Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23523 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23523 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 05/07/2001
avverso l’ordinanza del 27/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME inammissibile il ricorso.
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma, quale giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza emessa il 19/12/2024 dal GIP presso lo stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziata in ordine ai reati previsti dagli artt. 73 e 74, d.P.R., 9 ottobre 1990, n.309 (ca da B a B6 dell’imputazione provvisoria).
Il Tribunale ha preliminarmente dato atto che gli elementi indiziari erano stati tratti dagli esiti delle intercettazioni telefoniche e ambientali, dagli dei servizi di osservazione nonché da quelli delle perquisizioni e dei sequestri effettuati anche nei confronti degli acquirenti dopo la cessione della sostanza.
Ha quindi rigettato il motivo riguardante la dedotta nullità dell’ordinanza applicativa per effetto della mancata autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza; ha difatti rilevato che l’ordinanza applicativa non presentava un vizio di carente o omessa motivazione, contenendo la stessa comunque un’adeguata disamina degli elementi emersi dagli atti di indagine.
In ordine ai gravi indizi di colpevolezza ha rilevato che gli elementi di indagine suddetti avevano dato atto della sussistenza di un sodalizio operante una intensa e incessante attività di spaccio e strutturata sull stabile apporto fornito dai membri di un medesimo nucleo familiare, in cui l’odierna indagata era a tutti gli effetti ricompresa; in particolare, ha espos che l’odierna ricorrente, unitamente alledue sorelle e alla madre, provvedeva alla custodia dello stupefacente destinato alle cessioni, alla sua preparazione, al controllo delle giacenze, all’effettuazione personale delle cessioni in favore dei clienti prestando altresì ausilio in ordine alla tenuta della contabili rilevando come tali elementi emergessero in modo univoco dalle numerose conversazioni intercettate.
Ha quindi ritenuto sussistente un adeguato compendio indiziario tanto in relazione al reato associativo quanto in riferimento ai contestati reati fine.
In punto di esigenze cautelari ha ritenuto che non sussistessero elementi idonei a superare la doppia presunzione prevista dall’articolo 275, comma 3, cod.proc.pen.; attesa la gravità del fatto ascritto, in ragione del dimostrat e ininterrotto apporto prestato dall’indagata all’illecita attività di narcotraf che l’aveva dimostrata capace di muoversi all’interno di un contesto univocamente criminale; aggiungendo altresì che, in data 8 ottobre 2022, all’interno dell’appartamento sito in INDIRIZZO era stato rinvenuto lello stupefacente in un momento in cui l’indagata era sottoposta alla misura del divieto di dimora presso il Comune di Roma / 0 che aveva evidentemente
violato, emergendone quindi l’insensibilità all’effetto deterrente degl interventi dell’autorità giudiziaria; ha altresì rilevato che il success 02/02/2023, la ricorrente era stata trovata ulteriormente in possesso di sostanza stupefacente e di materiale atto al confezionamento; valorizzando anche i precedenti da cui la ricorrente risultava gravata.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.292, comma 2, lett.c) cod.proc.pen. in ordine alla mancata dichiarazione di nullità dell’ordinanza genetica per difetto di motivazione.
Ha dedotto che il Tribunale del riesame si era limitato a constatare la lacunosità dell’ordinanza applicativa senza dichiararne la nullità conseguente alla mancata autonoma valutazione in punto di gravi indizi di colpevolezza.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.74, T.U. stup., in punto configurabilità di un’associazione dedita al narcotraffico operante nella piazza di spaccio del INDIRIZZO.
Ha dedotto che, nel caso di specie, si verteva nell’ambito di un sodalizio formato da membri dello stesso nucleo familiare, ragione per cui non sarebbe sussistita la necessaria struttura organizzativa propria delle associazioni dedite al narcotraffico, vertendosi quindi in mere fattispecie di spaccio di sostanza stupefacente.
Con il terzo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.74, comma 6, T.U. stup..
Ha dedotto che, in occasione dei due sequestri effettuati presso l’abitazione del nucleo familiare, erano state rinvenuti modesti quantitativi di sostanza stupefacente; mentre le altre ipotesi emergenti dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza impugnata dovevano ritenersi inerenti a fatti di piccolo spaccio.
