Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30039 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30039 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME il DATA_NASCITA
NOME COGNOME NOME il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME dmrdrarn
—NOME
Il Procuratore Generale conclude per il rigetto di tutti i ricorsi.
eliditracetErgMiW
In difesa di NOME è presente l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del foro di TREVISO il quale chiede l’accoglimento dei motivi di ricorso.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di TREVISO difensore di NOME KOL E COGNOME
COGNOME è sostituito ex art. 102 c.p.p dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del foro DI ROMA, come da nomina a sostituto processuale che deposita. Il difensore presente insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
NOME‘AVV_NOTAIO COGNOME NOME del foro di VENEZIA, difensore di NOME KOL e COGNOME NOME è sostituito ex art. 102 c.p.p. dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME stesso foro, come da nomina a sostituto processuale che deposita. Il difensore presente, non concordando con le conclusione del Procuratore Generale, insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 21 dicembre 2023, in parziale riforma della sentenza appellata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, ha ritenuto COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME penalmente responsabili per il reato di cui all’art. 74, co. 2, D.P.R 309/90, di cui al capo 1) dell’imputazione, dal quale erano stati assolti in primo grado, per essere ritenuti responsabili solo dei reati – fine contestati ai capi da 2 a 13. Era stata invece esclusa la partecipazione al reato associativo per altri coimputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La Corte territoriale ha richiamato le risultanze delle intercettazioni telefoniche e ambientali e di specifici servizi di OCP, gli esiti di perquisizioni e sequestri di GLYPH consistenti quantitativi di cocaina nella disponibilità del gruppo criminale nonchè le dichiarazioni confessorie scritte, rese dagli stessi imputati e depositate in sede di udienza preliminare, ritenendo che il contesto nel quale si collocavano i fatti contestati fosse incompatibile con un semplice concorso nei singoli reati di detenzione e cessione della sostanza stupefacente, in quanto le condotte risultavano invece costituire parte di un programma strutturato e stabilmente diretto alla commissione di un numero indefinito di delitti di cui all’art. 73, co. 1, D.P.R 309/90.
Hanno proposto ricorso gli imputati.
COGNOME NOME lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta sussistenza dell’associazione di cui all’art. 74 D.P.R 309/90. La Corte territoriale aveva ravvisato la presenza, nel caso di specie, degli elementi caratterizzanti il reato associativo, ma aveva escluso la partecipazione di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con ciò indebolendo l’ipotesi della sussistenza della associazione. Le circostanze ritenute decisive per escludere la responsabilità di tali soggetti sarebbero state idonee ad escludere totalmente l’ esistenza di un’organizzazione dedita al narcotraffico. Il provvedimento impugNOME attribuiva valore ad elementi da cui non emergeva in maniera inequivoca la configurabilità del reato ex art. 74, co. 2, D.P.R 309/90. In particolare, non era possibile far discendere automaticamente l’esistenza di una stabile organizzazione dalla quantità di movimenti di droga e denaro; non era stata fornita prova
del fatto che uno dei depositi della sostanza si trovasse effettivamente a disposizione dell’intero gruppo, essendo emerso che si trovava soltanto nella disponibilità del COGNOME; non erano state rinvenute vetture, diverse rispetto a quelle usualmente utilizzate dagli imputati, né utenze telefoniche adoperate per le esigenze del gruppo. La mancanza di una gerarchica divisione di ruoli, insieme alla brevità del sodalizio e all’esiguità di reati-fine accertati, avrebbe dovuto condurre all’attribuzione di responsabilità nei limiti del concorso nelle fattispecie di cui all’art. 73 dello stesso decreto: dalle intercettazioni non emergeva alcun riferimento di carattere organizzativo né una finalizzazione al raggiungimento di un obiettivo comune, necessari ad integrare il reato di cui all’art. 74 D.P.R 309/90.
