Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19135 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19135 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato il 07/10/1968 a Catanzaro avverso l’ordinanza del 05/12/2024 del Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame, con l’ordinanza in epigrafe ha parzialmente annullato, limitatamente ai reati fine di cui ai capi 3541-51, il provvedimento coercitivo emesso il 14 ottobre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari, confermando viceversa la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME indagato (insieme ad altri) in ordine al delitto di partecipazione all’associazione di narcotraffico descritta nel capo 2), nel ruolo di “fornitore” del gruppo COGNOME facente capo a NOME COGNOME nonché in ordine ai reati fine di commercio di stupefacenti di cui ai capi 25-28-36-37-38.
Il Tribunale, disattesa l’eccezione di perdita di efficacia della misura per retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen. per difetto di prova circa la coincidenza o la connessione qualificata dei fatti contestati con la prima (cronologicamente) e con la seconda ordinanza, all’esito di una diffusa narrazione delle più generali vicende concernenti l’esistenza e l’operatività della struttura unitaria dell’associazione dedita al narcotraffico, esaminava la consistenza probatoria delle specifiche accuse riguardanti la figura e il ruolo di COGNOME nei rapporti con la cosca mafiosa dedita al narcotraffico facente capo a NOME COGNOME e alla sua famiglia e i reati fine di commercio di droga. La prova cautelare del ruolo dell’indagato di stabile e non occasionale fornitore della droga emergeva dagli esiti investigativi delle captazioni telefoniche e fra presenti, che confermavano la frequenza e la continuità delle transazioni sulla base di un rapporto fiduciario e continuativo con i COGNOME in adesione consapevole allo schema criminoso associativo.
In particolare, il ruolo attivo e centrale svolto da COGNOME all’interno del sodalizio emergeva con chiarezza dai contenuti delle plurime conversazioni intercettate fra NOME COGNOME e altri familiari o sodali, successive all’arresto di COGNOME, trovato in possesso di 215 grammi di cocaina. Da esse risulta, oltre il timore per le sorti dell’organizzazione criminale e per l’andamento degli affari, l’impegno personale del capo della cosca, NOME COGNOME, per il recupero, oltre che delle partite di cocaina non ancora immesse sul mercato, dei crediti per cessioni di droga destinati a pagare il gruppo dei Rosarnesi, a loro volta coltivatori di piantagioni di marijuana e fornitori di ingenti partite di cocaina COGNOME, quale intermediario della cosca COGNOME: e ciò sulla base della “libretta” rinvenuta presso l’abitazione di COGNOME – una sorta di libro mastro ove era annotata la contabilità per le cessioni di droga -. Anche i reati fine, aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen. costituivano indice dell’intraneità e del vincolo associativo dell’indagato, per il consapevole e stabile contributo alla
consorteria mafiosa dedita al traffico di stupefacenti, favorendone la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.
Circa le esigenze cautelari, il Tribunale richiamava la doppia presunzione relativa circa la sussistenza delle stesse e l’adeguatezza esclusiva della misura coercitiva applicata, che non era superata da altri e diversi elementi da cui dedurre l’idoneità di misure meno gravose a fronte del concreto e attuale pericolo di recidivanza.
Ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’indagato, chiedendo l’annullamento del citato provvedimento del Tribunale del riesame, di cui si denunzia la violazione di legge e il vizio di motivazione per i seguenti profili:
2.1. per l’assenza di razionali argomentazioni giustificative dell’apprezzamento di gravità degli elementi indiziari posti a fondamento del provvedimento coercitivo;
2.2. per l’omesso rilievo della perdita di efficacia della misura cautelare per retrodatazione, atteso che fin dal momento del rinvio a giudizio in data 18 dicembre 2023 nel proc. pen. “Svevia” n. 5474/18 i fatti oggetto del successivo proc. pen. n. 4914/21 “RAGIONE_SOCIALE“, commessi anteriormente alla prima ordinanza cautelare e legati da connessione qualificata, fossero già desumibili dagli atti di indagine in possesso della Procura della Repubblica catanzarese;
2.3. per la ritenuta sussistenza della gravità indiziaria rispetto al delitt associativo, quanto all’effettiva e concreta consapevolezza da parte di COGNOME di contribuire stabilmente e abitualmente con le contestate forniture di stupefacenti al gruppo Cracolici al perseguimento del programma e delle finalità criminali perseguite dalla cosca mafiosa, considerati sia il breve lasso temporale (luglio – ottobre 2019) del rapporto diretto con i Cracolici, sia l’episodicità delle cessioni, coerenti più correttamente con la fattispecie del concorso di persone nel reato;
2.4. per la ritenuta sussistenza della aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 cod. pen., quanto all’effettiva e concreta consapevolezza da parte di Cappellano di agevolare con la sua condotta la cosca ‘ndranghetistica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.
Circa l’eccezione relativa al preteso, omesso rilievo della perdita di efficacia della misura cautelare per retrodatazione, sull’assunto che fin dal
momento del rinvio a giudizio in data 18 dicembre 2023 nel proc. pen. “Svevia” n. 5474/18 i fatti oggetto del successivo proc. pen. n. 4914/21 “RAGIONE_SOCIALE“, commessi anteriormente alla prima ordinanza cautelare e asseritamente legati da connessione qualificata, fossero già desumibili dagli atti di indagine in possesso della Procura della Repubblica catanzarese, appare sufficiente rimarcare l’assoluta genericità della doglianza difensiva. Questa risulta invero meramente enunciata ma non sorretta da alcun elemento, documentale o meno, a supporto della tesi dell’identità o della connessione qualificata dei fatt contestati, né tantomeno della anteriore desumibilità dagli atti d’indagine della Procura catanzarese. Inoltre, la difesa del ricorrente neppure contesta l’ulteriore considerazione svolta dal Tribunale secondo cui si tratterebbe di fatti diversi da quelli oggetto del presente procedimento, attinenti ad altro sodalizio dedito al narcotraffico radicato a Lametia Terme e facente capo al gruppo Galiano.