Con il quarto motivo ha dedotto- ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.274 cod.proc.pen., derivante dal dedotto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie anche in ipotes di concessione degli arresti domiciliari.
Ha esposto che, dopo il 2022 e fino all’emissione dell’ordinanza genetica, la ricorrente non era stata destinataria di altre contestazioni per fatti
ty- spaccio; sottolineando, comunque, l’idoneità del domicilio indicato per l’eventuale esecuzione degli arresti domiciliari.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso – con il quale è stata censurata la motivazione dell’ordinanza impugnata per non avere rilevato la causa di nullità dell’ordinanza genetica in riferimento all’art.292, comma 2, lett.c-bis cod.proc.pen. – è inammissibile in quanto, da un lato estrinsecamente aspecifico e, dall’altro, privo del necessario requisito della autosufficienza.
Va premesso che l’art.309, comma 9, ult.periodo, prevede che il Tribunale del riesame annulla, con conseguente impossibilità di esercizio dei propri poteri di integrazione, l’ordinanza applicativa di misure cautelari personali «se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degl elementi forniti dalla difesa».
Peraltro, in ordine alla relativa tematica, la giurisprudenza di questa Corte ha enucleato un preciso corpus di principi applicabili al ricorso per cassazione mediante il quale venga lamentata, da parte del Tribunale del riesame, la violazione della suddetta disposizione.
In particolare, questa Corte ha rilevato, che in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti de libertate, il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
Difatti, la nullità che la legge pone a presidio del corretto adempimento del dovere di valutazione critica non può essere relegata in una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio; difatti, quel che occorre per l’apprezzamento del vizio è che siano indicati gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asseri
accettazione acritica ha impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
La previsione del dovere di autonoma valutazione, con la sanzione di nullità per il caso di mancata osservanza, mira infatti ad evitare il rischio e a reprimere i comportamenti violativi comunque posti in essere – che l’assenza di una considerazione critica della richiesta del pubblico ministero esponga il bene della libertà personale ad aggressioni ingiustificate, impedendo peraltro al giudice dell’impugnazione cautelare di porvi successivamente rimedio con lo svolgimento, per la prima volta in quella sede, del necessario esame critico (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274760; Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME Rv. 277496).
D’altra parte, questa Corte ha avuto anche modo di precisare che il ricorrente per cassazione che denuncia la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari è tenuto – non solo – ad indicare gli aspetti dell motivazione in relazione ai quali la dedotta omissione ha impedito apprezzamenti di segno contrario, di rilievo tale da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate, ma anche ad allegare, inoltre, al ricorso i provvedimento genetico e la richiesta del pubblico ministero, nella loro integralità, onde consentire al giudice dì legittimità il vaglio dell’eccezione.
Nel caso di specie – come peraltro rilevato dal giudice del riesame – la ricorrente si è quindi limitata a denunciare in senso apodittico la violazione dell’art.292, comma 2, lett.c), cod.proc.pen., in assenza di qualsiasi effettivi indicazione dei passaggi motivazionali che avrebbero impedito una valutazione di segno contrario e, in ogni caso, non ha allegato al proprio ricorso la richiesta del pubblico ministero, di modo da non consentire a questa Corte alcun vaglio effettivo in ordine alla sussistenza del vizio dedotto.
3. Il secondo motivo è inammissibile in quanto del tutto aspecifico.
A tale proposito, in riferimento all’elemento oggettivo del reato previsto dall’art.74, T.U. stup., l’esistenza della consorteria criminosa non è esclus per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugal sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso; con la conseguenza che il legame familiare non assume alcuna valenza idonea a escludere la configurabilità del reato una volta verificata la sussistenza dei requisiti inerenti alla continuità e sistematicità dello spacci
ed alla predisposizione di una struttura operativa stabile (Sez. 1, n. 35992 del 14/06/2011, COGNOME, Rv. 250773; Sez. 3, n. 48568 del. 25/02/201, COGNOME, Rv. 268184).