NOME e NOME, per il tramite del medesimo difensore, formulano i seguenti motivi:
5.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per non aver la Corte d’Appello individuato gli elementi sintomatici dell’esistenza di una stabile organizzazione dedita al traffico di stupefacenti. Innanzi tutto, si contesta l’assunto della Corte territoriale in ordine alla valorizzazione delle dichiarazioni confessorie degli imputati. Il reato associativo contestato è una fattispecie astratta che non poteva essere ricostruita mediante le dichiarazioni degli imputati, i quali si erano limitati ad ammettere le singole condotte materialmente tenute. Nello specifico, le dichiarazioni rese dagli imputati avevano ad oggetto unicamente le singole condotte di detenzione o cessione della sostanza, senza mai aggiungere elementi a supporto della tesi organizzativa. La motivazione del provvedimento impugNOME non rendeva esplicite le ragioni per cui le condotte degli imputati non avrebbero potuto essere inquadrate nel semplice concorso di persone nel reato, omettendo di identificare quel quid pluris necessario per integrare una cooperazione stabile finalizzata alla commissione di un numero indetermiNOME di reati nel contesto di un disegno criminoso unitario. Si deduce che era stato dato rilievo in chiave associativa a circostanze tipicamente rinvenibili in ogni episodio, anche singolo, di compravendita di stupefacenti. La responsabilità del BushpePa era stata desunta sulla base di scarne intercettazioni e di sequestri avvenuti in un periodo di tempo limitato; la circostanza che egli si recasse spesso
all’estero non costituiva prova dell’acquisto di sostanza stupefacente né della eventuale quantità acquistata. Mancava, inoltre, la prova che ci fossero degli appartamenti specificamente adibiti a deposito della sostanza, trattandosi di immobili utilizzati a scopi abitativi da alcuni degli imputati. Le affermazioni riguardanti l’entità di denaro mensilmente in circolo e l’esistenza di un luogo ove occultare il denaro da suddividere tra i correi avevano carattere congetturale. La circostanza che l’unica automobile utilizzata fosse di pertinenza di un solo imputato induceva ad escludere il requisito della condivisione dei mezzi, necessario per integrare l’ipotesi associativa; anche la valorizzazione dell’esistenza di diverse utenze telefoniche non era determinante per escludere l’ipotesi concorsuale, trattandosi di una consuetudine criminale diffusa. La motivazione era illogica nel punto in cui aveva ritenuto compatibile la suddivisione dei ruoli tra i sodali con la possibile sostituzione di uno nella posizione dell’altro all’occorrenza, anche per il fatto che l’attribuzione dei compiti a ciascuno si basava solo su intercettazioni di scarna consistenza. La Corte territoriale aveva confuso l’esistenza di rapporti di parentela tra gli imputati con la creazione di un’associazione stabile rientrante nella fattispecie di cui all’art. 74 sovra citato.
5.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta partecipazione di NOME alla suddetta organizzazione. L’intraneità dell’imputato era stata correlata al ruolo che egli avrebbe rivestito quale custode dello stupefacente, ma non vi erano elementi da cui dedurre che egli fosse a conoscenza dell’esistenza di una stabile organizzazione o che volesse farne parte.
5.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione dei reati contestati ai capi 8b), 8c), 10), 11c), 12c) e 12d) dell’imputazione in un unico reato di detenzione continuata di sostanza stupefacente. Dalla ricostruzione dei fatti fatta propria dai Giudici di merito non emergeva che COGNOME NOME avesse ricevuto all’interno della sua abitazione nuove partite di droga oltre quelle depositatevi inizialmente, cioè nel luglio del 2019, e fino al sequestro intervenuto al 6 dicembre 2019. Pertanto, la condotta si configurava come unica condotta di detenzione, laddove il COGNOME era invece stato punito più volte per la detenzione della medesima sostanza stupefacente. Si trattava, invece, di un’unica azione protratta nel tempo. Al riguardo, come la Corte d’Appello aveva peraltro rilevato, il COGNOME NOME era già stato condanNOME per la
detenzione di quella sostanza con sentenza del GUP di Venezia, divenuta irrevocabile.
