Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32366 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/10/2024 della Corte d’appello di Genova Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio avvocato NOME NOME, che chiede l’annullamento della sentenza insistendo
udito il difensore, sui motivi del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 21 ottobre 2024, confermava la condanna di NOME COGNOME alla pena di anni tre di reclusione e 34.000 euro di multa per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più reati di cui all’art. 12 d.lgs. n. 286/98, oltre a quattro reat fine, pronunciata in primo grado dal Tribunale di Genova.
L’affermazione di penale responsabilità contenuta nei provvedimenti di merito si fonda sulle sentenze di primo grado, alcune passate in giudicato – relative a coimputati che avevano definito le rispettive posizioni processuali con differenti riti
– che hanno accertato la sussistenza dell’associazione per delinquere costituita dal COGNOME, sulle attività captative, nonché sulle sostanziali ammissioni degli addebiti da parte di COGNOME.
All’imputato è contestato di avere fatto parte di una associazione finalizzata a favorire l’ingresso nel Regno Unito dall’Italia di cittadini albanesi; egli, particolare, aveva fornito i documenti falsi alla originaria coindagata Lanzo con la piena consapevolezza, la cui prova discende dalle conversazioni intercettate, della finalità di tali documenti.
Avverso tale decisione proponeva ricorso l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. in relazione all’art.416 cod. pen. e relativo vizio di motivazione circa la ritenuta sussistente responsabilità dell’imputato.
Lamenta il ricorrente come sia stato ritenuto fondamentale l’interrogatorio dell’imputato, equiparato ad una confessione, benché alcuni aspetti del suo rapporto con i coimputati, per come dallo stesso raccontati, non siano stati ritenuti provati.
Sosteneva il ricorrente l’inconsapevolezza da parte di COGNOME dell’esistenza di una associazione, ritenendo che si trattasse di un affare di famiglia riguardante il marito e i parenti della cugina.
La Corte di Appello ha ritenuto che COGNOME sapesse di agire di concerto quanto meno con la cugina, il marito di NOME e il fratello NOME, ma ciò non sarebbe sufficiente per sostenere un’accusa di associazione a delinquere.
Inoltre, l’apporto di COGNOME sarebbe molto limitato; anche la proposta di fornire una pluralità di documenti è stata un’affermazione isolata; in definitiva non vi sarebbe prova alcuna di adesione al sodalizio criminoso.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alle aggravanti di cui ai commi primo, secondo, quinto e sesto dell’art. 416 cod. pen. e all’aggravante di cui all’art. 61-bis cod. pen., nonché al giudizio di bilanciamento.
Il Tribunale non avrebbe reso una motivazione soddisfacente circa l’applicazione delle aggravanti.
L’aggravante di cui al comma quinto sarebbe decaduta autom ticamente in ragione dell’assoluzione di alcuni originari coindagati; le aggravanti cui al primo e al terzo comma non sarebbero contestabili al ricorrente che è un mero partecipe; l’aggravante di cui al comma sesto non sussisterebbe perché il riferimento all’art. 12 d.lgs n. 286/98 imporrebbe la contestazione di due aggravanti che, nel caso di specie, non vi sarebbero poiché l’utilizzo dei documenti contraffatti non sarebbe contestato a COGNOME, bensì solo alla cugina.
L’avere operato un aumento di pena contenuto per il reato associativo non avrebbe mandato esente la Corte deilla necessità di motivare la conferma della sentenza di primo grado per essere venute meno le aggravanti.
Pertanto, l’art. 114 cod. pen. non poteva essere ritenuto equivalente e le circostanze attenuanti sarebbero dovute divenire prevalenti con conseguente riduzione della pena.
Non sussisterebbe – poi – l’aggravante della transnazionalità poiché tutti i soggetti coinvolti si trovavano sul territorio italiano; i clandestini albanesi non possono essere considerati compartecipi e non sono state svolte indagini per scoprire se in territorio britannico vi fossero dei complici.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. per avere la Corte di Appello contestato circostanze ignote all’imputato e ai difensori.