Il motivo di ricorso, per l’effetto, si risolve in una generica critica a sussistenza degli elementi costitutivi dell’associazione per la dedotta assenza di ruoli specifici e predefiniti all’interno del nucleo familiare.
Il tutto, quindi, senza un effettivo confronto con le puntuali argomentazioni dell’ordinanza gravata, la quale si è ampiamente soffermata sulla previa suddivisione dei ruoli all’interno del sodalizio; specificando che NOME COGNOME doveva considerarsi il capo dell’associazione, sovrintendendo alle cessioni e ricevendo gli ordini da parte dei clienti, mentre la moglie NOME COGNOME (oltre a coadiuvare il marito nelle attività prettamente organizzative) si occupava di tenere la contabilità e di ricercare i fornitori, venendo affidate alle figlie (tra cui l’odierna ricorrente) le att di custodia in casa dello stupefacente, la correlativa predisposizione in dosi, il controllo delle giacenze, l’effettuazione personale delle cessioni e l’ausil nella tenuta della contabilità.
Il terzo motivo, inerente alla richiesta di riqualificazion dell’associazione sotto la specie di quella prevista dall’art.74, comma 6, è inammissibile in quanto del tutto aspecifico.
Deve quindi premettersi che l’associazione prevista dalla suddetta disposizione costituisce una fattispecie autonoma di reato e non una mera attenuante della fattispecie maggiore (Sez. U. 34475 del 23/06/2011, COGNOME, Rv. 250352; Sez. 1, n. 13062 del 19/03/2015, COGNOME, Rv. 263106) e la sua specificità sta nell’essere l’associazione stata “costitui per” commettere i reati previsti dall’art. 73, comma 5, T.U. stup..
Pertanto, la relativa fattispecie, è configurabile alla necessari condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti ne previsione dell’art. 73, comma 5, richiamato; e in questa prospettiva, sono rilevanti sia la genesi della associazione, sia la sua effettiva operatività (S 6, n. 49921 del 25/01/2018, Costantino, Rv. 274287; Sez. 3, n. 44837 del 06/02/2018, COGNOME Rv. 274696); mentre, in assenza di un’espressa programmazione, rileva ogni concreta azione, eventualmente eccederle il limite della lieve entità, che sia indice di una possibilità già dall’in valutata o, almeno, non esclusa.
Il configurarsi di una associazione siffatta può presumersi in presenza di una struttura ridotta e di condotte compatibili con la qualificazione in termini di lieve entità, tranne che emergano fatti eccedenti la soglia della lieve entit (a fortiori se coinvolgenti associati influenti sul gruppo).
Costituiscono dati rivelatori di un concreto pericolo di diffusione della sostanza: la reiterazione dello smercio con particolare intensità e frequenza, l’indeterminata estensione della clientela in un territorio (Sez. 6, n. 50382 del 18/11/2014, COGNOME), la disponibilità di numerosi canali di approvvigionamento e/o i contatti con organismi criminali più ampi (Sez. 6, n. 3324 dell’8/1/2015, COGNOME, n.m.), l’utilizzo di forme particolari per penetrare nel mercato o sfuggire ai controlli della polizia giudiziaria, o pe acquistare o vendere sostanze stupefacenti in quantità non modeste o con qualità peculiari o di diversa tipologia (Sez. 3, n. 26205 del 05/06/2015, Khalfi, Rv 264065; Sez. 3, n. 32695 del 27/03/2015, Genco, RV. 264491; Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep.2020, Degli Angioli Rv. 278098).
D’altra parte, va evidenziato come il necessario presupposto di sussumibilità di tutte le condotte realizzate nella fattispecie di lieve enti comporta che in tale ambito debbano essere ricomprese anche quelle tese al previo approvvigionamento della sostanza stupefacente (Sez. 1, n. 4875 del 19/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254194; fattispecie in cui la Corte ha escluso detta ipotesi in un caso in cui le sole condotte di spaccio potevano essere considerate di lieve entità, ma non altrettanto quelle di acquisto a fini dell’approvvigionamento dello stupefacente a beneficio degli associati), con la conseguenza che è compatibile con tale ipotesi speciale anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscriminato di soggetti (Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284149).
