Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26547 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26547 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AUGUSTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AUGUSTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NOTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott. NOME COGNOME, che ha visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; concluso per l’inammissibilita’ .di tutti i ricorsi;
udito il difensore AVV_NOTAIO, per COGNOME E COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO, per COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO, per DI COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME pronunciata con sentenza del 18/11/2021 dal Tribunale di Messina, riformando la pronuncia assolutoria nei confronti di COGNOME NOME e affermando, quindi, la responsabilità di quest’ultimo, così come degli altri, per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 con il ruolo di partecipi di un’associazione finalizzata all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione, alla cessione di sostanze stupefacenti reperite e acquisite sul mercato illegale internazionale, prevalentemente in Colombia, introdotte in Italia e immesse nel mercato interno. In Messina e altri luoghi dall’agosto 2017 sino all’attualità. (capo A). COGNOME NOME è stata ritenuta responsabile anche del reato di cessione di sostanza stupefacente ai sensi dell’art. 73, comma 4, T.U. Stup. accertato in data 8 settembre 2017 (capo C); COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono stati ritenuti altresì responsabili del reato continuata di cessione di 18 dosi di sostanza stupefacente per un importo complessivo di euro 250, qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 4, T.U. Stup. commesso in Catania tra il 9 e il 10 settembre 2017 (capo D).
2. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per erronea applicazione dell’art. 73 T.U. Stup. La difesa sostiene che i comportamenti posti in essere dalla ricorrente, che ha ammesso le condotte di cessione di stupefacente, andrebbero qualificati come concorso nel reato in quanto la stessa ha agito per essere follemente innamorata dell’ex compagno COGNOME NOME, dunque con atteggiamento connivente ma privo di apporto utile all’associazione della quale quest’ultimo è stato ritenuto promotore. Le emergenze istruttorie dimostrano come la ricorrente maneggiasse quantità modiche di stupefacente, non potendo comunque considerarsi la COGNOME l’unica incaricata di smerciare la droga ed essendo le somme guadagnate indicative di smercio di droga leggera, incompatibili con la prospettiva accusatoria per cui avrebbe avuto il compito di smerciare la cocaina colombiana.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione ad altra sentenza emessa dalla stessa Corte di appello in diversa composizione nei confronti degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato, da cui emerge come l’a ffectio della COGNOME fosse unicamente nei confronti dell’ex compagno. Viene riportato nel ricorso il passaggio della sentenza n.646/2021 in cui si afferma che la coimputata COGNOME NOME, fidanzata di un altro imputato, è
stata assolta dal reato associativo per ragioni di affezione nei confronti del fidanzato e non dell’associazione, sebbene questa avesse fornito alla vicenda un contributo maggiore rispetto alla modestissima attività di spaccio della RAGIONE_SOCIALE, essendo colei che era andata a ritirare il pacco contenente 1 kg di cocaina, unico sequestro di sostanza rilevante in relazione al reato associativo.