La Corte non ha ritenuto di applicare la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. in ragione di un precedente che non risultava dal casellario dell’imputato inserito in atti.
Il rigetto del relativo motivo di appello si fondava – a parere del ricorrente su un elemento ignoto al difensore e all’imputato, cioè l’intervenuta condanna definitiva, utilizzato in violazione del diritto di difesa.
La recidiva semplice ritenuta dalla Corte di Appello in assenza di contestazione da parte del pubblico ministero non poteva essere valida ragione per rigettare l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato nei termini che seguono.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Lo sviluppo argomentativo della Corte, laddove non ha dato rilievo ad alcuni aspetti del racconto dell’imputato, circa, ad esempio, i pregressi rapporti con la cugina, rapporti che, come correttamente ritenuto nel provvedimento impugnato, in ogni caso ben poco avrebbero rilevato ai fini della responsabilità per il contestato reato (pagg 8 e 9), è in perfetta linea con il seguente insegnamento che si richiama e ribadisce, secondo il quale in tema di valutazione della prova, il giudice di merito, in base al principio della scindibilità delle dichiarazioni, ben può ritenere veridica solo una parte della confessione resa dall’imputato, e nel contempo disattenderne altre parti, allorché si tratti di circostanze tra loro non interferent sul piano logico e fattuale (nella specie, la giustificazione della condotta omicidiaria, pure ammessa, in termini di legittima difesa), e sempre che giustifichi
la scelta con adeguata motivazione (Sez. 1, n. 7792 del 16/12/2020, dep. 2021, Messina, Rv. 280502 – 01)
Il ricorrente ribadisce, poi, un argomento già fatto oggetto di un motivo di gravame rigettato dalla Corte e, cioè, la circostanza che l’imputato, lungi dal volere partecipare ad una associazione per delinquere, pensasse di collaborare ad un affare familiare.
La Corte di appello alle pagine 9 e 10 dà ampia motivazione della inconsistenza di tale motivo di gravame in ragione della piena consapevolezza del COGNOME – che emerge sia dalle conversazioni intercettate, sia delle sue dichiarazioni – di collaborare con una pluralità di soggetti, fra i quali la cugina, fratello, il marito della cugina ed altri soggetti ancora per procurare dei documenti falsi.
Sempre in ragione del contenuto delle conversazioni intercettate, la Corte dà conto del fatto che la collaborazione del COGNOME si profilava come strutturale alla organizzazione e non episodica: mettere a disposizione dei sodali una pluralità di documenti contraffatti e cercare di assicurarsi uno stabile canale di approvvigionamento appaiono condotte integranti il contributo in contestazione.
In tema di associazione per delinquere, la condotta di partecipazione si distingue da quella del concorrente ex art. 110 cod. pen. perché, a differenza di questa, implica l’esistenza del “pactum sceleris”, con riferimento alla consorteria criminale, e della “affectio societatis”, in relazione alla consapevolezza del soggetto di inserirsi in un’associazione vietata; ne consegue che è punibile, a titolo di partecipazione e non in applicazione della disciplina del concorso esterno, colui che presta la sua adesione ed il suo contributo all’attività associativa, anche per una fase temporalmente limitata (Sez. 2, n. 47602 del 29/11/2012, Miglionico, Rv. 254105 – 01).
1.2 Il secondo motivo di ricorso è parzialmente fondato.
La Corte nell’impugnato provvedimento ha chiarito che le aggravanti di cui all’art. 416, comma primo e comma terzo, cod. pen. non riguardano la posizione di COGNOME, che è stato indicato come mero partecipe dell’associazione per delinquere; quanto all’aggravante di cui all’art. 416, comma quinto, cod. pen., il giudice di primo grado ne aveva già escluso la sussistenza, avendo ridotto i componenti della associazione ad un numero inferiore e dieci.
