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Ascensore privata dimora: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ascensore non è considerata privata dimora ai fini delle videoriprese. In un caso di spaccio di stupefacenti, le registrazioni video effettuate nell’ascensore condominiale sono state ritenute pienamente utilizzabili come prova, anche senza un’autorizzazione del giudice per le intercettazioni. La Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e respingendo la tesi difensiva che mirava a rendere inutilizzabili le prove video. È stata inoltre negata la riqualificazione del reato come fatto di lieve entità, data la gravità complessiva della condotta.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’ascensore non è privata dimora: via libera alle videoriprese

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un tema di grande attualità: la qualificazione giuridica dell’ascensore condominiale e i limiti all’utilizzo delle videoriprese come prova in un processo penale. La questione centrale era stabilire se l’ascensore è privata dimora. La risposta negativa della Corte ha importanti implicazioni sulla validità delle prove raccolte tramite telecamere in spazi comuni, confermando la condanna di un imputato per spaccio di stupefacenti.

I Fatti del Caso: Droga Nascosta nel Vano Ascensore

Il caso nasce da un’indagine che ha portato all’installazione di telecamere nell’ascensore di un condominio. Le registrazioni hanno mostrato diversi soggetti che, in più occasioni, bloccavano l’ascensore a un piano specifico per armeggiare nel vano superiore, nascondendo o recuperando degli involucri.

Una successiva perquisizione ha permesso di trovare una notevole quantità di cocaina (oltre 100 grammi, da cui si potevano ricavare più di 600 dosi) sulla piattabanda della porta dell’ascensore. Durante la perquisizione domiciliare dell’imputato, sono stati rinvenuti hashish, bilancini di precisione e nastro isolante dello stesso tipo usato per confezionare la cocaina. Inoltre, sono stati trovati indumenti corrispondenti a quelli indossati dai soggetti ripresi nei video.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’ascensore privata dimora

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso per cassazione su tre motivi principali:

1. Inutilizzabilità delle videoriprese: Il punto cruciale era sostenere che l’ascensore è privata dimora. Di conseguenza, le riprese effettuate senza un provvedimento di autorizzazione del giudice sarebbero state illegittime e quindi inutilizzabili come prova.
2. Travisamento della prova: La difesa contestava l’identificazione certa dell’imputato e l’attribuzione a lui della sostanza stupefacente trovata in un’area comune (il pianerottolo).
3. Mancata riqualificazione del reato: Si chiedeva di considerare il fatto come di ‘lieve entità’ (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), data la quantità di sostanza e l’assenza di altri indicatori di professionalità criminale.

La Decisione della Cassazione: Le Videoriprese sono Legittime

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza offre chiarimenti fondamentali sulla distinzione tra spazi privati e spazi comuni condominiali ai fini processuali.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: per definire un luogo ‘privata dimora’ non è sufficiente che si trovi all’interno di un edificio residenziale, ma occorre valutarne la funzione. Luoghi come scale, atri e, appunto, ascensori, hanno una funzione di transito e collegamento. Sono accessibili a una pluralità indeterminata di soggetti (residenti, visitatori, corrieri, personale di servizio) e non sono destinati allo svolgimento di attività riservate e intime, tipiche della vita privata protetta dall’art. 14 della Costituzione.

Di conseguenza, l’ascensore non può essere equiparato a un’abitazione. Le videoriprese effettuate al suo interno non richiedono le garanzie previste per le intercettazioni in luoghi di privata dimora e sono, pertanto, pienamente utilizzabili.

Quanto agli altri motivi, la Corte ha ritenuto che la valutazione delle prove fosse logica e coerente. L’insieme degli indizi (gli abiti compatibili, il nastro isolante identico, la detenzione di bilancini, la vicinanza del nascondiglio all’abitazione) formava un quadro probatorio solido che conduceva univocamente all’identificazione dell’imputato come responsabile.

Infine, è stata esclusa l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’. La Corte ha sottolineato che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo. Nel caso di specie, l’elevata purezza della cocaina, l’ingegnoso metodo di occultamento, la partecipazione di più persone e la detenzione di strumenti per il confezionamento denotavano un’organizzazione e una pericolosità incompatibili con la minima offensività richiesta per tale qualificazione.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per le indagini in contesti condominiali. Stabilisce con chiarezza che gli spazi comuni destinati al transito non godono della stessa tutela della privata dimora. Ciò significa che le prove video raccolte in luoghi come androni, scale e ascensori sono generalmente ammissibili, anche senza una specifica autorizzazione del giudice, a condizione che non violino altre norme sulla privacy. La decisione ribadisce inoltre che, nella valutazione della ‘lieve entità’ di un reato di spaccio, il giudice deve considerare tutti gli elementi del caso, non solo il peso della sostanza sequestrata, per un giudizio complessivo sulla gravità della condotta.

Un ascensore condominiale è considerato ‘privata dimora’ ai fini delle videoriprese?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’ascensore è un luogo di transito e collegamento, accessibile a una pluralità di soggetti, e non un ambiente destinato allo svolgimento della vita privata. Pertanto, non rientra nel concetto di ‘privata dimora’ e le videoriprese effettuate al suo interno sono utilizzabili come prova senza le autorizzazioni previste per le intercettazioni domiciliari.

Quando un reato di spaccio può essere qualificato come ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione dipende da una valutazione complessiva di tutti gli indici previsti dalla legge: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità della sostanza. Non è sufficiente che solo uno di questi elementi sia di segno positivo. Nel caso esaminato, l’elevata quantità e purezza della cocaina, l’organizzazione dell’occultamento e altri elementi hanno portato a escludere la lieve entità, nonostante la difesa lo avesse richiesto.

Il ritrovamento di indumenti simili a quelli visti in un video è una prova sufficiente per una condanna?
Da solo, potrebbe non esserlo, ma nel contesto di un quadro probatorio più ampio, assume un forte valore indiziario. In questa sentenza, il ritrovamento di abiti identici a quelli indossati dai soggetti ripresi, unito ad altri elementi come il nastro adesivo dello stesso tipo e la detenzione di bilancini di precisione, ha contribuito a formare un compendio probatorio solido e coerente che ha portato alla conferma della condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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