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Associazione a delinquere: acquisto stabile di droga

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6006 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro un’ordinanza di arresti domiciliari. La Corte ha confermato che l’acquisto sistematico e continuativo di sostanze stupefacenti da un’organizzazione criminale, unito alla consapevolezza della sua struttura, costituisce un grave indizio di partecipazione all’associazione a delinquere, rendendo irrilevante la richiesta di derubricazione dei singoli reati di spaccio a fatti di lieve entità ai fini della misura cautelare.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione a delinquere: l’acquisto stabile di droga è partecipazione?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 6006/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di stupefacenti: quali condotte integrano la partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico? La pronuncia chiarisce che l’acquisto sistematico e stabile di sostanze illecite può, a determinate condizioni, configurare un grave indizio di colpevolezza per il reato associativo, anche per chi si limita a comprare. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dagli Arresti Domiciliari al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Bari che, in sede di riesame, confermava la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di una donna, indagata per partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990) e per plurimi reati di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/1990).

La difesa della donna ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Insussistenza dei gravi indizi per l’associazione a delinquere: Si sosteneva che le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia escludessero i contatti tra l’indagata e il capo dell’associazione, indicando un diverso fornitore.
2. Errata qualificazione dei reati di spaccio: Si richiedeva di qualificare i singoli episodi di spaccio come fatti di lieve entità (art. 73, comma 5), data la modesta portata dell’attività.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei presupposti per le misure cautelari e dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo principi consolidati in materia.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha sviluppato un percorso argomentativo chiaro e rigoroso per giustificare la propria decisione.

L’Acquisto Stabile e la Partecipazione all’Associazione a Delinquere

Riguardo al primo motivo, la Corte ha ritenuto la censura manifestamente infondata. I giudici di legittimità hanno sottolineato che, in fase cautelare, non è richiesta la prova piena della colpevolezza, ma la presenza di “gravi indizi”, intesi come una qualificata probabilità di responsabilità.

Il Tribunale del riesame aveva correttamente valorizzato una serie di elementi fattuali che, nel loro complesso, delineavano un quadro indiziario solido a carico dell’indagata. Nello specifico, erano emersi:
* Acquisti sistematici e protratti nel tempo di droga direttamente dal promotore dell’associazione.
* Modalità di comunicazione laconiche e standardizzate, tipiche di un rapporto consolidato e fiduciario.
* Il capo dell’associazione come unico canale di approvvigionamento, indicando un legame di esclusiva.
* Frequenza e quantità rilevanti delle forniture.
* Utilizzo sistematico degli stessi corrieri per le consegne.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano la piena consapevolezza dell’indagata di inserirsi in una struttura organizzata e stabile, aderendo al suo programma criminale. La costante disponibilità all’acquisto garantiva l’operatività del sodalizio, manifestando quella “affectio societatis” che è il cuore della partecipazione associativa. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, inoltre, sono state ritenute non decisive perché si riferivano a un periodo antecedente a quello oggetto delle indagini principali.

L’Interesse ad Agire nel Ricorso Cautelare

Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione di natura processuale: la carenza di interesse. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso contro una misura cautelare è ammissibile solo se il suo accoglimento produce un effetto concreto e favorevole per l’indagato, incidendo sull’esistenza (“an”) o sulle modalità (“quomodo”) della misura stessa.

Nel caso di specie, anche se i singoli episodi di spaccio fossero stati riqualificati come “fatti di lieve entità”, la misura degli arresti domiciliari sarebbe rimasta pienamente giustificata dalla contestazione del ben più grave reato di associazione a delinquere. Poiché il titolo cautelare principale rimaneva valido e idoneo a sostenere la misura, la richiesta di riqualificazione dei reati minori diventava irrilevante ai fini pratici, determinando l’inammissibilità del motivo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza 6006/2024 della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida l’orientamento secondo cui la condotta dell’acquirente “stabile” e “fidelizzato” può trascendere il mero ruolo di cliente per diventare un tassello funzionale all’operatività di un’organizzazione criminale, configurando così una vera e propria partecipazione. In secondo luogo, ribadisce i rigorosi limiti processuali per l’impugnazione delle misure cautelari, che non possono essere utilizzate per sollevare questioni giuridiche astratte, ma devono mirare a un risultato pratico e tangibile per la libertà personale dell’indagato. Questa pronuncia serve quindi come un chiaro monito sulla gravità e sulle conseguenze legali che possono derivare da rapporti continuativi e strutturati nel mondo del narcotraffico.

L’acquisto continuo di droga da uno stesso fornitore può essere considerato partecipazione a un’associazione a delinquere?
Sì. Secondo la Corte, la costante disponibilità all’acquisto, la stabilità del rapporto, l’uso di canali esclusivi e modalità di comunicazione criptiche possono dimostrare la consapevolezza della struttura associativa e l’adesione al programma criminale, integrando così la partecipazione all’associazione.

È possibile impugnare una misura cautelare solo per ottenere una riqualificazione del reato in una forma meno grave?
No, non sempre. La Corte ha stabilito che l’interesse a impugnare per una diversa qualificazione giuridica del fatto sussiste solo se tale modifica ha un effetto concreto sulla misura cautelare applicata (ad esempio, la sua revoca o modifica). Se un’altra accusa più grave giustifica comunque la misura, il ricorso su questo punto è inammissibile per mancanza di interesse.

Cosa si intende per “gravi indizi di colpevolezza” in fase cautelare?
Si tratta di un insieme di elementi a carico di una persona che, pur non essendo una prova definitiva, fondano una qualificata probabilità di colpevolezza. Non è richiesta la certezza “oltre ogni ragionevole dubbio” necessaria per una condanna, ma una valutazione prognostica sulla futura dimostrazione della responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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