Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19662 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19662 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TORINO il 23/12/1965 COGNOME NOME nato a null (REP. CECA) il 30/06/1966 COGNOME NOME nato a VERCELLI il 16/08/1961
avverso la sentenza del 18/09/2024 della Corte d’appello di Milano Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per il reato di cui al capo b) e per l’inammissibilità dei ricorsi nel resto.
Udito l’Avv. COGNOME NOME in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME che, dopo breve dibattimento, insiste sull’accoglimento del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOMECOGNOME che si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano dichiarava l’estinzione per prescrizione di alcune delle condotte contestate, confermava la responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per la partecipazione ad una associazione a delinquere funzionale a consumare una serie indeterminata di truffe e per i relativi reati fine.
L’associazione contestata era funzionale ad ingannare imprenditori in gravi difficoltà economiche prospettando loro che, p agando una somma per l’ iscrizione al Gruppo Europeo di interesse economico denominato ‘RAGIONE_SOCIALE vision RAGIONE_SOCIALE‘ , avrebbero ottenuto ingenti finanziamenti.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge: il reato contestato al capo b) sarebbe estinto per prescrizione in quanto non sarebbe applicabile alla ricorrente il termine di sospensione di centoventisette giorni riconosciuto in relazione al legittimo impedimento per motivi di salute riconosciuto alla coimputata COGNOME.
Si deduceva che -in ogni caso -la condotta non prescritta riferita alla truffa nei confronti di COGNOME non sarebbe pro cedibile per assenza di querela dell’offeso ;
2.2. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione: la motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per la partecipazione al reato associativo sarebbe illogica e carente.
Segnatamente (a) sarebbe stata illogicamente valorizzata la riproduzione di schemi identici nella consumazione dei reati fine, (b) non sarebbe stata dimostrata la sussistenza dell’elemento soggettivo, (c) non sarebbe stati considerati i comportamenti conflittu ali con i coimputati e la assenza di autonomia decisionale, (d) sarebbe stata illogicamente interpretata la comunicazione telematica del 3 giugno 2016 con COGNOME, che indicherebbe solo la volontà della ricorrente di finalizzare il finanziamento richiesto da COGNOME (d) non sarebbe stata valutata la sussistenza di un semplice concorso nel reato, non trasmodante nella partecipazione al consorzio criminale.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
3.1. violazione di legge: il reato descritto al capo b) consumato nei confronti di COGNOME non sarebbe procedibile per difetto di querela;
3.2. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per la partecipazione al reato associativo: la motivazione in
ordine alla conferma della responsabilità per la partecipazione al reato associativo sarebbe illogica e carente. Segnatamente: (a) non sarebbe sufficiente valorizzare che i reati fine erano stati consumati con identiche modalità, (b) non sarebbe stato considerato che la ricorrente si sarebbe limitata a compiere operazioni di assistenza tecnica e consulenza senza avere alcuna consapevolezza del progetto criminoso, (c) l’apporto causale della COGNOME alla organizzazione criminale non avrebbe potuto essere desunto dalla mera presenza della stessa nel locus commissi delicti, né tantomeno dalla attività professionale, lecitamente svolta all’interno del gruppo RAGIONE_SOCIALE, (d) non vi sarebbe prova della sussistenza di una struttura organizzativa.
In sintesi: si deduceva che la Corte d’appello avrebbe confuso il ruolo professionale della ricorrente con una partecipazione dolosa all ‘ associazione, senza fornire dimostrazione della volontà della COGNOME di aderire al programma criminoso, tanto più che dalle emergenze processuali sarebbe emersa una situazione di conflitto tra gli imputati incompatibile con l ‘ affectio societatis .
Con riferimento alla vicenda attinente alla famiglia COGNOME si deduceva che l’operazione sarebbe stata proposta e caldeggiata da COGNOME, mentre la vicenda ‘ COGNOME ‘ sarebbe stata avviata dalla Ondrackova.
