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Associazione a delinquere: fornitore non è partecipe

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare, stabilendo che un rapporto continuativo di fornitura di stupefacenti non è di per sé sufficiente a dimostrare la partecipazione a un’associazione a delinquere. È necessario provare la consapevolezza e la volontà del fornitore di contribuire stabilmente agli scopi del gruppo criminale, un elemento che il tribunale non aveva adeguatamente motivato.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: quando il fornitore non è un complice

La distinzione tra un semplice fornitore di sostanze illecite e un membro effettivo di un’associazione a delinquere è una delle questioni più delicate nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: la continuità nelle forniture non basta, da sola, a dimostrare l’appartenenza a un sodalizio criminale. È necessaria la prova di un contributo consapevole e volontario alla vita e agli scopi dell’organizzazione. Analizziamo questo importante caso.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura cautelare in carcere con l’accusa di partecipare a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, oltre che per due specifici episodi di cessione. Secondo l’accusa, egli rivestiva il ruolo di fornitore stabile per un gruppo criminale.

La difesa ha contestato questa ricostruzione, sostenendo che il rapporto con il gruppo fosse meramente commerciale, un semplice legame tra fornitore e acquirente. A supporto di questa tesi, la difesa ha evidenziato che gli episodi di cessione contestati erano solo due, avvenuti in un arco temporale molto limitato, e che un conflitto tra le parti aveva persino portato al ferimento di un membro del gruppo acquirente, un fatto che mal si concilia con un presunto vincolo associativo.

Nonostante ciò, il Tribunale del riesame aveva confermato la misura cautelare, basandosi sulla frequenza e stabilità delle transazioni e su un rapporto fiduciario tra le parti. Da questi elementi, il Tribunale aveva dedotto una ‘consapevole adesione del ricorrente allo schema criminoso associativo’.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Secondo la Suprema Corte, la motivazione del provvedimento impugnato era insufficiente e non rispettava i principi giuridici che distinguono la mera fornitura di droga dalla partecipazione a un’associazione a delinquere.

Le motivazioni: la distinzione tra fornitura e associazione a delinquere

La Corte ha ribadito che per trasformare un rapporto di fornitura, anche continuativo, in una partecipazione associativa, è necessario un ‘salto di qualità’. Non basta la reiterazione delle cessioni, ma occorre dimostrare che il fornitore abbia superato la soglia del semplice rapporto commerciale (il cosiddetto rapporto sinallagmatico) per aderire al programma criminale del gruppo.

Il Limite tra Rapporto Commerciale e Vincolo Associativo

I giudici hanno chiarito che l’adesione al programma criminoso si desume da vari indicatori: le modalità dell’approvvigionamento, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza oggettiva che il fornitore assume per il sodalizio. La fornitura deve assumere le caratteristiche di una vera e propria somministrazione stabile, la cui interruzione avrebbe un effetto destabilizzante per l’operatività del gruppo.

In sostanza, bisogna provare l’esistenza della cosiddetta affectio societatis: la coscienza e la volontà del singolo di assicurare, con il proprio operato, un contributo stabile alla realizzazione degli scopi e alla sopravvivenza stessa dell’organizzazione criminale.

L’Insufficienza degli Indizi Valutati dal Tribunale

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il Tribunale si fosse fermato a un’analisi superficiale. Aveva valorizzato la frequenza delle transazioni come prova della partecipazione, senza spiegare perché questo dato, di per sé ambivalente, dovesse essere interpretato in senso associativo anziché come un semplice rapporto interpersonale tra venditore e acquirente. Mancava un’analisi precisa del raccordo tra i rapporti di fornitura e la consapevolezza dell’indagato di partecipare a un programma criminale più ampio, contribuendo al suo fine comune.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché traccia una linea netta: per accusare qualcuno di partecipazione a un’associazione a delinquere, non basta dimostrare che fosse un fornitore affidabile. La pubblica accusa ha l’onere di provare che l’indagato agiva con la consapevolezza di essere un tassello di un’organizzazione più grande e con la volontà di contribuire al suo successo. In assenza di una motivazione adeguata su questo punto cruciale, una misura restrittiva come la custodia in carcere non può essere considerata legittima.

Quando un fornitore di droga diventa un partecipe di un’associazione a delinquere?
Un fornitore diventa partecipe quando il suo rapporto con il gruppo supera la soglia di un mero contratto di compravendita e si trasforma in un’adesione consapevole e volontaria al programma criminale dell’associazione. È necessario che egli fornisca un contributo stabile e funzionale alla vita e agli scopi del sodalizio.

Un rapporto continuativo di fornitura è sufficiente a provare la partecipazione a un’associazione criminale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera reiterazione delle forniture è un elemento non decisivo. Occorre dimostrare che la fornitura, per stabilità, continuità e rilevanza economica, assuma la connotazione di una somministrazione illecita la cui interruzione creerebbe un danno all’operatività del gruppo.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare perché il Tribunale non ha spiegato adeguatamente perché il rapporto tra il fornitore e il gruppo criminale dovesse essere qualificato come partecipazione associativa anziché come un semplice rapporto commerciale, seppur illecito. Ha quindi rinviato il caso per un nuovo esame che tenga conto dei corretti principi giuridici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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