Corretto è, per contro, il rilievo quanto alla insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416, comma sesto, cod. pen., come riferita all’art. 12, comma 3-bis, d.lgs. n. 286/98.
L’art. 12 comma 3-bis citato prevede un aumento di pena qualora ricorrano due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 3, che nello
specifico sono individuate nelle circostanze indicate alla lett. d), relative al numero delle persone superiore a tre e con l’utilizzo di documenti contraffatti.
Tale ultima aggravante è stata dichiarata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 63/2022 costituzionalmente illegittima «limitatamente alle parole utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti»: detta aggravante, quanto meno in rubrica e nella descrizione del fatto, risulta contestata ai capi A6), A7) e A10) con il meccanismo del rimando attraverso l’art. 416, comma sesto, cod. pen.
La declaratoria di incostituzionalità della medesima ne comporta l’elisione con ogni conseguenza sul piano sanzionatorio, con particolare riguardo al giudizio di cui all’art. 69 cod. pen. che il giudice del rinvio, previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in parte qua, dovrà rimodulare.
Infondate, per contro, sono le osservazioni critiche circa la sussistenza dell’aggravante della transnazionalità, poiché – come rilevato nell’impugnato provvedimento – ai fini dell’applicazione dell’aggravante speciale della transnazionalità di cui all’art. 51-bis cod. pen., è sufficiente che le attività illecite siano realizzate in diversi Stati e che all’estero possa trovarsi anche uno soltanto dei componenti del gruppo, chiamato a svolgere un’attività essenziale per la perpetrazione degli illeciti, in quanto sono le attività criminali consumate in più di uno Stato che qualificano come transnazionale il gruppo criminale. (Sez. 2, n. 11957 del 27/01/2023, Valeriani, Rv. 284445 – 01): come rilevato nell’impugnato provvedimento, l’ingresso dei cittadini albanesi nel territorio britannico era organizzato anche attraverso il passaggio in territorio francese.
1.3 Il terzo motivo di ricorso è infondato.
L’impugnato provvedimento alla pag. 13 dà ampio conto della ragione che non consente il riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, principalmente in ragione del limite edittale di pena previsto dall’art. 131-bis cod. pen. nettamente inferiore alla pena edittale prevista per il reato di cui all’art 12, comma 3, d.lgs. n. 286/98; in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, infatti, al fine di vagliare la sussistenz dei presupposti di applicazione dell’istituto, deve aversi riguardo alla pena edittale prevista per il reato, indipendentemente da eventuali riduzioni premiali per il rito prescelto (Sez. 5, n. 38447 del 08/06/2023, Bimbi, Rv. 285137 – 01).
Né può essere ritenuta di una qualche pregnanza l’ulteriore questione relativa all’elemento utilizzato a sorpresa, in quanto non emergente dagli atti e costituito da una precedente condanna dell’imputato risultante dal certificato penale aggiornato, che non può, all’evidenza, essere ritenuta elemento sconosciuto al medesimo e del quale, dunque, egli non può dolersi.
In ragione delle superiori ragioni l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416, sesto comma, cod. pen. in relazione all’aggravante di cui all’art. 12, comma 3-bis, d.lgs. n. 286/98 e art. 12, comma 3, lett. d), d.lgs. n. 286/1998; gli atti debbono essere rinviati ad altra sezione dellà Corte di appello di Genova per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, con rigetto nel resto.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 416, sesto comma, c.p., in relazione all’aggravante di cui all’art. 12, comma 3-bis, d.lgs. n. 286/98, contestata al capo a), e alla circostanza aggravante di cui all’art. 12, comma 3, lett. d), d.lgs. n. 286/98, contestata ai capi a6), a7) e a10), aggravanti che elimina.
Rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto il riCorso.
Così è deciso, 30/05/2025