Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5052 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5052 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ACIREALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/12/2022, il Magistrato di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile il reclamo presentato da NOME COGNOME, detenuto nel carcere di Roma Rebibbia dall’ottobre 2021 e collocato nel circuito RAGIONE_SOCIALE, avverso il diniego della richiesta volta alla declassificazione ed al successivo reinserimento nel reparto di media sicurezza, osservando come l’assegnazione del soggetto ristretto al circuito di alta sicurezza rientri nella competenza amministrativa e non sia ipso facto idonea a ledere diritti soggettivi, peraltro non meglio precisati dal reclamante, così legittimandosi il sindacato giurisdizionale.
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo presentato ex artt. 35-bis e 69, comma 6, legge 26 luglio 1975, n. 354, 666 e 678 cod. proc. pen. avverso tale decisione, ribadendo la competenza esclusiva dell’amministrazione penitenziaria, per ciò che attiene ai provvedimenti di assegnazione dei detenuti e sottolineando la possibilità di intervento giurisdizionale esclusivamente in presenza di lesioni di diritti soggettivi neanche rappresentati nel caso di specie.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, che viene di seguito riassunto, entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. e mediante il quale viene denunciato vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione dell’art. 14 leg n. 354 del 1975, in relazione agli artt. 35-bis e 69 della medesima legge, nonché all’art. 27 Cost. e all’art. 3 della legge 07 agosto 1990, n. 241. I Giudici sorveglianza si sono trincerati dietro un mal applicato divieto di ingerenza in materia amministrativa; non hanno verificato, però, la eventuale legittimità del provvedimento assunto dalla Amministrazione penitenziaria, né hanno considerato la possibile lesione dei diritti del detenuto, in particolare di quello volto ad otten un trattamento rieducativo individualizzante.
Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME, sul rilievo della erronea applicazione dell’art. 69, comma 6, lett. b) Ord. pen. Il Tribunale di sorveglianza non ha adeguatamente considerato come la violazione dei criteri sulla destinazione dei detenuti, fissati i via generale ed astratta dall’amministrazione, si risolva proprio in una lesione del diritto soggettivo al congruo trattamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’impugnazione è proposta, in primo luogo, contro un provvedimento attinente alla distribuzione interna dei detenuti in istituto carcerario, risponden ad esigenze di organizzazione e sicurezza in ambito penitenziario. Tale provvedimento, stando al più risalente orientamento di legittimità, è espressione del potere discrezionale – specificamente riservato all’amministrazione penitenziaria – di organizzare e regolare la vita all’interno degli istituti, te conto della pericolosità dei detenuti e della necessità di assicurare l’ordiNOME svolgimento della vita intramuraria; la decisione non è ricorribile in cassazione, salvo che nei casi in cui emerga una lesione di diritti soggettivi, in dipendenza del detto provvedimento amministrativo (Sez. 7, n. 20863 del 15/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259687; Sez. 1, n. 10348 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280651).
2.1. Questa Sezione della Corte di cassazione, in tema’ ha anche enunciato il seguente principio: «I provvedimenti di assegnazione del detenuto ad un determiNOME circuito carcerario, che comportano la sottoposizione a un regime penitenziario differenziato o, comunque, il suo mantenimento, possono essere oggetto di reclamo al magistrato di sorveglianza ai sensi degli artt. 35-bis e 69, comma sesto, n. 2, ord. pen., ove siano adottati in violazione dei criteri sulla destinazione dei detenuti, fissati in via generale ed astratta dall’amministrazione, risolvendosi in una lesione del diritto soggettivo al trattamento comune» (Sez. 1, n. 16911 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272704; Sez. 1, n. 43858 del 30/09/2019, COGNOME, Rv. 277147). Verrebbe in rilievo, quindi, la doglianza relativa alla violazione di legge ex art. 69, comma 6, lett. b), ord. pen., disposizione che rimette alla sindacabilità giurisdizionale l’inosservanza delle disposizioni di legge o di regolamento da cui derivi un «attuale e grave pregiudizio all’esercizio di diritti» Secondo la sopra citata sentenza COGNOME «l’ordinamento riconosce al detenuto un generale diritto a un trattamento penitenziario “non differenziato”, salva la possibilità per l’Amministrazione, in presenza di situazioni di pericolosità del ristretto che impongano di attuare misure volte ad assicurare la sicurezza interna ed esterna, di sottoporlo ad un regime differenziato …».
2.2. E quindi, secondo la giurisprudenza di questa Sezione – sin dalla succitata sentenza COGNOME – ciò che è sottoponibile a sindacato in sede giurisdizionale non è, sic et simpliciter, l’assegnazione di un determiNOME detenuto al circuito di alta sicurezza, atteso che ciò determinerebbe lo sconfinamento in un sindacato di merito sul provvedimento amministrativo. Risulta censurabile ad
opera del giudice, invece, l’eventualità che tale assegnazione avvenga in assenza del rispetto dei presupposti normativi, ovvero del relativo iter procedurale, realizzandosi in tal caso – questa volta ipso facto una violazione di legge, da cui deriva la lesione di diritti soggettivi (consistente in una offerta trattament incongrua, in quanto non rispondente al quadro complessivo che interessa il singolo condanNOME).
Venendo alla concreta fattispecie sottoposta al vagllo di questo Collegio, non vi è chi non rilevi come il Tribunale di sorveglianza di Roma enunci in modo corretto i sopra riassunti principi di diritto. In sede di concreta applicazione, po Giudici affermano, in primo luogo, di non ravvisare violazioni del procedimento amministrativo e, inoltre, di non ritenere sussistente alcuna lesione di dirit soggettivi. In tal modo, il Tribunale di sorveglianza esercita proprio quel tipo d sindacato che gli è specificamente riservato, concludendo per l’assenza della lamentata violazione di legge.
3.1. Il ricorso, del resto, non evidenzia ls specificamente né violazioni procedurali, né lesione di diritti soggettivi; quantomeno, non viene oltrepassata la soglia della mera asserzione, priva di un concreto substral:o contenutistico. La difesa si duole, infatti, esclusivamente del fatto che non siano stati considerati preminenti gli indicatori di segno positivo, dandosi invece rilievo al parere negativo espresso dalla DDA. In tal modo, però, viene mossa una critica interamente incentrata sul merito del provvedimento, riservato all’amministrazione penitenziaria, volto alla destinazione del detenuto.
3.2. Viene criticata, infine, solo una pretesa irregolarità di tipo procedurale, consistente – in ipotesi difensiva – nel fatto che il Gruppo RAGIONE_SOCIALE e trattamento del carcere abbia mutato parere, volgendolo al negativo solo dopo aver acquisito il parere della DDA di Catania, che evidenziava come il condanNOME fosse uno storico esponente del clan RAGIONE_SOCIALE. Pare evidente, però, come ciò non realizzi alcuna forma di anomalia della procedura, risolvendosi semplicemente nella espressione di una nuova valutazione, ossia in una fisiologia – e non in una patologia – del procedimento amministrativo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2023.