Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2850 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2850 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME n. Catania 28/11/1993 avverso l’ordinanza n. 234/24 del Tribunale di Caltanissetta del 06/06/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha insistito per
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l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 03/05/2024, con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale ha disposto l’applicazione nei suoi confronti della misura custodiale in carcere con le imputazioni provvisorie di avere fatto parte di una associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti e in tale contesto alla coltivazione illegale di cannabis indica nella azienda agricola RAGIONE_SOCIALE dei coniugi NOMECOGNOME (art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, capo 1) nonché di avere concorso in più episodi del traffico delle sostanze stesse (artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 73, comma 4 e 80, comma 1, lett. b, d.P.R. n. 309 del 1990, capo 2).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, attraverso il suo difensore, che con un primo motivo di censura, deduce la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. nonché vizi cumulativi di motivazione, contestando la sussistenza di gravi indizi dell’esistenza stessa di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, quale ipotizzata dalla pubblica accusa.
Con un secondo motivo, deduce gli stessi vizi con riferimento alla sua partecipazione al presunto sodalizio, sostenendo che, pur essendone stata registrata la presenza fisica in compagnia di altri indagati, egli non ha mai proferito parola, non figurando la sua voce in alcuna delle conversazioni intercettate e/o captate; aggiunge, inoltre, di non essersi mai recato presso la piantagione illegale dei coniugi NOMECOGNOME.
Con un terzo motivo, deduce gli stessi vizi con riferimento alla partecipazione ai reati – fine di traffico di stupefacenti, tra l’altro contestati in maniera generic al capo 2 dell’imputazione provvisoria.
Con un quarto motivo deduce l’assenza di gravi indizi di colpevolezza quanto alla contestata aggravante del carattere armato dell’associazione (art. 74, comma 4, d.P.R. cit.).
Con un quinto e ultimo motivo lamenta, infine, vizi di legge e di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari che, secondo il Tribunale, giustificano il mantenimento della misura custodiale in atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La prima doglianza che viene formulata riguarda la possibilità stessa di ravvisare un sodalizio criminale nei rapporti instauratisi tra le persone che, a vario titolo, si sono interessate all’attività di coltivazione illegale di cannabis materialmente condotta da NOME COGNOME nell’azienda agricola di famiglia RAGIONE_SOCIALE corrente in INDIRIZZO
Reputa sul punto il Collegio che, alla luce delle risultanze indiziarie esaminate dai giudici della cautela, non può in alcun modo definirsi contraria al modello astratto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 o, sul piano della motivazione, contraddittoria o manifestamente illogica la tesi accolta dall’ordinanza secondo cui è suscettibile di dare luogo ad una associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti quella costituita da più persone a vario titolo interessate all’operatività di una piantagione illegale di cannabis indica ed allo smercio del relativo prodotto su base interprovinciale, con l’inevitabile differenziazione e segmentazione dei ruoli (ideazione, messa in comunicazione della volontà dei partecipi, cura dei contatti, finanziamento, conduzione materiale della coltivazione, della produzione e della vendita del prodotto) che la complessa iniziativa comporta.
Il primo motivo di censura risulta, pertanto, palesemente destituito di fondamento.
Con riferimento, invece, al secondo motivo, riguardante la partecipazione a detta associazione del ricorrente, l’ordinanza dà conto come egli risulti pluripregiudicato per gravi reati, ancorché non specifici rispetto a quelli per cui si procede attualmente nei suoi confronti, venendo descritto come la persona che più volte ha accompagnato il riconosciuto capo o quanto meno il referente del gruppo dei finanziatori dell’impresa criminale, NOME COGNOME, nelle sue trasferte da Catania verso le province di Enna e Caltanissetta.
L’ordinanza ricorda, in particolare, che gli inquirenti ne hanno documentato con certezza almeno quattro presenze agli incontri con altri partecipi (22/08/2022, 05/10/2022, 15-19/10/2022, 03/12/2022), presenze del resto ammesse dalla stessa difesa, che, tuttavia, sottolinea come egli non si sia mai recato presso la piantagione illegale dei coniugi COGNOME.
Per quanto riguarda, inoltre, il ruolo di co-finanziatore dell’impresa criminale che gli viene attribuito, l’ordinanza ha valorizzato, in maniera non arbitraria né illogica allo stato attuale delle acquisizioni investigative, l’affermazione resa dall’altro indagato NOME COGNOME – a sua volta referente del gruppo di associati attestato a Barrafranca (En) e Caltanissetta – contenuta in una conversazione captata in modalità ambientale il giorno 02/10/2022 (RIT n. 527/2022, progr. 3947 “no… alla fine ci hanno messo i soldi loro … neanche tutto il materiale … tutte cose… la cosa loro è!”).
E’ esatta, invece, l’affermazione difensiva che non sono state registrate e/o captate conversazioni direttamente riferibili alla persona del ricorrente, da cui l’insistenza nel descriverlo un muto accompagnatore di Riolo nelle sue trasferte.
Non per questo, tuttavia, l’ordinanza può essere sul punto tacciata di illegittimità o la motivazione censurata per contraddittorietà o manifesta illogicità, atteso che la diversa lettura che la difesa del ricorrente propugna del complessivo quadro indiziario implica un inevitabile snaturamento della funzione tipica del giudizio di legittimità, anche in materia di misure cautelari personali.
In tema di misure cautelari personali, infatti, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (per tutte v. l’insuperata Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Come nel caso di altri indagati, del resto, le ragioni giustificative degli incontri cui il ricorrente ha partecipato con gli altri partecipi si sono rivelate solo all’esit delle scoperta della piantagione illegale e (in parte) dell’arsenale di armi detenute da NOME COGNOME nell’azienda agricola di famiglia.
E’ beninteso del tutto legittimo che, al cospetto delle suindicate dll investigative, la difesa cerchi di parcellizzare l’analisi e la valutazione di ciascun elemento al fine di sminuire la fondatezza o finanche evidenziare l’inconsistenza della tesi accusatoria, ma si tratta, per quanto anzidetto, di una prospettiva insuscettibile per sua stessa natura di intaccare la legittimità dell’ordinanza impugnata.
Anche il terzo motivo di ricorso risulta infondato.
Viene, infatti, contestata al ricorrente, al pari di molti altri co-indagati, partecipazione a più episodi di traffico di stupefacenti la cui materialità non viene descritta in maniera dettagliata al capo 2 della contestazione provvisoria, ma che per l’accusa rappresenta un’ovvia conseguenza del maturato intento dei partecipi di commerciare nella città di Catania le sostanze droganti prodotte nella piantagione dei coniugi NOMECOGNOME
Nonostante, dunque, un innegabile tasso di scarsa precisione dell’imputazione provvisoria, deve comunque ascriversi la valutazione operata dal Tribunale ad una inferenza del tutto logica delle risultanze investigative finora venute alla sua attenzione.
Il quarto motivo deve, invece, ritenersi privo di interesse, dal momento che l’eventuale elisione dell’aggravante contestata (art. 74, comma 4, d.P.R. cit.) non avrebbe effetto né sulla durata del termine di fase della misura coercitiva in atto né sulle modalità di valutazione delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, cod. proc. pen.).
Il quinto e ultimo motivo di ricorso deve, infine, ritenersi manifestamente infondato, sia per configurazione formale, connotata dalla critica diretta del merito della decisione cautelare adottata ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., sia per contenuto intrinseco, omettendo fra l’altro di addurre elementi concreti di valutazione atti a superare la presunzione semplice di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., dovuta alla contestazione provvisoria di natura associativa (art. 74 d.P.R. cit.).
Al rigetto dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 26 novembre 2024
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