3. COGNOME NOME propone ricorso per cassazione deducendo, con unico, articolato motivo, erronea applicazione dell’art. 74 T.U. Stup. e vizio di motivazione in relazione agli elementi probatori dai quali poter trarre il convincimento che il ricorrente fosse partecipe nell’associazione. La difesa aveva evidenziato l’assenza nel caso concreto di un vincolo associativo di natura permanente ma la Corte territoriale non ha dato conto di quali fossero gli elementi specifici attestanti condotta di partecipazione, limitandosi a delineare un’isolata condotta, ovvero la pretesa cessione di 18 dosi di sostanza stupefacente. La difesa ritiene inidonei a dimostrare la partecipazione al reato associativo i richiami ai rapporti di frequentazione tra lo COGNOME e le coimputate COGNOME e COGNOME o le foto rinvenute sul suo telefonino, che ritraevano le due donne con lo COGNOME in una località turistica. Nel ricorso sono menzionati precedenti giurisprudenziali per dimostrare come la sentenza abbia erroneamente ritenuto provato l’elemento psicologico del reato sulla sola scorta della conoscenza delle potenzialità della RAGIONE_SOCIALE, senza spiegare da quale fatto o comportamento dello COGNOME siano state desunte la consapevolezza e la condivisione della condotta associativa. Nell’atto di appello erano state evidenziate circostanze che dimostravano l’impossibilità di qualificare i comportamenti dello COGNOME come sintomatici dell’ appartenenza alla societas RAGIONE_SOCIALE, ovvero gli esiti del servizio di intercettazione telefonica indicativi di due soli momenti «interessanti», ovvero l’episodio del 7 settembre e quello dell’«RAGIONE_SOCIALE bar», a fronte di un’indagine che ha impegnato la polizia giudiziaria per diversi mesi. Da tali esiti era emerso che lo COGNOME facesse uso di sostanze stupefacenti di vario tipo e che dalle conversazioni intercettate il 7 settembre 2017 (RIT 361/178 progr. 1104) tra la COGNOME e lo COGNOME era evidente come la richiesta della prima fosse disancorata da qualsiasi logica associativa. Dal fatto che lo COGNOME fosse a conoscenza della finalità del viaggio a Siracusa insieme alla COGNOME, ossia quella di ritirare del popper, non può trarsi alcun argomento in ordine alla sua partecipazione al sodalizio criminoso. Se lo COGNOME fosse stato partecipe dell’associazione non avrebbe avuto necessità di consegnare alla COGNOME 20 euro per l’acquisto dello stupefacente. La Corte di appello ha svolto argomentazioni apodittiche per affermare il ruolo di partecipe del ricorrente e ha taciuto in ordine all’eventuale qualificazione ai sensi dell’art. 74, comma 6, T.U. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Stup. delle condotte ascrivibili ai tre imputati COGNOME, COGNOME e COGNOME. Pur avendo riconosciuto un ruolo marginale e defilato in capo al ricorrente, i giudici di appello hanno omesso qualunque risposta a specifico motivo di gravame.
4. NOME COGNOME propone ricorso censurando la sentenza, con un primo motivo, per vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art.74 T.U. Stup. Secondo la difesa la sentenza elude i motivi di appello aventi a oggetto l’errata qualificazione giuridica dei fatti, non avendo la Corte indicato i riscontri esterni idonei a giustificare la correttezza della qualificazione giuridica e conseguentemente l’entità della pena inflitta. Si è ritenuta la ricorrente partecipe dell’associazione sulla base di un’isolata condotta di cessione di sostanza stupefacente leggera avvenuta la sera tra il 9 e il 10 settembre 2017 all’interno della RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE bar» di Catania e sulla base del fatto che venisse messa al corrente delle dinamiche associative da parte dell’amica e coimputata COGNOME, peraltro non indicate. È stata attribuita alla COGNOME la titolarità di un’intercettazione telefonica riguardante invece il coimputato COGNOME, con il quale la COGNOME aveva un rapporto confidenziale. La difesa aveva evidenziato come la COGNOME, a parte la possibilità di procurarsi lo stupefacente con una certa facilità dalla COGNOME, in quanto spesso ne consumavano insieme, altro non sapesse, come peraltro evidenziato da una telefonata tra lo COGNOME e la COGNOME in cui il primo raccomandava alla compagna di gestire la vicenda senza far trapelare nulla ai due accompagnatori. La Corte territoriale non ha, dunque, dato conto di quali fossero gli elementi specifici e concreti attestanti l’intraneità alla struttura organizzativa e al programma criminoso indeterminato dell’associazione da parte della ricorrente, peraltro accusata di un’unica condotta di cessione di 18 dosi di sostanza stupefacente leggera, come desumibile dal corrispettivo. La