In conclusione, si deduceva che sarebbe emersa l’i nterruzione del nesso di causalità dovuta alla ‘ intromissione ‘ nella catena causale delle condotte di coimputati e terzi e che non sarebbe stata dimostrata la proiezione della volontà della COGNOME verso la consumazione di una serie indeterminata di reati-fine, tenuto conto che alla stessa sarebbe stato affidato un numero esiguo e ben determinato di clienti;
3.3. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato associativo che sarebbe stato desunto dal solo apporto materiale. Si deduceva inoltre che (a) i reati fine contestati non avrebbero prodotto profitti riconducibili all’associazione, (b) ogni imputato sarebbe stato legittimamente retribuito per le proprie competenze, (c) la gestione operativa sarebbe stata esclusivamente nelle mani di COGNOME, mentre la COGNOME sarebbe stata coinvolta marginalmente, (d) le dichiarazioni delle persone offese smentirebbero il coinvolgimento della ricorrente nel progetto criminoso, dato che i testimoni non avrebbero indicato il suo intervento diretto nella realizzazione delle truffe;
3.4. Si deduceva, inoltre, che le condotte descritte ai capi b) e d) dovevano ritenersi prescritte.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
4.1. violazione di legge: il reato descritto al capo b) consumato nei confronti di COGNOME non sarebbe procedibile per difetto di querela;
4.2. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per la partecipazione al reato associativo. Segnatamente si deduceva che (a) la responsabilità non avrebbe potuto essere desunta dalla circostanza che COGNOME aveva ricoperto il ruolo di trustee con funzioni meramente tecniche ed amministrative senza svolgere attività di coordinamento o decisionale, (b) la sussistenza dell’associazione non avrebbe potuto essere dedotta dal fatto che i reati fine erano stati consumati con identiche modalità, (c) non sarebbero emerse prove in ordine alla sussistenza di una struttura organizzativa, (d) l’ipotetico programma criminoso sarebbe stato funzionale solo a soddisfare l’interesse personale del COGNOME, (e) la partecipazione di COGNOME all’associazione non avrebbe potuto essere dedotta dalla sua presenza agli incontri con le persone offese.
In sintesi, si deduceva che sarebbe stata omessa qualunque valutazione sia sull’effettivo apporto causale fornito all’imputato al consorzio criminale, che sulla sua consapevolezza di prendere parte all’associazione.
Si deduceva altresì che i singoli atti di costituzione dei trust sarebbero stati sottoscritti momenti diversi, che le singole procure speciali conferite dal ricorrente sarebbero state rilasciate in occasioni differenti e che al rilascio delle procure non sarebbe stati presenti i soggetti disponenti.
Si deduceva infine che il ricorrente non si sarebbe mai fatto promotore dei finanziamenti, non avrebbe mai chiesto la corresponsione di somme di denaro, né fornito alcun contributo al procacciamento dei clienti. Peraltro i tabulati telefonici avrebbero indicato che lo stesso non aveva promosso gli incontri con COGNOME e COGNOME e che le modalità con cui era venuto in contatto con COGNOME escluderebbero una partecipazione consapevole al consorzio.
In conclusione, si deduceva che il ricorrente avrebbe svolto una lecita attività professionale (la liceità delle operazioni gestite e la mancanza di consapevolezza di partecipare ad un consorzio associativo illecito sarebbero confermate anche dalla testimonianza di NOME COGNOME, direttore della filiale di Parma della Banca Popolare di Milano);
4.3. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, che sarebbe stato ritenuto sussistente con motivazione carente ed illogica, che non avrebbe tenuto conto dell’ immissione nella catena causale di coimputati e terzi.
Inoltre, non sarebbe stata valutata la possibilità di ascrivere la condotta nella fattispecie del concorso di persone del reato;
4.4. violazione di legge: si deduceva infine che le condotte descritte ai capi b) e d) sarebbero estinte per decorso del termine di prescrizione
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Tutti i ricorrenti hanno contestato la sussistenza della condizione di procedibilità in relazione alla truffa descritta al capo b) in danno di NOME COGNOME.
La doglianza è fondata: in atti non si rinviene, infatti, la querela di COGNOME, necessaria condizione di procedibilità per il reato di truffa.
Si dispone, pertanto, l ‘ annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME limitatamente al capo b) con riguardo alla truffa in danno di COGNOME NOME per essere il reato improcedibile per mancanza di querela ed elimina la relativa pena pari a mesi quattro di reclusione per ciascun imputato.
Si rileva, a margine, che le contestazioni in ordine alla prescrizione proposte da tutti i ricorrenti anche in relazione al capo b) si considerano assorbite.
Si riafferma infatti che il proscioglimento per difetto della condizione di procedibilità prevale su quello per estinzione del reato dovuto al decorso del termine di prescrizione (Sez. 5, n. 21874 del 20/03/2014, COGNOME, Rv. 262820 -01).
Tutti i ricorrenti contestano inoltre la motivazione della sentenza impugnata relativa alla dimostrazione della sussistenza dell ‘ associazione; le critiche sono rivolte principalmente nei confronti della valorizzazione della serialità delle condotte ed al difetto di valutazione della possibilità di inquadrare le stesse non come epifenomeni del reato associativo, ma come episodi di concorso di persone nel reato continuato.
