Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23739 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23739 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME CUI CODICE_FISCALE ) nato il 13/05/1995
avverso l’ordinanza del 20/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni dei PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale di Milano ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Milano, con la quale è stata applicata al predetto la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 poiché ritenuto organizzatore del sodalizio criminale, in diretto rapporto con NOME COGNOME promotore dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo hashish, marijuana e cocaina nonché della diretta partecipazione ai reati contestati ai capi 7), 8) e 9).
2. Il procedimento cautelare inerisce a un’indagine avviata dalle dichiarazioni auto ed etero-accusatorie rese dai collaboratori di giustizia NOME e NOME COGNOME relative ai traffici di droga posti in essere da NOME COGNOME e NOME COGNOME, operativi nel mercato dell’hashish, della marijuana e della cocaina, alle quali hanno fatto seguito servizi di osservazione e abbinamento delle utenze intercettate ai vari soggetti utilizzatori frattanto monitorati dagli operatori, dall’attività interce svolta unitamente agli esiti dell’attività investigativa dalla quale il gip prima Tribunale, in sede di riesame, poi, hanno ritenuto di poter ricavare, in termini di gravità indiziaria, l’esistenza di un sodalizio con struttura organizzata, composto da più di tre soggetti, con basi logistiche, ripartizione dei ruoli tale da garantire flusso costante di droga, mediante condotte reiterate nel tempo, attuate con il medesimo schema operativo, servendosi di un linguaggio criptico che aveva consentito di accertare ben 1.100 cessioni di sostanza stupefacente.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso proposto dalla difesa rilevando che se le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno rappresentato lo spunto investigativo, l’attività di spaccio, per la quale si è proceduto, è stata monitorata sostanzialmente in diretta, dagli operanti mediante servizi di osservazione che, in qualche caso, hanno proceduto ad arresti e sequestri, grazie anche all’attività intercettiva e alle riprese video eseguite. Da ciò ha desunto il Tribunale la non necessità di riscontri esterni alle dichiarazioni dei collaboratori dato che i reati cessione contestati sono tutti successivi alle dichiarazioni rese dai collaboratori i quali si sono limitati ad indicare in NOME COGNOME uno dei soggetti che acquistava droga all’ingrosso per poi cederla al dettaglio, con l’aiuto del fratello e di NOMECOGNOME Ha rilevato, inoltre, il Tribunale che, salva la contestazione della data d inizio dell’associazione che è apparso argomento poco significativo e rilevante, il dato oggetto di diretta percezione (maggio – ottobre 2024), in uno alle modalità di ripetizione delle condotte illecite, è stato ritenuto sufficiente alla configurazione uno stabile sodalizio e la partecipazione allo stesso da parte del ricorrente.
L’esistenza e l’operatività del sodalizio è stata ritenuta, in termini di gravi indiziaria, dal numero elevatissimo di cessioni in un periodo di osservazione breve (metà maggio – metà ottobre 2024), dalla ripartizione dei compiti, dalla preparazione di dosi e dalle successive cessioni con veri e propri turni di spaccio, in cui operavano più soggetti ben consapevoli di lavorare in gruppo, dalla consegna ai pusher di piccole quantità di dosi pronte da smerciare e, quindi, da “ricaricare” nel corso della giornata da parte di altri soggetti del gruppo al fine di limitare i danni caso di intervento della polizia, dalla mancanza di autonomia dei pusher nel praticare sconti a clienti affezionati per i quali era necessaria l’autorizzazione dei vertici; dallo stato di fibrillazione al momento dell’arresto del Delija (15.9.2024) con sospensione dell’attività per un breve periodo e dal cambiamento delle modalità di spaccio o, ancora, dai commenti in occasione dei controlli.
E’ stato evidenziato che, dopo l’arresto di NOME COGNOME (13/10/2023), lo Sharka aveva disposto temporaneamente le attività di spaccio dismettendo le utenze telefoniche usate tanto che il 24.10.2024, COGNOME NOME, detto “sugo”, informava i clienti del nuovo numero di telefono da contattare, aggiornando contemporaneamente i clienti della presenza di due nuovi ragazzi i quali, spostandosi a bordo di un monopattino, erano in grado di coprire un’ampia zona. Inoltre, è stato posto l’accento sul dialogo intercorso tra COGNOME e COGNOME che commentavano la situazione di difficoltà che il gruppo attraversava in conseguenza degli arresti effettuati.
E’ stata ritenuta emblematica ai fini della configurabilità del sodalizio la conversazione del 24 ottobre 2024 nel corso della quale COGNOME nel fornire il numero dei nuovi ragazzi precisava di essere rimasto fermo dieci giorni perché ci hanno massacrato, “mi hanno fermato tre/quattro ragazzi, espressioni queste che delineano una organizzazione ultra-individuale nella quale si inserivano le cessioni compiute materialmente dai vari ragazzi evidenziando, tra l’altro, che i cellulari venivano gestiti in maniera centralizzata poiché in tal modo era possibile contattare il gruppo anche mediante una deviazione di chiamata allo spacciatore “di turno” sulla piazza. La gestione dei cellulari è stata definita dal Tribunale “strategica motivo per il quale venivano spesso “sostituiti” e comunicati i nuovi numeri da mettere a disposizione dei clienti. E’ stato poi evidenziato che NOME disponeva delle chiavi di quello che veniva definito il “nascondiglio”, presso il condominio presso il quale abitava Sharka e dove poi venivano sequestrati 136 grammi di cocaina.
Avverso il provvedimento del Tribunale è stato proposto ricorso nell’interesse di Deljia affidandolo a due motivi.