fotografia che riprende la COGNOME in compagnia della COGNOME e dello COGNOME in un locale in Germania nel 2019 non dimostra l’assunto condannatorio, anche perché lo stesso COGNOME, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, ha dichiarato che la COGNOME era estranea all’associazione. Con riguardo all’elemento psicologico del reato la sentenza si è limitata a esaltare la conoscenza delle potenzialità della COGNOME senza spiegare in forza di quale fatto o comportamento la COGNOME abbia dimostrato la consapevolezza e la condivisione della condotta criminale plurisoggettiva. Difetta la consapevolezza di fare parte di una struttura organizzata in quanto proprio l’analisi delle modalità esecutive dei singoli episodi non permette di individuare i momenti di cointeressenza rilevanti sotto il profilo associativo. La Corte ha altresì completamente taciuto sulla qualificazione ex art. 74, comma 6, T.U. Stup. delle condotte ascrivibili ai tre imputati COGNOME, COGNOME e COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato contestato al capo D). L’accertamento della cessione di 18 dosi vendute per un importo complessivo di euro 250 depone per la sussistenza del fatto di lieve entità. La Corte di appello non ha espresso i motivi della mancata assoluzione sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. per la presunta detenzione di appena due dosi di droga.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. Il giudice di appello, pur affermando che la posizione della COGNOME era marginale e defilata con ruoli secondari e modesti benefici, ha contraddittoriamente negato la richiesta attenuante, conclamata dal ruolo di occasionale «comparsa» avuto nella vicenda da una ragazzina incensurata e immune da altre pendenze giudiziarie.
5. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza per violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla affermata responsabilità in ordine all’imputazione di cui all’art. 74 T.U. Stup. La difesa sostiene che dal fatto che il ricorrente avesse prestato l’autovettura allo COGNOME non sarebbe derivato alcun vantaggio all’associazione. Non è mai emerso che l’COGNOME avesse prestato il consenso al prestito dell’autovettura, al contrario da lui più volte rivendicata. Le lamentele del ricorrente per i verbali relativi alle violazioni del codice della strada palesano l’estraneità dello stesso al contesto associativo e la non condivisione di utili. L’occasionalità e l’estemporaneità del preteso contributo sono palesate dall’oggettiva circostanza che l’automezzo sia stato utilizzato a insaputa dell’COGNOME solo quando fu prestato dallo COGNOME a COGNOME e COGNOME per il ritiro del pacco di cocaina. Non è stato provato che l’COGNOME abbia messo l’automezzo a disposizione dei sodali. COGNOME, che ha ritirato il pacco di cocaina insieme a COGNOME, nonostante avesse utilizzato l’automezzo intestato a NOME COGNOME, è stata assolta. La motivazione è illogica e contraddittoria rispetto agli atti del processo. I giudici si sono soffermati sull’asserita circostanza che il prevenuto avrebbe detenuto sostanza stupefacente, ma tale fatto non era oggetto di specifica contestazione. Non è stata raggiunta la prova che l’COGNOME abbia custodito qualcosa per il gruppo. L’iter argomentativo è manifestamente illogico anche laddove il contributo associativo del ricorrente è stato desunto dal fatto che la COGNOME non avesse ritenuto necessario fornire a COGNOME o a COGNOME alcuna specificazione sull’identità del predetto, ma questi ultimi non hanno avuto alcuna interlocuzione con il ricorrente, né sapevano dove egli risiedesse in Siracusa. La presunta sostanza stupefacente che l’COGNOME avrebbe avuto in detenzione non è stata consegnata a COGNOME nè a COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
é. All’odierna udienza, disposta la trattazione or l ale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 dl. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In linea di principio è opportuno ricordare che in questa sede di legittimità è precluso il percorso argomentativo seguito dai ricorrenti COGNOME, nel primo motivo, COGNOME, COGNOME, nel primo motivo, e COGNOME, che sostanzialmente allegano il travisamento dei fatti emergenti dal compendio istruttorio in quanto ritenuti dai giudici di merito dimostrativi della loro intraneità al sodalizio criminale; tale percorso si risolve in una generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio che demanda alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (ex plurimis, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, 22/01/2014, n. 10289, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099, COGNOME).
