte e incontri con altri membri dell’organizzazione.

I Motivi del Ricorso dell’Indagato

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione contestando l’ordinanza del Tribunale del Riesame sulla base di cinque motivi principali:
1. Insussistenza del sodalizio: Mancanza di gravi indizi sull’esistenza stessa dell’associazione criminale.
2. Estraneità alla partecipazione: L’indagato si sarebbe limitato ad essere un “muto accompagnatore” del presunto capo, senza mai proferire parola durante gli incontri intercettati e senza mai recarsi presso la piantagione.
3. Genericità delle accuse: Assenza di prove sulla sua partecipazione a specifici episodi di traffico.
4. Insussistenza dell’aggravante armata: Mancanza di indizi sul carattere armato dell’associazione.
5. Carenza delle esigenze cautelari: Assenza di motivazione e dei presupposti di legge per il mantenimento della misura in carcere.

La Prova nell’Associazione a Delinquere secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una chiara interpretazione degli elementi probatori nel contesto di una associazione a delinquere. I giudici hanno sottolineato che la valutazione degli indizi non deve essere frammentaria, come proposto dalla difesa, ma complessiva. La difesa cercava di sminuire ogni singolo elemento (la presenza agli incontri, la testimonianza di un co-indagato), ma la Corte ha ribadito che è l’insieme di questi elementi a delineare un quadro indiziario grave e coerente.

In particolare, la costante presenza dell’indagato a incontri strategici con altri membri, documentata in almeno quattro occasioni, non può essere liquidata come una semplice coincidenza. Tali incontri, secondo la Corte, trovano la loro unica giustificazione logica all’interno della pianificazione dell’attività criminale. Inoltre, l’affermazione di un altro indagato, che in una conversazione intercettata lo indicava come uno dei “finanziatori”, assume un peso rilevante nel rafforzare il quadro accusatorio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso. In primo luogo, ha confermato che un’organizzazione con ruoli definiti (ideazione, finanziamento, coltivazione, vendita) e operatività interprovinciale integra pienamente il modello di associazione a delinquere previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/1990.

Sul punto cruciale della partecipazione, la Corte ha spiegato che il ruolo di co-finanziatore e la presenza sistematica agli incontri operativi sono elementi che, letti congiuntamente al suo status di soggetto con precedenti penali, costituiscono gravi indizi di un inserimento stabile e consapevole nel sodalizio. La circostanza che non sia stata registrata la sua voce o che non si sia recato fisicamente alla piantagione non è sufficiente a escludere la sua partecipazione.

Per quanto riguarda l’aggravante del carattere armato, la Corte ha giudicato il motivo irrilevante, poiché la sua eventuale esclusione non avrebbe modificato né la durata della misura cautelare né la valutazione delle esigenze cautelari. Infine, è stata confermata la sussistenza delle esigenze cautelari, basata sulla presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p. per i reati associativi, che la difesa non è riuscita a superare con elementi concreti.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati associativi: la prova della partecipazione non richiede necessariamente il compimento materiale di ogni reato-fine, ma la dimostrazione di un inserimento stabile nella struttura organizzativa. Elementi come il finanziamento e la presenza a riunioni strategiche possono essere sufficienti a configurare un quadro di gravità indiziaria. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione globale e logica degli elementi investigativi, respingendo tentativi di parcellizzazione che mirano a sminuire la portata complessiva del quadro probatorio.

Quando la semplice presenza a incontri può costituire un grave indizio di partecipazione a un’associazione a delinquere?
Quando tale presenza è sistematica, avviene in contesti operativi e strategici del gruppo criminale e non trova altra spiegazione logica se non nell’ambito della pianificazione delle attività illecite, soprattutto se corroborata da altri elementi come il ruolo di finanziatore.

È necessario che un membro di un’associazione a delinquere partecipi materialmente ai reati-fine?
No, la sentenza chiarisce che la partecipazione a un sodalizio criminale non richiede il coinvolgimento diretto in ogni singola azione delittuosa. È sufficiente dimostrare l’inserimento stabile e consapevole nella struttura organizzativa, ad esempio attraverso ruoli di supporto, finanziamento o pianificazione.

Quali sono i presupposti per la custodia cautelare in carcere in caso di accusa per associazione a delinquere?
Per i reati di associazione a delinquere, la legge (art. 275, comma 3, c.p.p.) prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari. Ciò significa che, una volta accertati i gravi indizi di colpevolezza, la misura cautelare è giustificata a meno che la difesa non fornisca elementi concreti e specifici in grado di vincere tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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