3.1. Con il primo si deduce l’omessa motivazione in relazione alla invocata riqualificazione della fattispecie associativa contestata nel reato di cui all’art. 74, c
6, d.P.R. 309/1990 avuto riguardo alla circostanza che dal 2022 al momento della esecuzione della ordinanza genetica vi sarebbe stato un solo sequestro di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di 136 grammi. Del pari il Tribunale non ha motivato circa gli elementi da valutare ai fini del riconoscimento delle ipotesi di cui all’art. 73 co. 5 d.P.R. n. 309/1990.
3.2. Con il secondo motivo la difesa censura la manifesta illogicità della motivazione posta in relazione alla ritenuta idoneità della sola misura della custodia cautelare in carcere e alla inidoneità della misura degli arresti domiciliari anche con particolari modalità di controllo.
Il P.G., in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
E’ necessario rammentare che il ricorso per cassazione pe’r vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, avuto riguardo alla sua peculiare natura e ai suoi limiti, ha ad oggetto solo la verifica delle censure che attengono alla adeguatezza delle ragioni spiegate dai giudici di merito e la loro rispondenza ai principi di dirit e ai canoni di logica che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME/li, Rv. 276976).
Gli argomenti spesi dalla difesa, che si duole della mancata riqualificazione della fattispecie associativa contestata nella previsione di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R. n.309/1990 sono del tutto generici e non si confrontano con l’apparato motivazionale posto dal Tribunale a fondamento della reiezione dell’argomento difensivo che era già stato posto all’attenzione del giudice del riesame e che è stato affrontato e risolto in maniera tutt’altro che illogica, incongrua o carente.
Il Tribunale ha dapprima delineato il ruolo del NOME come “organizzatore” del sodalizio in quanto dal compendio intercettivo si evince che costui è il soggetto più vicino a NOME, ritenuto capo della consorteria, tanto da avere la disponibilità delle chiavi del nascondiglio; NOME è stato individuato come colui che gestiva fattivamente “il centralino” al quale effettuare le ordinazioni, come risulterebbe
dalla circostanza che costui, all’atto della perquisizione eseguita in occasione della esecuzione della misura cautelare, veniva trovato in possesso di nove telefoni cellulari e della contabilità del gruppo oltre che di alcuni pezzi di sostanza stupefacente del tipo hashish, di una busta contenente cocaina del peso di 27,49 grammi e due involucri contenenti 3,65 e 0,25 grammi di stupefacente della stessa natura.
Nel prosieguo il Tribunale, anche facendo proprie le argomentazioni spese nell’ordinanza genetica, ha argomentato che la scelta di compiere cessioni per piccole quantità non costituisce un indice di minore pericolosità del sodalizio avuto riguardo alle numerosissime cessioni e ai ritmi di lavoro che, addirittura, venivano considerati da alcuni degli indagati, “insostenibili”.
E’ stato, inoltre, messo in evidenza come le dinamiche accertate nel corso dell’attività di indagine sono quelle di un vero e proprio “centralino” al quale effettuare le numerosissime ordinazioni cui faceva seguito la consegna, sempre con le stesse modalità, di un involucro di carta stagnola, del medesimo peso e al medesimo prezzo. Centralino che ciclicamente veniva sostituito con uno nuovo e attraverso il quale gli stessi “addetti” comunicavano ai clienti abituali l’adozione del nuovo numero da contattare a cambio di utenza avvenuta. Sulla scorta della valutazione dei mezzi, modalità e circostanze dell’azione nonché in considerazione della organizzazione e la strutturalità dell’offerta è stato ritenuto argomentatannente di potersi escludere la ricorrenza della ipotesi di cui al comma 6 dell’art. 74 D.P.R. n. 309/1990.
Quanto al riconoscimento delle ipotesi di cui all’art. 73 co. 5 D.P.R. cit. è stato richiamato il passaggio del GIP dove si pone l’accento sul fatto che il dato quantitativo rappresenta solo uno degli elementi da valutare per il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 co. 5 d.P.R. cit. dovendosi anche valutare i mezzi, l modalità e le circostanze dell’azione che in questo caso, in considerazione della organizzazione (cessione previo appuntamento telefonico) e la strutturalità dell’offerta sul mercato possono escludere i che i fatti presentino i caratteri della lieve entità.
4. Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha richiamato la presunzione di cui all’art. 275, co. 3 cod. proc. pen. dando conto del concreto e attuale pericolo di reiterazione criminosa, desumendolo dalle modalità e circostanze delle condotte, indicative di una manifestata competenza organizzativa oltre che di una particolare pervicacia avendo posto in essere le condotte a dispetto dei controlli e degli arresti avvenuti nel corso delle indagini. Il Tribunale, inoltre, per un verso ha rilevato la mancanza di elementi atti a superare la presunzione di pericolosità e, per altro, verso, ha valorizzato la circostanza che l’attività era proseguita anche
successivamente, come risultava dalla informativa integrativa del Commissariato
P.S. di Bonola del 18.12.2024. Argomenti con il quale il ricorrente, non si confronta.
Con motivazione non illogica e coerente con le emergenze acquisite, il
Tribunale ha ritenuto che, solo la più grave misura sarebbe idonea a garantire l’effettiva recisione dei rapporti con quegli ambiti, ritenendo inadeguata la misura
domiciliare, anche elettronicamente presidiata, alla stregua della manifestata personalità, non meritevole di credito, ma anche della natura dei reati, tale da
rendere del tutto agevole la prosecuzione dei traffici dal domicilio.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in euro tremila in favore della Cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 10 aprile 2025