6. COGNOME deduce, con il primo motivo, che la Corte d’Appello, avendo assunto la decisione di riformare la sentenza di primo grado, avrebbe dovuto ottemperare all’obbligo di motivazione rafforzata. Denuncia inoltre violazióne di legge e vizio di motivazione in ordine alla valorizzazione delle dichiarazioni confessorie degli imputati. Il reato associativo contestato è una fattispecie astratta che non poteva essere ricostruita mediante le dichiarazioni degli imputati, i quali si erano limitati ad ammettere le singole condotte materialmente tenute. Lamenta inoltre violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata indicazione di elementi sintomatici dell’esistenza di una stabile organizzazione, ricorrendo invece elementi riconducibili alla commissione, in concorso, di meri fatti di detenzione. I contenuti delle intercettazioni erano scarni e certamente non poteva trarsi prova del reato associativo da fatti di importazione dall’estero, né poteva dirsi elemento qualificante di una fattispecie associativa l’utilizzo di un appartamento per il deposito della sostanza. Erano prive di significato le conversazioni citate e riferite al mancato rinvenimento di quantitativi non chiaramente riferiti a stupefacente o denaro; la sentenza aveva desunto apoditticamente il giro di affari citato nella misura di 70.000 euro mensili basandosi su un prezzo di vendita ipotetico, non essendo stato individuato il quantitativo venduto; era stata utilizzata, per la movimentazione della droga, una sola automobile, ossia quella del COGNOME, e ciò rendeva evidente l’inesistenza di mezzi e strutture; così come l’utilizzo di telefoni non intercettabili non poteva essere chiaro connotato dell’esistenza di una associazione trattandosi di mezzi in uso negli ambienti criminali dediti allo spaccio; era illogica e apodittica la motivazione che aveva attribuito a ciascuno uno specifico ruolo da suddividersi; la consegna del denaro a COGNOME non era un dato indicativo e dirimente; il ruolo del COGNOME era stato descritto senza alcun supporto oggettivo ed era stato trascurato il dato relativo ai legami di parentela tra i correi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Possono essere trattati congiuntamente, perché connessi e attinenti alla medesima questione, il motivo di ricorso proposto da COGNOME, riguardante la lamentata violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata,
e tutti i motivi dei distinti ricorsi riguardanti la valutazione delle dichiarazioni confessorie degli imputati, la configurabilità del reato associativo e la partecipazione al sodalizio.
I motivi sono manifestamente infondati.
2. E’ certamente principio acquisito che il giudice d’ appello, in caso di riforma della sentenza di primo grado sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio è tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte ( ex multis, Sez. 3 – n. 16131 del 20/12/2022. Rv. 284493 – 03; Sez. 6, n. 39911 del 04/06/ 2014, P.G. e Scuto, Rv. 261589). E’ comunque evidente che detto obbligo si connota come tanto più stringente quanto più ampia e argomentata è la motivazione della sentenza riformata: è stato infatti più volte chiarito che non v’è obbligo di fornir una motivazione rafforzata nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e assertivo ( cfr. Sez. 5, n. 12783 del 24/01/2017 , Rv. 269595 01; Sez. 6 , n. 11732 del 23/11/2022,Rv. 284472- 01).
2.1 Tanto premesso, emerge dalla lettura della sentenza di primo grado che il GIP del Tribunale di Venezia ha, con motivazione sinteticamente articolata nell’ultima pagina della sentenza, negato la configurabilità del reato di cui all’art. 74 DPR 309/1990 osservando che il PM aveva escluso il reato associativo in capo a due spacciatori, dando il consenso al patteggiamento, e che non erano emerse gerarchie tra gli altri coimputati. Pur dando atto che era il COGNOME, che si appoggiava al COGNOME per il reperimento dei canali esteri di acquisto, a rivestire un ruolo preminente, organizzando lo smercio a livello intermedio, e sovraintendendo allo stoccaggio della droga nella abitazione di COGNOME NOME prima e, dopo l’arresto del COGNOME, presso l’abitazione del cugino COGNOME, ha ritenuto che detti elementi non erano sufficienti a configurare il reato di cui all’art. 74 DPR 309/1990, essendo venuta meno la prova della collaborazione stabile degli altri correi cui era stato originariamente contestato il reato associativo.