Parimenti risultano manifestamente infondate le critiche dirette all’apprezzamento giudiziale del quadro indiziario relativo al delitto di partecipazione all’associazione mafiosa dedita al narcotraffico.
Il Tribunale del riesame, nell’operazione valutativa del descritto materiale probatorio, ha infatti argomentato in modo adeguato, lineare e immune da vizi logici circa il disvelamento del reale significato dello stesso, in ordine all’effett perimetro operativo del ruolo svolto da NOME COGNOME nella concreta dinamica delle illecite attività realizzate sulla base delle forniture e/o acquisti droga di volta in volta realizzati nell’intrecciarsi dei rapporti con la famig COGNOME e con il gruppo di Rosarno.
In linea di fatto, il ruolo addirittura cruciale di COGNOME all’interno d gruppo criminale emerge con chiarezza dai contenuti delle plurime conversazioni intercettate fra il capo della cosca, NOME COGNOME e altri sodali, subito dopo l’arresto in flagranza di COGNOME, trovato in possesso di 215 grammi di cocaina.
Dal tenore dei colloqui captati risulta inequivocamente, oltre il timore per le sorti dell’organizzazione criminale e per l’andamento degli affari, l’impegno diretto e personale del capo della cosca, NOME COGNOME per il recupero, oltre che delle partite di cocaina acquistate e nascoste da COGNOME e non ancora immesse sul mercato, dei crediti per le cessioni di droga: somme con le quali pagare il gruppo dei COGNOME, a loro volta coltivatori di piantagioni di marijuana e fornitori di ingenti partite di cocaina a COGNOME che si presentava quale intermediario della cosca COGNOME. Operazioni queste condotte dai COGNOME alla luce dei dati della contabilità tenuta da COGNOME nella “libretta” rinvenuta
presso la sua abitazione: una sorta di libro mastro ove era annotata la contabilità per le forniture e le cessioni di droga.
Anche la consumazione di plurimi delitti fine, aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., costituivano ulteriore indice dell’intraneità e del vincolo associativo dell’indagato, siccome dimostrativi del consapevole e stabile contributo alla consorteria mafiosa dedita al traffico di stupefacenti, favorendone la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.
In linea di fatto, la veste di “fornitore” attribuita a COGNOME per le operazioni di consegna, trasporto, detenzione e cessione di significative partite di droga, soprattutto cocaina, per le quali l’indagato intratteneva rapporti esclusivi e diretti con i Cracolici e, quale intermediario di quest’ultimi, con il sodali criminale dei Rosarnesi, risulta dunque dimostrativa di una condotta di partecipazione all’associazione, di effettiva intraneità al sodalizio criminale, anche con riguardo al profilo soggettivo.
In linea di diritto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato il principio secondo cui “integra la condotta di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti il costante e contin approvvigionamento di sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare uno stabile affidamento del gruppo sulla disponibilità all’acquisto, mediante la costituzione di un vincolo reciproco durevole -ancorché non esclusivo- che supera la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale delle singole operazioni e si trasforma nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso”, considerati altresì “il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza obiettiva del ruolo assunto nel sodalizio criminale per il rapporto sistematico con elementi di spicco dello stesso”, rivelandosi in tal modo la presenza della affectio societatis tra i soggetti (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450; Sez. 4, n. 19272 del 12/6/2020, COGNOME, Rv. 279249-01; Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719; Sez. 1, n. 30233 del 15/01/2016, COGNOME, Rv. 267991; Sez. 6, n. 566/16 del 29/10/2015, COGNOME, Rv. 265764; Sez. 5, n. 32081 del 24/06/2014, Cera, Rv. 261747; Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, COGNOME, Rv. 259881; n. 41612 del 2013, COGNOME, Rv. 257798).
Di tale principio la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione nell vicenda in questione, inferendo la prova cautelare per il reato associativo non solo dal coinvolgimento dell’indagato in alcune operazioni di commercio di quantitativi di droga, bensì dall’accertata esistenza di una relazione stabile e duratura tra il fornitore e il capo del gruppo dedito al narcotraffico, caratterizzat da regolari cadenze dell’approvvigionamento di consistenti partite di droga da destinare allo spaccio sul territorio. Di qui la legittima inferenza che la volont dei contraenti avesse superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale
e si fosse realizzato un legame organico che riconduceva la partecipazione del fornitore al progetto criminoso associativo.
4. Ad analoghe conclusioni si perviene, come lineare e logico corollario, circa la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 cod. pen.,
quanto all’effettiva e concreta consapevolezza da parte di NOME COGNOME di agevolare con la sua condotta la cosca
‘ndranghetistica dei Cracolici. Anche per
questo profilo la motivazione dell’ordinanza impugnata (come quella genetica) si presenta congruamente e logicamente argomentata nei relativi apprezzamenti di
merito, ed è perciò incensurabile in sede di controllo di legittimità per il profi della correttezza delle inferenze che ne vengono tratte.
5. Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma ritenuta equa di tremila euro alla Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025