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Associazione a delinquere: annullata condanna per droga

Un uomo, condannato in appello per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna, rilevando una grave carenza di motivazione da parte dei giudici di secondo grado. Secondo la Cassazione, non era stato adeguatamente dimostrato l’elemento fondamentale dell’organizzazione stabile, necessario per distinguere l’associazione criminale dalla semplice partecipazione a singoli episodi di spaccio. Il caso è stato rinviato a un’altra Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: la Cassazione chiarisce i requisiti di prova

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7671/2024) ha annullato una condanna per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, sottolineando un principio fondamentale: per condannare, non basta provare la reiterazione di reati, ma è necessario dimostrare l’esistenza di una vera e propria struttura organizzativa. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere la differenza tra il semplice concorso in reati di spaccio e la partecipazione a un sodalizio criminale stabile.

I fatti del processo

Il caso nasce da una sentenza della Corte d’Appello di Perugia, che aveva confermato la condanna di un imputato per il reato di cui all’art. 74 del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti). La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza, tra cui una motivazione carente o addirittura assente sulla prova dell’esistenza dell’associazione e della sua effettiva partecipazione ad essa.

Secondo il ricorrente, la Corte territoriale si era limitata a basare la condanna su testimonianze di agenti di polizia, sul contenuto di intercettazioni e sulla mera ripetizione di cessioni di droga, senza però indicare elementi concreti che dimostrassero la presenza di un’organizzazione stabile, un programma criminale permanente e un contributo consapevole e non episodico da parte sua.

I requisiti probatori per l’associazione a delinquere

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici supremi hanno ribadito che, per configurare il grave reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, non è sufficiente la prova che più persone abbiano commesso insieme dei reati. È indispensabile dimostrare la presenza di tre elementi fondamentali:

1. Un gruppo stabile: L’esistenza di un gruppo di almeno tre persone consapevolmente aggregate per commettere una serie indeterminata di reati legati agli stupefacenti.
2. L’organizzazione: La presenza di una struttura organizzativa, anche rudimentale, di persone e mezzi, finalizzata al raggiungimento del fine illecito comune. Questo elemento implica un accordo che va oltre la singola operazione e mira a un piano criminale duraturo.
3. Il contributo individuale: L’apporto apprezzabile e non occasionale di ciascun associato, che deve contribuire alla stabilità e alla vita del gruppo criminale.

Questo profilo organizzativo è ciò che distingue l’associazione dal semplice concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.), conferendo al sodalizio quella particolare offensività che giustifica una punizione più severa.

La decisione della Cassazione sulla prova dell’associazione

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha riscontrato che la sentenza d’appello presentava una ‘motivazione scarna’, caratterizzata da continui rinvii alla sentenza di primo grado, che non permettevano di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dai giudici. La Corte d’Appello, infatti, aveva omesso di illustrare da quali elementi probatori avesse desunto l’esistenza degli elementi costitutivi dell’associazione a delinquere. Non possono essere considerati sufficienti, secondo la Cassazione, né i generici richiami alle conclusioni della polizia giudiziaria, né i riferimenti a reati (peraltro non contestati al ricorrente) senza una valutazione critica del loro significato in chiave associativa.

le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sull’assoluta necessità che il giudice di merito non solo elenchi le prove, ma spieghi come queste dimostrino in modo concreto e logico l’esistenza di un’organizzazione stabile e permanente. La semplice reiterazione di cessioni di stupefacenti, pur essendo un indizio, non è di per sé prova sufficiente di un’associazione, potendo al più indicare una collaborazione occasionale tra più soggetti. Mancando nella sentenza impugnata un’analisi critica che collegasse le prove (intercettazioni, testimonianze) alla struttura organizzativa del gruppo, la motivazione è stata giudicata meramente apparente e, pertanto, la condanna è stata annullata.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. I nuovi giudici dovranno riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto enunciati, ovvero verificando con rigore se le prove raccolte siano effettivamente in grado di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, non solo la commissione dei reati-fine, ma soprattutto l’esistenza di quella struttura organizzativa stabile che costituisce il cuore del reato di associazione a delinquere. Questa sentenza ribadisce l’importanza di una motivazione rigorosa come garanzia fondamentale per l’imputato.

Qual è la differenza tra semplice spaccio e associazione a delinquere?
La differenza fondamentale risiede nella struttura. Lo spaccio può essere un’azione isolata o compiuta in concorso con altri. L’associazione a delinquere, invece, richiede l’esistenza di un accordo stabile e di un’organizzazione, anche minima, tra tre o più persone, finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati legati alla droga.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Cassazione ha annullato la condanna perché la motivazione della sentenza della Corte d’Appello era ‘scarna’ e insufficiente. I giudici d’appello non avevano spiegato in modo chiaro e logico quali prove dimostrassero l’esistenza di una stabile organizzazione criminale, limitandosi a richiami generici non sufficienti a fondare una condanna per un reato così grave.

Cosa succede ora all’imputato?
La sentenza è stata annullata con ‘rinvio’. Ciò significa che si dovrà celebrare un nuovo processo d’appello davanti a una diversa sezione della Corte d’Appello (in questo caso, quella di Firenze). I nuovi giudici dovranno riesaminare tutte le prove e decidere nuovamente, seguendo i principi legali indicati dalla Cassazione, in particolare sulla necessità di provare rigorosamente l’elemento organizzativo dell’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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