2.2 Orbene, su detti punti si rinvengono ampiamente nella decisione impugnata quei necessari passaggi argomentativi – uniti ad una ragionata valutazione delle prove acquisite e alla evidenziazione di aspetti cruciali non considerati dal giudice di primo grado – atti a sostenere in maniera convincente il sovvertimento della decisione del Tribunale. La Corte veneziana, invero, facendo corretta applicazione dei consolidati insegnamenti di questa Corte in
materia di associazione di cui all’art. 74 DPR 309/1990, ha dato ampio conto degli elementi costitutivi della compagine associativa ritenuta sussistente nel caso di specie con articolata motivazione che si snoda dalle pagg. 44 alla pag. 54 della sentenza impugnata e che resiste alle censure articolate nei motivi di ricorso i quali, come si specificherà, si limitano inammissibilmente a proporre letture alternative del fatto così come ricostruito dai giudici di merito.
Va innanzi tutto rilevato che la Corte territoriale ha correttamente ed adeguatamente valutato le confessioni rese dagli imputati all’udienza preliminare ( i predetti imputati avevano infatti dichiarato di ammettere tutti gli addebiti). Lungi dal ritenere che le confessioni riguardassero la qualificazione giuridica dei fatti, i giudici di merito hanno considerato ammessi dagli imputati gli elementi di fatto consistenti nei ruoli e nei compiti rivestiti che, secondo la Corte, potevano certamente considerarsi rivelatori della sussistenza di un compagine organizzata. La Corte territoriale ha quindi correttamente ritenuto provate le condotte contestate al capo 1), secondo cui il COGNOME si occupava delle forniture di droga da smerciare; COGNOME NOME gestiva le forniture di droga, ammontanti a circa 2 chili al mese di cocaina con elevato grado di purezza, occupandosi altresì dello spostamento e della consegna della droga con la sua auto; NOME e COGNOME NOME mettevano a disposizione i loro rispettivi appartamenti per la custodia della droga, nonché per il confezionamento della stessa ai fini di spaccio.
Deve allora ricordarsi che, ai fini della configurabilità di un’associazione finalizzata al narcotraffico è necessario e sufficiente (cfr. Sez. 6, sent. n. 7387 del 3/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796; Sez. 1, sent. n. 10758 del 18/02/2009, Rv. 242897): a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programma criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilità, risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest’ultimo. Il reato associativo, specie con riferimento all’attività di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, non richiede comunque una struttura articolata e complessa, essendo sufficiente una struttura anche esile cui i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento (Cass., sez. 5, n. 11899/97, Saletta, Rv. 209646; Sez. 6, Sentenza n. 25454 del 13/02/2009 Ud. (dep. 17/06/2009) Rv. 244520
– 01). E’ stato chiarito che non è elemento connotante dell’associazione l’esistenza GLYPH di GLYPH una GLYPH gerarchia GLYPH interna (Sez. 6, n. 8046 del 08/05/1995 Ud. (dep. 19/07/1995 ) Valente, Rv. 202032 – 01), e che la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può , essere data anche mediante l’accertamento di “facta concludentia”, quali i contatti continui tra gli spacciatori,i frequenti viaggi per rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive. (Sez. 5, Sentenza n. 8033 del 15/11/2012. COGNOME, Rv. 255207 Sez. 3 – , Sentenza n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610 – 01). Dunque, la precisa distribuzione di ruoli, ammessi dagli odierni ricorrenti, relativi ad una certa e ripetuta attività di procacciamento, custodia e successiva distribuzione della droga costituisce, come ritenuto dai giudici di merito, elemento connotante non solo dell’esistenza di un sistema organizzato, ma anche della stabile messa a disposizione del singolo riguardo alla continua realizzazione delle fattispecie delittuose di cui all’art. 73 DPR 309/1990. Ancora, la Corte territoriale ha, in armonia con i principi di diritto sopra evidenziati sottolineato la che la stabile disponibilità, da parte dei correi, degli appartamenti del COGNOME NOME e del COGNOME NOME per la custodia della droga e dei telefoni cellulari del tipo TARGA_VEICOLO, non intercettabili, denota anche la predisposizione di mezzi e strutture per l’attuazione della finalità delittuosa. E, quanto alla deduzione secondo cui mancherebbe il sufficiente lasso temporale per connotare la stabilità del suddetto sodalizio, questa Corte di legittimità ha più volte ribadito che ai fini della verifica degli elementi costitutivi del partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato ((Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282122; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Con specifico riferimento ai singoli ricorrenti, quanto al COGNOME NOME, a conferma della stabile messa a disposizione e della conoscenza da parte di quest’ultimo dei ruoli di ciascuno, la Corte, alle pagg. 48 e 49,cita la conversazione dalla quale emerge che il COGNOME era al libro paga del gruppo ( il