Si tratta di rilievi che non superano la soglia di ammissibilità in quanto manifestamente infondati.
2.1.Con riguardo alla capacità dimostrativa in ordine alla sussistenza dell ‘ associazione della serialità ed omogeneità delle condotte il collegio riafferma che è consentito al giudice, pur nell’autonomia del delitto-mezzo rispetto ai delitti-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che, attraverso di essi, si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione (Sez. 2, n. 33580 del 06/07/2023, COGNOME, Rv. 285126 -02; Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218376 – 01)
Si tratta di un orientamento pienamente condivisibile tenuto conto che il consorzio esprime il suo progetto nella consumazione dei reati fine che se si presentano omogenei, ovvero consumati con modalità seriali e ripetitive indicano la sussistenza di un accordo preventivo e di una organizzazione funzionale alla realizzazione del programma.
2.2. Con specifico riferimento alla diagnosi differenziale tra il reato associativo ed il concorso di persone nel reato continuato il Collegio riafferma che il discrimen tra reato associativo e concorso di persone nel reato continuato risiede nel fatto che in quest’ultimo l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto diretto soltanto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un unico disegno che li prevede tutti (Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014, COGNOME, Rv. 260292 -01). Tuttavia ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere, legittimamente il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti i reati fine ad opera di soggetti stabilmente collegati (tra le altre: Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540 -01).
Dalla giurisprudenza della Cassazione emerge, dunque, che le condotte di partecipazione e promozione delle associazioni criminose possono essere provate attraverso i reati fine, sempre che le modalità con cui gli stessi vengono progettati e consumati, le relazioni tra i concorrenti, gli strumenti apprestati per la loro costituzione siano indicativi della sussistenza di una organizzazione stabile ed autonoma, dotata di una capacità progettuale che persiste anche ‘oltre’ la consumazione dei reati-scopo.
I reati scopo costituiscono, infatti, solo un epifenomeno del potenziale criminale del consorzio, ma non lo esauriscono, dato che il pericolo correlato alla associazione persiste ‘oltre e dopo’ la consumazione dei reati-fine: è tale pericolo che giustifica la punizione dei partecipi per una condotta che ‘si aggiunge’ alla attività criminosa concorsuale , che si rileva nella consumazione dei reati-scopo e che, dunque, deve profilarsi come autonoma.
La diagnosi differenziale tra concorso nel reato continuato e partecipazione alla associazione per delinquere implica un giudizio di merito che impone la analisi di tutti gli indicatori della possibile autonomia del consorzio, rispetto alla sussistenza di un accordo criminoso limitato alla consumazione di uno o più reati; indicatori che devono essere accuratamente valutati soprattutto quando, come nel caso in esame, la sussistenza della associazione viene dedotta dalla consumazione seriale dei reati cui la stessa sarebbe preordinata.
In conclusione, si riafferma che nel concorso di persone nel reato continuato l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell’associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la
consumazione dei medesimi (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, COGNOME, Rv. 284724 01).
2.3. Nel caso in esame la Corte territoriale, aderendo a tali indicazioni ha fornito un persuasiva ed accurata motivazione in ordine alla sussistenza della associazione confermando l ‘ analisi del tribunale che aveva legittimamente valorizzato il fatto che le truffe erano state consumate con identiche modalità sia nell ‘ approccio iniziale, che nello sviluppo del progetto criminale e nell ‘ apporto dei singoli autori, rilevando, tra l ‘ altro, che l ‘ esistenza di una struttura organizzativa emergeva dall ‘ uso di falsa documentazione, dall ‘ appoggio di studi professionali e dalla creazione di uno schermo societario in grado di trarre in inganno le persone offese (pag. 17 della sentenza impugnata).
Le censure proposte non incrinano la tenuta logica del percorso motivazionale tracciato per confermare la responsabilità in ordine al reato associativo, dato che, come anticipato, le stesse non individuano alcuna frattura logica, ma invocano una diversa valutazione della capacità dimostrativa delle prove che non è compresa nel perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
Tutti i ricorrenti hanno contestato, inoltre, la sussistenza di specifici elementi indicativi della loro individuale partecipazione al consorzio.
Si tratta di doglianze che non superano la soglia di ammissibilità in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutare la capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di ‘merito’ in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate -o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,O., Rv. 262965).
3.1. Con riferimento alla posizione della COGNOME, contrariamente a quanto dedotto la Corte di appello ha rilevato tutti gli elementi necessari per dimostrare la sua partecipazione all ‘ associazione contestata.
