Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32351 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna
nel procedimento a carico di
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avverso l’ordinanza emessa il 27 marzo 2024 dal Tribunale di Bologna;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello cautelare, proposto dal medesimo Pubblico ministero, avverso il punto dell’ordinanza cautelare ex art. 282-bis cod. proc. pen., emessa nei confronti di NOMECOGNOME per il reato di maltrattamenti aggravati in danno della moglie, relativo all’imposizione dell’obbligo di corrispondere alla moglie un assegno di mantenimento di euro 1000 mensili a decorrere dal primo mese nel quale l’indagato riprenderà ad espletare la propria attività lavorativa.
Il Tribunale ha ritenuto non impugnabile tale punto della decisione in quanto relativo alla specificazione delle modalità e termini di adempimento dell’obbligazione imposta all’indagato.
1.1 Con un unico motivo deduce vizi mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, evidenziando i seguenti profili di criticità: 1) manca una motivazione sulla natura di sostanziale rigetto della richiesta di imposizione della suddetta prescrizione economica, posto che il suo adempimento viene di fatto rimesso alla volontà dell’indagato, privando, al contempo, le persone offese delle risorse necessarie al sostentamento. A tal fine, si richiamano anche le argomentazioni esposte nell’atto di appello in cui si censurava il punto della decisione, in quanto secondo l’id quod plerumque accidit è possibile ottenere il rilascio immediato di un duplicato della patente e, in ogni caso, l’indagato avrebbe potuto provvedere all’obbligo di mantenimento con i propri risparmi; 2) anche laddove si volesse condividere l’argomentazione secondo la quale tale punto riguarda la determinazione delle modalità e termini del versamento, la motivazione appare, comunque, carente e manifestamente illogica, laddove ha ritenuto che tale punto rientra nella esclusiva discrezionalità del giudice e non può essere autonomamente impugnato. Tale valutazione, prosegue il ricorrente, è in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che, in altre occasioni, ha ritenuto autonomamente impugnabili le statuizioni di carattere accessorio delle misura cautelari personali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
La prima questione che il ricorso pone attiene alla natura delle prescrizioni di carattere economico che il giudice della cautela può imporre contestualmente o anche successivamente all’applicazione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare prevista dall’art. 282-bis cod. proc. pen.
Il terzo comma di tale disposizione prevede, infatti, che il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può, altresì, ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.
Ai sensi del successivo quarto comma, i provvedimenti di cui ai commi 2 (divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa) e 3 (prescrizioni economiche) possono essere assunti anche successivamente al provvedimento che impone l’allontanamento dalla casa familiare, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. In ogni caso, la sorte di detti provvedimenti è strettamente correlata alle vicende che interessano la misura cautelare cui accedono e, pertanto, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se questa è revocata o perde comunque efficacia.
L’ultimo periodo del quarto comma dell’art. 282-bis prevede, inoltre, una ulteriore causa di inefficacia sopravvenuta delle prescrizioni di carattere economico disposte a favore del coniuge o dei figli, nell’ipotesi in cui sopravvenga un provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.
Il quinto comma dell’art. 282-bis prevede, infine, che il provvedimento contenente le prescrizioni economiche può essere modificato se mutano le condizioni dell’obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.
Ritiene il Collegio che la misura di carattere patrimoniale prevista dal terzo comma dell’art. 282-bis costituisce una misura autonoma, sebbene necessariamente accessoria (o sussidiaria) rispetto a quella dell’allontanamento dalla casa familiare (tanto che diviene inefficace se è revocato o diventa inefficace il provvedimento cautelare coercitivo cui accede).
Tale tesi trova un suo avvallo anche in dottrina ove si è sostenuto che l’art. 282bis cod. proc. pen. introduce nel sistema due nuove forme di misure cautelari, una a carattere coercitivo e l’altra a contenuto patrimoniale.
A conferma di tale natura va, in primo luogo, considerata la ratio della misura in esame, la quale, ampliando alla sfera patrimoniale il raggio di tutela offerto dall’allontanamento dalla casa familiare, è volta ad evitare che detta misura, pur assicurando una protezione “fisica” della persona offesa, possa avere degli effetti pregiudizievoli per le esigenze di mantenimento delle persone conviventi.
Si tratta, inoltre, di una misura che: a) non può essere adottata autonomamente, ma accede alla sola misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (cfr. Sez. 6, n. 30736 del 12/05/2009, Rv. 244400 che ne ha escluso l’applicabilità in relazione alla misura della custodia cautelare; b) può essere adottata contestualmente all’ordinanza cautelare, ma anche in tempi successivi; c) è connotata da una tendenziale provvisorietà, legata, da un lato, alle sorti del provvedimento cautelare principale cui accede e, dall’altro lato, all’eventuale avvio di un procedimento civile e all’adozione dei provvedimenti provvisori volti a regolamentare i rapporti economico patrimoniali tra i coniugi e/o verso i figli.