NOME gli si rivolge dicendogli “prima che vai al lavoro passo in gelateria. .mi scegli una fantastica e ti do anche lo stipendio”), incontro poi effettivamente tenutosi come confermato dalle risultanze dei servizi di OCP; la sentenza riporta anche le telefonate con linguaggio criptico dalle quali, con argomentazione non illogica, si evince che al COGNOME erano consegnati dal parte del COGNOME i denari provento di illecito ( pag. 48); la sentenza pone in risalto che il COGNOME era assegnatario di utenze telefoniche segrete che utilizzava per comunicare con NOME e COGNOME; custodiva, come da lui ammesso, lo stupefacente nel suo appartamento di INDIRIZZO Marghera, INDIRIZZO; andava a prendere, per conto del COGNOME e del COGNOME NOME, la droga presso i corrieri ( sequenza intercettiva citata a pag. 50 della sentenza impugnata). Quanto al COGNOME Kol e COGNOME, la Corte fa pertinente riferimento alla inequivocabile conversazione telefonica intercettata all’interno della vettura del COGNOME NOME. Nella ridetta conversazione un acquirente gli chiede ” tu tieni le cose per NOME” (COGNOME, ndr) e il COGNOME gli risponde” stiamo insieme, stiamo insieme”, traendone la ineccepibile considerazione della precisa e totale consapevolezza del vincolo associativo e descrivendo, con minuto richiamo al materiale intecettivo e alle risultanze dei servizi di OCP, le attività del COGNOME riguardanti l’attività di mantenimento dei contatti e consegne ai clienti, recandosi prima a prelevare la droga e poi a consegnarla utilizzando la propria auto. Relativamente, poi, al COGNOME, la sentenza cita le molteplici intercettazioni dalle quali emerge che il predetto trattava con i propri fornitori approvigionandosi della cocaina,e comunicava poi con gli incaricati al deposito e consegna della droga mediante telefoni cellulari del tipo TARGA_VEICOLO Aqaurius, non intercettabili ( conversazioni tra COGNOME e COGNOME, pag. 47 della sentenza impugnata). Ancora, la Corte territoriale riporta la conversazione relativa alla consegna al gruppo il 31 agosto 2019, relativa alla partita di cocaina in seguito sequestrata presso l’abitazione del COGNOME il 1 settembre ( 1,873 kg lordi di cocaina , unitamente a materiale da confezionamento). Dalle suddette conversazioni si evince che il COGNOME comunica il buon andamento delle trattative per la fornitura; che il COGNOME non era disponibile per la consegna; che di ciò viene incaricato il COGNOME, il quale, secondo modalità certamente concordate, provvede a fare le foto della merce per mostrarle al COGNOME: tale episodio segna, come non illogicamente considerato dalla Corte, la definitiva riprova di un agire consuetudinario e ben collaudato e di una stabile attività di collaborazione tra i tre nelle attività di fornitura, custodia e vendita dettaglio della cocaina. Relativamente, infine, al COGNOME NOME, la sentenza sottolinea il ruolo di depositario della droga nell’appartamento di Mestre, INDIRIZZO Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Forte Marghera, e la relativa consapevolezza delle azioni perpetrate, nel reciproco interesse del COGNOME e del COGNOME NOME, come rivelato dalle conversazioni intercettate con i predetti, relative alla custodia della sostanza e anche alle detenzione del materiale da confezionamento e pesatura. Va inoltre ribadito che la sistematica, incondizionata, e consapevole messa a disposizione di propri locali ai componenti di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, per consentirne l’utilizzo come base logistica ed organizzativa, integra una condotta di partecipazione all’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, prevista dall’art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto consente all’organizzazione di operare per realizzare il programma criminoso (Sez. 3 -, Sentenza n. 38009 del 10/05/2019 Ud. (dep. 13/09/2019) Rv. 278166 – 09).