La disamina dei motivi di ricorso non può, infatti, prescindere dal rilievo attribuito dalla Corte territoriale al passaggio in giudicato della sentenza della Corte di appello di Messina del 3/05/2021, irrevocabile 16/10/2021, con la quale è stata accertata la sussistenza dell’associazione per delinquere con riferimento ad altri soggetti, che hanno optato per la scelta del rito abbreviato. La Corte di appello ha, quindi, confermato il giudizio di partecipazione degli imputati COGNOME, COGNOME e COGNOME già espresso dal giudice di primo grado e ha riformato il giudizio assolutorio espresso dal Tribunale con riguardo all’COGNOME; ritenuto parimenti partecipe dell’associazione, sulla base di elementi istruttori non direttamente né esclusivamente inerenti alla detenzione o alla cessione di sostanza stupefacente ma, piuttosto, individuando indici sintomatici del contributo fornito, con varie condotte, al sodalizio.
2.1. Con specifico riguardo a NOME COGNOME la Corte ha, in particolare, valorizzato il fatto che tale imputata tenesse continui contatti con altri soggetti ritenuti partecipi dell’associazione, così espressamente smentendo quanto
allegato nel ricorso circa il rapporto esclusivo con il fidanzato COGNOME NOME (pag. 16). A ciò si aggiunga come dal compendio indiziario sia stata desunta la prova della pronta e piena disponibilità della donna a recuperare sostanze stupefacenti presso terzi, anche affrontando viaggi in luoghi distanti dalla sua residenza, nonché la sua partecipazione all’attività di cessione, dei cui proventi dava dettagliate informazioni allo COGNOME, con il quale aveva compiuto anche viaggi all’estero, che si è ritenuto fossero finalizzati al reperimento di sostanze stupefacenti. Con riguardo a NOME COGNOME e NOME COGNOME i motivi di ricorso inerenti alla partecipazione al sodalizio omettono ogni confronto con quanto già indicato nella sentenza di primo grado a proposito del fatto che tali imputati si fossero prestati ad accompagnare la COGNOME a Siracusa a prelevare lo stupefacente, avessero partecipato all’attività di smercio, la COGNOME avesse condiviso un viaggio a Francoforte in data 8 aprile 2010 con la COGNOME e lo COGNOME, lo COGNOME avesse intrattenuto plurimi contatti telefonici con lo COGNOME, dai quali risultava il tono confidenziale e il fatto che si conoscessero bene (pagg. 7-18 sentenza di primo grado, pagg. 16-18 sentenza di appello).
2.2. La motivazione è espressiva di una coerente valutazione del ruolo svolto da tali imputati in quanto indicativo di compiti collaborativi rispetto ai componenti dell’associazione; vi si legge, con argomentazione puntuale e individualizzante, che essere partecipe di un sodalizio criminale non implica l’assoluta abnegazione nei confronti degli altri sodali o dei capi, soprattutto quando si tratti di soggetti che ricoprono ruoli secondari, comunque indubbiamente funzionali agli scopi associativi.
2.3. Con riguardo all’elemento soggettivo, a pag. 17 della sentenza si è evidenziato come la COGNOME avesse parlato apertamente tanto con la COGNOME quanto con lo COGNOME di tali scopi, peraltro resi evidenti dalla loro partecipazione allo spaccio svolto all’interno della RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE di Catania da parte della COGNOME. A fronte di tali argomentazioni i motivi di ricorso propongono una lettura alternativa, peraltro parcellizzata, del compendio esaminato dai giudici di merito, inammissibile in fase di legittimità. Con riguardo alla qualificazione della condotta, risultano dunque destituite di fondamento le doglianze svolte nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, nel ricorso di NOME COGNOME e nel primo motivo di ricorso di NOME COGNOME, del tutto prive di confronto con l’accertata esistenza del sodalizio criminale e con la pluralità di elementi indicativi del ruolo loro ascritto.
