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Associazione a delinquere familiare: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata accusata di associazione a delinquere familiare finalizzata allo spaccio. La difesa sosteneva che i legami familiari escludessero il reato associativo, ma la Corte ha ribadito che tali legami possono, al contrario, rafforzare il vincolo criminale. Il ricorso è stato giudicato generico e non autosufficiente, confermando la misura cautelare in carcere.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a Delinquere Familiare: Quando i Legami di Sangue Rafforzano il Crimine

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso di associazione a delinquere familiare finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. La pronuncia è di particolare interesse perché ribadisce un principio fondamentale: i legami di parentela non solo non escludono la sussistenza di un’associazione criminale, ma possono, al contrario, rafforzarne la struttura e la pericolosità. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

Il Contesto: Un Sodalizio Basato sulla Famiglia

Il caso trae origine da un’indagine che ha smascherato un’intensa e strutturata attività di spaccio di stupefacenti gestita da un nucleo familiare. Le prove, raccolte tramite intercettazioni telefoniche, ambientali e servizi di osservazione, hanno delineato un quadro in cui ogni membro della famiglia aveva un ruolo ben preciso. L’odierna ricorrente, insieme alle sorelle e alla madre, era incaricata della custodia e preparazione della droga, del controllo delle giacenze, delle cessioni ai clienti e della tenuta della contabilità.

Sulla base di questi elementi, il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la donna, ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza per i reati di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90) e di associazione finalizzata al narcotraffico (art. 74 D.P.R. 309/90), sia le esigenze cautelari.

Analisi dei Motivi: I Punti Sollevati dalla Difesa sull’associazione a delinquere familiare

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione articolando quattro motivi principali:

1. Nullità dell’ordinanza originaria: Si lamentava la mancata autonoma valutazione degli indizi da parte del primo giudice, che avrebbe recepito acriticamente la richiesta del Pubblico Ministero.
2. Inesistenza dell’associazione: Si sosteneva che, trattandosi di un gruppo familiare, mancasse la struttura organizzativa tipica di un’associazione criminale.
3. Riqualificazione del reato: In subordine, si chiedeva di classificare il fatto come associazione finalizzata a fatti di lieve entità (art. 74, comma 6, T.U. Stupefacenti), dati i modesti quantitativi di droga sequestrati.
4. Insussistenza delle esigenze cautelari: Si contestava il pericolo di reiterazione del reato, ritenendo sufficienti misure meno afflittive come gli arresti domiciliari.

le motivazioni della Corte: Inammissibilità e Genericità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati, generici e non autosufficienti. Vediamo perché.

Il primo motivo sulla mancata autonoma valutazione è stato respinto in quanto la ricorrente si è limitata a una denuncia apodittica, senza indicare specifici passaggi motivazionali che avrebbero impedito una valutazione critica e, soprattutto, senza allegare al ricorso gli atti necessari (come la richiesta del PM) per consentire alla Corte un vaglio effettivo.

Il secondo motivo, il più rilevante, riguardante la configurabilità dell’associazione a delinquere familiare, è stato giudicato aspecifico. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’esistenza di un’organizzazione criminale non è esclusa dal fatto che sia composta da membri della stessa famiglia. Anzi, i rapporti parentali, sommandosi al vincolo associativo, lo rendono ancora più pericoloso e coeso. La difesa non ha contestato efficacemente la suddivisione dei ruoli all’interno del sodalizio, ampiamente descritta nell’ordinanza impugnata.

Anche il terzo motivo, sulla riqualificazione in fatto di lieve entità, è stato considerato inammissibile. La Corte ha spiegato che tale fattispecie richiede una programmazione esclusiva di fatti minori. Nel caso di specie, invece, l’attività era continua, fiorente e organizzata come una vera e propria piazza di spaccio, con un sistema di controllo del territorio, elementi incompatibili con l’ipotesi di minore gravità. Il semplice riferimento ai quantitativi sequestrati non è stato ritenuto sufficiente a smontare il complesso quadro probatorio.

Infine, riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha sottolineato l’operatività della cosiddetta “doppia presunzione” prevista dall’art. 275 c.p.p. per reati di tale gravità. La difesa non ha fornito elementi idonei a vincere tale presunzione. Al contrario, il Tribunale aveva evidenziato fattori di segno opposto, come la prosecuzione dell’attività illecita anche durante la detenzione di un altro membro della famiglia e il rinvenimento di stupefacenti in più occasioni, che dimostravano una spiccata capacità a delinquere e un concreto pericolo di reiterazione.

le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia conferma che la struttura familiare può costituire l’ossatura di un’associazione criminale pienamente operante e pericolosa. La coesione e la fiducia derivanti dai legami di sangue possono rafforzare il vincolo associativo, anziché indebolirlo. Inoltre, la sentenza ribadisce l’onere per la difesa di formulare ricorsi specifici e autosufficienti, che si confrontino puntualmente con le motivazioni del provvedimento impugnato, pena una declaratoria di inammissibilità. Per i reati di narcotraffico associativo, superare la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere richiede l’allegazione di elementi concreti e specifici che dimostrino l’assenza di pericolosità sociale.

Un legame di parentela può escludere il reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio?
No, secondo la Corte i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, possono rendere quest’ultimo ancora più pericoloso e non escludono la configurabilità del reato associativo, una volta verificata la continuità e sistematicità dell’attività di spaccio.

Perché il ricorso per cassazione contro l’ordinanza cautelare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, non si confrontavano specificamente con le argomentazioni del provvedimento impugnato e mancavano del requisito di autosufficienza (non erano stati allegati gli atti necessari, come la richiesta del PM, per permettere alla Corte di valutare le censure).

In cosa consiste la “doppia presunzione” prevista dall’art. 275 c.p.p. per reati di narcotraffico?
Si tratta di una presunzione legale secondo cui, in presenza di gravi indizi di colpevolezza per determinati reati (inclusa l’associazione finalizzata allo spaccio), si presume che esistano esigenze cautelari e che la misura adeguata sia la custodia in carcere, salvo che la difesa fornisca elementi concreti per superare tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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