7.A fronte di tale solido apparato argonnentativo, i motivi di ricorso si appuntano sostanzialmente sulla valorizzazione di elementi di fatto proponendo una lettura alternativa delle fonti probatorie compiutamente esaminate dalla Corte territoriale, che ha operato dette ricostruzioni in modo coerente e non illogico, nonché facendo corretta applicazione dei principi di diritto in materia di reato associativo sopra enunciati. E dunque deve ribadirsi che sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507). Non sono infatti deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui , punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex multis, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
8. Va quindi esamiNOME l’ultimo motivo del ricorso di NOME attinente alla mancata riqualificazione dei reati contestati ai capi 8b), 8c), 10), 11c), 12c) e
12d) dell’imputazione nel reato di detenzione continuata di sostanza stupefacente. La doglianza è manifestamente infondata. Invero, in materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di più condotte riconducibili a quelle descritte dall’art. 73 del d.P.R n.309 del 1990, quando unico è il fatto concreto che integra contestualmente più azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell’ipotesi più grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 270266 – 01; Sez. 3 – , n. 23759 del 10/02/2023 COGNOME, Rv. 284666 – 01). Sul punto, la Corte d’appello ha sottolineato, in conformità al principio sopra riportato, che le singole condotte di cessione indicate in tali capi di imputazione sono state commesse in date differenti, non ravvicinate, e a favore di clienti diversi, per cui si tratta di condotte distinte tra loro e rispetto condotta di detenzione, costituendo distinti reati unificati nel vincolo della continuazione (cfr. p. 97 sentenza impugnata). E’ altresì manifestamente infondata la doglianza con cui il COGNOME NOME adombra una violazione del ne bis in idem, deducendo di essere stato punito nuovamente per cessioni della stessa partita di droga, oggetto del sequestro del 6 dicembre 2109, in ordine alla quale era stato condanNOME per detenzione. Su tale aspetto è del tutto dirimente osservare che le cessioni contestate si riferiscono a diversi quantitativi ceduti dal COGNOME NOME in un periodo anteriore al sequestro del 6 dicembre, che ha riguardato il restante quantitativo di droga rivenuto presso l’abitazione, ed ha formato oggetto della diversa, autonoma e successiva detenzione per la quale è stato separatamente giudicato. La condotta di cui all’art. 73 DPR 309/1990, per quale il COGNOME NOME è stato separatamente giudicato, riguarda infatti il quantitativo rivenuto presso la abitazione del predetto al momento del sequestro, e non già tutto il quantitativo oggetto delle forniture di stupefacente, che era stato ceduto in più riprese in epoca anteriore, come contestato ai capi 8b), 8c), 10), 11c), 12c) e 12d). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
9. Alla luce di quanto esposto, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della ulteriore somma di €.3000,00 ciascuno, non emergendo ragioni di esonero.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Roma, 23 aprile 2024