Il secondo motivo del ricorso proposto dalla COGNOME è inammissibile in quanto aspecifico. La difesa pone genericamente a confronto la condotta della ricorrente con quella di una coimputata assolta all’esito di rito abbreviato,
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limitandosi a indicare il passo motivazionale di una precedente sentenza della Corte di appello di Messina, non allegata. La censura difetta di specificità in quanto indica gli elementi motivazionali valorizzati nell’altro processo per pervenire alla decisione liberatoria, che peraltro non risulta adottata per insussistenza del fatto, senza, tuttavia, confrontarsi con le ragioni e gli indizi, diversi e ulteriori, in base ai quali nel presente processo, a rito ordinario, si sia giunti a diversa conclusione.
4. I ricorrenti COGNOME e COGNOME lamentano, genericamente, la mancanza di motivazione in merito al motivo di appello con il quale chiedevano la qualificazione del reato di cui al capo A) ai sensi dell’art. 74, comma 6, T.U. Stup. senza confrontarsi, tuttavia, con quanto indicato a pag.18 della sentenza impugnata a proposito degli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente dei quali l’associazione disponeva e della facilità di reperimento della stessa sul mercato internazionale. Giova, qui, ricordare che la fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, T.U. Stup. è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup. (Sez. 6, n.1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Degli Angioli, Rv. 278098 – 01). Tali elementi neppure risultano allegati dai ricorrenti.
5. Il ricorso proposto da NOME COGNOME non supera, come detto, il vaglio di ammissibilità in quanto si sostanzia nella sua integralità in una rilettura dei fatti già esaminati nella sentenza impugnata (pag. 18). Il ricorso censura la sentenza anche sotto il profilo del vizio di motivazione, prospettato tuttavia con argomenti inconferenti. Sebbene nel motivo di ricorso si faccia riferimento alla illogicità e alla contraddittorietà della motivazione, nel corpo della censura non vengono indicati i passaggi nei quali si sarebbero manifestati tali vizi e si prospetta, come contraddittorietà della motivazione, il contrasto tra le emergenze istruttorie e la valutazione che delle stesse è stata fatta dai giudici di merito. Ma la motivazione è manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, mentre il vizio di contraddittorietà della motivazione deve essere interno al percorso giustificativo della decisione e ricorre quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine a uno stesso fatto o a un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva del provvedimento, ovvero si manifestino dubbi che
non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice, conducenti ad esiti diversi, siano state poste a base del suo convincimento (Sez.5, n.19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105); deve, dunque, escludersi che il vizio di contraddittorietà della motivazione possa avere come termini di raffronto il provvedimento e i dati istruttori sulla base della loro asserita erronea interpretazione.
6. Il secondo e il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME risultano, invece, fondatamente proposti in quanto, con riferimento al capo D), la ricorrente è stata ritenuta concorrente nella cessione di 18 dosi all’interno di una RAGIONE_SOCIALE ma la disamina della sua condotta, che a pag. 21 della sentenza di primo grado viene descritta come inerente alla detenzione di due dosi senza ulteriore menzione della portata del contributo dalla stessa fornito all’attività di spaccio, risulta del tutto omessa nella sentenza impugnata. La Corte territoriale si è limitata ad affermare a pag. 18 che il reato di cui al capo D) non potesse essere ricondotto nell’alveo del quinto comma dell’art. 73 T.U. Stup. in considerazione del numero di dosi cedute e dell’importo complessivo ricavato dalla vendita, senza alcuna specifica disamina dell’apporto del singolo concorrente. Tale condotta è stata apoditticamente descritta a pag. 19 affermandosi che la COGNOME avrebbe «fornito un apporto rilevante nello svolgimento dell’attività di spaccio compiuta in concorso con gli altri imputati del medesimo reato» senza alcuna indicazione concreta degli elementi istruttori sui quali si sia basata tale valutazione.
Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo D) con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Messina per nuovo esame ed eventuale rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile nel resto.
I ricorsi proposti da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono inammissibili. Alla inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), la condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo D) e rinvia, per nuovo esame e per l’eventuale rideternninazione del trattamento sanzionatorio, ad altra sezione della Corte di appello di Messina.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME ed COGNOME NOME e condanna tali ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Il ensigliere estensore Così deciso il 6 giugno 2024
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