Sotto tale ultimo profilo, la misura patrimoniale in esame costituisce, dunque, una misura di carattere eventualmente anticipatorio dell’omologo provvedimento adottabile dal giudice civile ove penda una controversia riguardante i rapporti economici tra i coniugi o il mantenimento dei figli (art. 282-bis, comma 4, ultimo periodo.
Così inquadrata la misura in esame, occorre spostare l’attenzione sulla sua concreta conformazione nella vicenda in esame, avendo il Tribunale previsto che l’assegno di mantenimento sarà versato dall’indagato a partire dal primo mese nel quale riprenderà ad espletare la propria attività lavorativa.
Secondo il ricorrente, attraverso l’imposizione della condizione di efficacia della misura patrimoniale, il Tribunale avrebbe di fatto, rigettato la richiesta, rimettendo l’adempimento delle prescrizioni economiche alla discrezionalità dell’indagato. Sotto altro concorrente profilo, la Procura Generale ha, invece, sostenuto che la condizione apposta, essendo incerta nell’an e nel quando e rimessa alla mera discrezionalità del sottoposto, finisce per privare di effettività la stessa misura patrimoniale, vanificando l’esigenza protettiva del nucleo familiare che ne giustifica l’emissione.
Ritiene il Collegio che tali concorrenti argomentazioni, pur cogliendo nel segno laddove evidenziano la contrarietà della condizione alla ratio della misura stessa e la
compromissione della sue stessa efficacia, meritano di essere integrate con una ulteriore considerazione.
Il Tribunale, infatti, basandosi sulle allegazioni del ricorrente, ha sostanzialmente apposto alla misura patrimoniale applicata una condizione meramente potestativa che, agli effetti civili, deve considerarsi nulla e priva di effetto (cfr. art. 1355 c civi.) in quanto rimette l’esecuzione dell’obbligo di mantenimento alla mera scelta dello stesso soggetto obbligato.
Va, infine, esaminata l’ulteriore questione relativa alla possibilità di impugnare il punto della misura patrimoniale relativa alle sue modalità esecutive.
Anche con riferimento a tale questione il Tribunale è incorso in un duplice errore giuridico, ritenendo che la specificazione delle modalità esecutive della misura sia rimessa alla assoluta ed insindacabile discrezionalità del giudice.
Si tratta di una conclusione difforme dal consolidato orientamento di questa Corte che ritiene impugnabili e, dunque, sindacabili, le decisioni afferenti alle modalità esecutive delle misure cautelari, quando suscettive di ripercuotersi in maniera stabile sulla misura principale. Si è, ad esempio, affermato che è impugnabile, con l’appello cautelare, il provvedimento di diniego di concessione dell’autorizzazione ad assentarsi per lo svolgimento di attività lavorativa, risolvendosi in una modalità di carattere permanente che incide in misura apprezzabile sul regime cautelare (Sez. 4, n. 11406 del 23/02/2016, COGNOME, Rv. 266303); ad analoghe conclusioni si è pervenuti in relazione ai provvedimenti relativi all’autorizzazione a recarsi per ragioni di lavoro al di fuori del luogo di dimora obbligata (cfr. Sez. 3, n. 45344 del 06/10/2011, COGNOME, Rv. 251617) ed ai provvedimenti afferenti le modalità di esecuzione dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, che incidono in modo apprezzabile e prolungato sul regime di vita della persona e sul tasso di afflittività della misura (cfr. Sez. 6, n. 13718 del 03/03/2020, COGNOME, Rv. 278758).
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche con riferimento alla impugnabilità delle prescrizioni relative all’esecuzione dell’obbligazione pecuniaria imposta ai sensi dell’art. 282-bis, comma 3, cod. proc. pen., sia pure per ragioni diverse, correlate alla ratio della misura patrimoniale in esame ed alla esigenza di non vanificare le finalità di tutela del familiari conviventi, esponendoli ad un rischio di vittimizzazione “indiretta” e/o secondaria,
Alla luce delle considerazioni sopra esposte va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: In tema di misure cautelari personali, qualora il giudice disponga,
contestualmente o successivamente all’allontanamento dalla casa familiare, la misura patrimoniale del pagamento periodico di un assegno a favore delle persone
conviventi, sono autonomamente impugnabili con l’appello cautelare le disposizioni che attengono alla modalità esecutiva di detta misura, ove incidono in modo
apprezzabile e tendenzialmente permanente sulla effettività della misura stessa e sulla sua finalità di assicurare una adeguata protezione sul piano economico
patrimoniale alle persone conviventi.
6. All’accoglimento del ricorso segue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna competente ai sensi dell’art.
309, comma 7, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna
competente ai sensi dell’art. 309, co.7, c.p.p.
Così deciso il 4 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Pfesidente
COGNOME bi NOME
Dispone, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 1 e sia apposta, a cura