La Corte territoriale, con motivazione che non si presta ad alcuna censura ha ritenuto che le prove raccolte indicassero univocamente il ruolo di primo piano della ricorrente in tutte le vicende contestate, a partire dai contatti con gli imprenditori, dalle descrizioni delle operazioni fino all’attivazione dei canali operativi per l’apertura dei trust. Emergeva così che la COGNOME non era affatto riconducibile alla figura marginale e accessoria descritta dalla difesa.
Tale inquadramento del ruolo della ricorrente emergeva sia dall’analisi delle prove dichiarative che dal contenuto della email del 3 giugno 2016, che già con l’atto d’appello veniva invocata dalla difesa come prova della buona fede dell’imputata, ma che la Corte, di merito, con valutazione che non si presta ad alcuna censura, riteneva confermativa del meccanismo truffaldino riferito dalle persone offese (pagg. 19 e 20 della sentenza impugnata).
3.2. Non superano la soglia di ammissibilità neanche le censure proposte con riguardo alla posizione di NOME COGNOME.
La Corte di appello ha evidenziato, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, che la COGNOME era pienamente inserita nel meccanismo truffaldino e che la stessa agiva nella piena consapevolezza della sussistenza di un articolato e persistente progetto criminale. A conferma della sussistenza della pianificazione di un meccanismo truffaldino la Corte di appello ha rilevato che la creazione dei trust era priva di significato economico reale e che, nell ‘ ambito del progetto criminale il contributo della COGNOME serviva, unitamente a quello degli altri associati, a creare un ‘ apparenza di legalità idonea ad indurre gli imprenditori a fidarsi della proposta di finanziamento.
La Corte di appello ha anche rilevato che non erano stati aperti i conti correnti intestati ai trust e che la tesi della ricorrente, che si proponeva quale mera esecutrice di un progetto truffaldino gestito da altri era incompatibile con le emergenze processuali (pag. 21 della sentenza impugnata).
3.2. Anche le censure proposte nell ‘ interesse del COGNOME non superano la soglia di ammissibilità.
Con motivazione che non si presta ad alcuna censura la Corte d’appello rilevava come la linea difensiva proposta dal COGNOME che era diretta ad inquadrarlo come pedissequo esecutore di disposizioni promananti da altri non trovava alcuna conferma nelle emergenze processuali.
La Corte evidenziava tra l ‘ altro che era emersa una fitta corrispondenza con COGNOME cui era riconducibile la società beneficiaria dei 150.000 euro; tale circostanza non veniva ritenuta casuale, ma piuttosto come chiaramente indicativa della correlazione tra il COGNOME ed il COGNOME. La Corte di appello ha anche evidenziato che il COGNOME non aveva specifiche competenze, ma che che lo stesso, all ‘ interno della compagine associativa svolgeva un ruolo funzionale a rassicurare le persone offese sulla legalità della operazioni proposte. Con motivazione persuasiva è stato rilevato che le linee difensive dei ricorrenti, dirette ad accusare gli altri dei comportamenti fraudolenti ed a sostenere la legalità dei propri, era del tutto inverosimile in quanto prospettava l ‘ esistenza di una disordinata e scoordinata azione dei singoli volta a compiere truffe non solo in danno delle persone offese, ma anche delle altre persone coinvolte nel meccanismo. Si trattava di una prospettazione e illogica e non coerente con le emergenze processuali, e soprattutto con
la consumazione seriale delle truffe, tutte aventi identiche caratteristiche, che presupponevano la sussistenza di una organizzazione e di un progetto criminale ordito e condiviso da tutti i sodali (pag. 23 della sentenza impugnata).
Il Collegio puntualizza che la fondatezza delle doglianze in ordine alla assenza della querela in relazione alla truffa ai danni del COGNOME non consente di ritenere che in relazione agli altri reati sia decorso il termine di prescrizione.
Si ribadisce, infatti, che la sentenza di condanna che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, è idealmente scindibile, in ragione di ogni capo di imputazione, in altrettante autonome statuizioni di condanna, con la conseguenza che, sebbene i diversi capi siano contenuti in un unico documento-sentenza, ognuno di essi conserva la propria individualità ad ogni effetto giuridico (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268965 – 01).
Pertanto l ‘ inammissibilità delle doglianze proposte nei confronti dei reati diversi dalla truffa descritta al capo b) impedisce di ritenere che sia ‘ aperto ‘ il rapporto processuale in Cassazione, sicché non risulta decorso alcun termine di prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME limitatamente al capo b) con riguardo alla truffa in danno di COGNOME NOME per essere il reato improcedibile per mancanza di querela ed elimina la relativa pena pari a mesi quattro di reclusione per ciascun imputato. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso, il giorno 11 aprile 2025