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Associazione a delinquere: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato, che nel caso di specie è stata ritenuta immune da vizi.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a Delinquere e Misure Cautelari: La Cassazione Traccia i Confini del Ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18427 del 2024, affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: i limiti del ricorso avverso le ordinanze che dispongono misure cautelari per reati gravi come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La decisione ribadisce un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Il Caso in Esame

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. L’accusa principale era quella di far parte, in qualità di fornitore, di un’associazione criminale dedita al narcotraffico. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’illegittimità del provvedimento per diverse ragioni. In particolare, si contestava che la partecipazione al sodalizio fosse stata desunta da un numero limitato di cessioni di droga, avvenute in un breve arco temporale e risalenti a diversi anni prima. Secondo la difesa, tali episodi configurerebbero al massimo un concorso di persone nel reato, non una stabile appartenenza all’organizzazione.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo la partecipazione all’associazione a delinquere: si sosteneva l’illogicità della decisione del Tribunale del riesame, che avrebbe erroneamente interpretato le prove, trasformando un semplice rapporto di fornitura (di natura ‘sinallagmatica’) in una piena adesione al programma criminale dell’associazione.
2. Errata valutazione delle prove relative ai singoli reati di spaccio: la difesa riteneva che le conversazioni intercettate fossero ambigue e suscettibili di interpretazioni alternative, non sufficienti a fondare la gravità indiziaria.
3. Violazione delle norme sull’adeguatezza delle misure cautelari: si lamentava che il Tribunale non avesse considerato elementi a favore dell’indagato per superare la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, come il lungo tempo trascorso dai fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio sindacato in materia di misure cautelari.

La Distinzione tra Giudizio di Fatto e di Legittimità

Il punto centrale della motivazione è la riaffermazione del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui il ricorso per cassazione per vizio di motivazione non può trasformarsi in una nuova valutazione delle prove. Il compito della Corte non è stabilire quale sia la migliore ricostruzione dei fatti, ma solo verificare se la motivazione del giudice di merito sia logica, coerente e non in contrasto con le norme di legge. Le censure che, pur formalmente denunciando un vizio di motivazione, si risolvono nella richiesta di una diversa lettura delle risultanze processuali sono, perciò, inammissibili.

La Valutazione degli Indizi sull’Associazione a Delinquere

Nel merito, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame fosse pienamente congrua e immune da vizi. Il Tribunale aveva correttamente valorizzato una serie di elementi che andavano oltre la singola cessione, delineando un quadro di stabile inserimento dell’indagato nel sodalizio. Tra questi:
* La pluralità dei reati-fine ascritti, tutti relativi a forniture di stupefacenti all’associazione.
* I rapporti non solo con il vertice dell’organizzazione, ma anche con altri associati operativi.
* Il ruolo dell’indagato come punto di riferimento stabile e affidabile per l’approvvigionamento di marijuana.
* La stabilità dell’accordo, che permetteva all’associazione di non dover cercare di volta in volta nuovi fornitori.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano una ‘durevole comunanza di scopo’ che caratterizza la partecipazione a un’associazione a delinquere.

Sulla Necessità della Custodia Cautelare

Anche riguardo alla misura cautelare, la Cassazione ha convalidato l’operato del Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva giustificato la necessità della custodia in carcere non solo sulla base della presunzione di legge (art. 275, comma 3, c.p.p.), ma anche con una valutazione concreta del pericolo. Erano state considerate le modalità ‘professionali’ della condotta, i quantitativi di droga, la negativa personalità del ricorrente e il suo pieno inserimento in ambienti delinquenziali. Il tempo trascorso dai fatti è stato ritenuto recessivo di fronte a un quadro di pericolosità così delineato.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma dei limiti del sindacato di legittimità sulle misure cautelari personali. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma deve limitarsi a un controllo esterno sulla logicità e coerenza della motivazione. Per contestare efficacemente un’ordinanza cautelare, non è sufficiente proporre una diversa interpretazione delle prove, ma è necessario dimostrare una manifesta illogicità o una chiara violazione di legge nel ragionamento del giudice che ha emesso il provvedimento.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal Tribunale del riesame in materia di misure cautelari?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Il suo controllo si limita a verificare che la motivazione del provvedimento impugnato sia logica, non contraddittoria e conforme alla legge.

Cosa distingue un semplice fornitore di droga da un partecipe a un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico?
Secondo la sentenza, la partecipazione all’associazione si desume non da singole cessioni, ma da un quadro complessivo che dimostri un inserimento stabile e funzionale nel gruppo. Elementi chiave sono la stabilità dei rapporti, il ruolo di fornitore affidabile, le relazioni con più membri dell’organizzazione e una comunanza di scopi che va oltre il singolo affare.

La lunga distanza temporale tra i fatti e l’applicazione della misura cautelare può annullare la necessità della custodia in carcere?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame abbia correttamente considerato il lasso temporale come ‘recessivo’ rispetto ad altri elementi indicativi di un’elevata e attuale pericolosità sociale, come la personalità dell’indagato e il suo profondo inserimento in ambienti criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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