Nel caso di specie, quindi, la ricorrente ha totalmente omesso l’onere di necessario confronto con le argomentazioni contenute nell’ordinanza gravata; la quale, sulla base del complesso dell’attività intercettativa, dato atto di una continua e fiorente attività di spaccio, il tutto accompagnato da un sistema di controllo del territorio tramite vedette, sulla scorta d elementi tali da porsi in evidente incompatibilità con l’ipotesi di minore gravita, anche in conseguenza dell’organizzazione di una vera e propria piazza di spaccio.
Profili in ordine ai quali, con ragionamento evidentemente disarticolato rispetto a quello del provvedimento gravato, la ricorrente ha fatto mero riferimento al quantitativo di stupefacente sequestrato in occasione lene
due perquisizioni del 08/10/2022 e del 02/02/2023 e al dedotto carattere di piccolo spaccio da attribuire apoditticamente a tutte le altre cessioni gestit dal gruppo.
Anche il quarto motivo di impugnazione, attinente alla sussistenza delle esigenze cautelari, è inammissibile in quanto, per un verso, manifestamente infondato e, dall’altro, del tutto aspecifico.
In relazione al profilo attinente al merito delle esigenze cautelari va osservato che, sulla base del combinato tra gli artt.275, comma 3 e 51, comma 3bis, cod.proc.pen si applica la c.d. doppia presunzione ai sensi della quale – quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati elencati nell’articolo predetto (tra cui rientra quello contestato nel presente sede) – «è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
Rilevando quindi che il giudice che ritenga non vinta tale presunzione può limitarsi a dare atto dell’inesistenza di elementi idonei a superarla dovendo fornire specifica motivazione soltanto quando la difesa abbia evidenziato circostanze idonee a dimostrare l’insussistenza di esigenze cautelari e/o abbia dedotto l’esistenza di elementi specifici dai quali risul che le esigenze cautelari possono essere tutelate con misure diverse (Sez. 3, n. 48706 del 25/11/2015, J.A., Rv. 266029); fatta salva la possibilità, in capo al giudice procedente, di considerare in senso favorevole per l’indagato l’eventuale elemento temporale, ove si veda nel caso di un rilevante arco privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti c non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (da ultima, Sez. 3, n. 13129 del 18/02/2025, Memoli).
Nel caso di specie, il Tribunale ha specificamente dato atto, non solo dell’insussistenza di elementi idonei a vincere la predetta presunzione, ma anche di fattori di segno positivo idonei a dedurre un concreto a grave attuale pericolo di reiterazione della medesima specie.
In particolare, il Tribunale ha rilevato – oltre ai dati attinenti alla concr gravità del fatto ascritto, denotante una spiccata capacità a operare all’interno di un contesto delinquenziale – anche i dati rappresentati dall prosecuzione dell’attività illecita durante il periodo di detenzione di NOME COGNOME e dal rinvenimento in due occasioni, a seguito di sequestro, di
sostanza stupefacente all’interno dell’appartamento costituente la centrale operativa dell’attività; in occasione della prima di esse essendo anche stata
rilevata la violazione della misura cautelare del divieto di dimora presso il
Comune di Roma, cui l’indagata era stata sottoposta, con le conseguenti valutazioni negative in ordine all’attitudine al rispetto di una misura pi
gradata.
A fronte di tale valutazione, la ricorrente si è quindi limitato,a dedurr alcune considerazioni in punto di mancanza di prova dell’operatività
dell’associazione dopo il 2022, secondo un elemento peraltro smentito proprio dal sequestro di stupefacente avvenuto nel febbraio 2023.
Mentre, in ordine al punto di doglianza attinente all’applicazione di una misura di restrizione domiciliare, la difesa si è limitata a contestar
genericamente le argomentazioni del Tribunale, che aveva rilevato l’assenza di prova in ordine all’esistenza di un domicilio idoneo, essendo stato indicato
un indirizzo in riferimento al quale non vi era prova della sussistenza di un valido titolo di possesso o di detenzione.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Va disposta la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 10 giugno 2025
nsigliere estensore
nte ale