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Art. 74 d.P.R. 309/1990: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti secondo l’Art. 74 d.P.R. 309/1990. I motivi, basati sulla presunta inutilizzabilità delle intercettazioni e sulla richiesta di riqualificazione del reato in fatto di lieve entità, sono stati respinti. La Corte ha sottolineato la genericità delle eccezioni e confermato la solida struttura organizzativa del sodalizio criminale, incompatibile con l’ipotesi lieve.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 74 d.P.R. 309/1990: Struttura Associativa e Limiti del Ricorso in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso in materia di Art. 74 d.P.R. 309/1990, la norma che punisce l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e delineando i confini tra le censure di legittimità e le mere rivalutazioni di fatto, non consentite in sede di Cassazione.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in secondo grado dalla Corte di appello di Napoli per aver partecipato a un’associazione criminale dedita al traffico di droghe. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Si lamentava che un atto fondamentale per l’autorizzazione delle intercettazioni non fosse presente nel fascicolo processuale.
2. Assenza degli elementi costitutivi del reato: Si contestava la sussistenza stessa dei presupposti dell’associazione criminale.
3. Mancata riqualificazione del fatto: Si chiedeva di inquadrare la condotta nella fattispecie meno grave prevista dal comma 6 dell’Art. 74 d.P.R. 309/1990, relativa alle associazioni dedite a fatti di lieve entità.

La Corte di appello aveva già riformato parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando un reato minore prescritto ma rideterminando la pena per il reato associativo in otto anni di reclusione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Art. 74 d.P.R. 309/1990

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha analizzato punto per punto le doglianze della difesa, ribadendo principi consolidati sia in materia processuale che sostanziale.

Le Motivazioni

Le argomentazioni della Suprema Corte sono state chiare e si sono concentrate sulla distinzione tra vizi di legittimità, unici ammissibili in Cassazione, e tentativi di rivalutare il merito della vicenda.

L’Inammissibilità dell’Eccezione sulle Intercettazioni

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile per un triplice ordine di ragioni:

* Difetto di specificità: La difesa non aveva indicato quali specifici atti fossero viziati dall’assenza del documento menzionato, né quale fosse la loro incidenza decisiva sul quadro probatorio complessivo. Secondo un principio consolidato, chi eccepisce l’inutilizzabilità di un atto ha l’onere di dimostrarne la rilevanza cruciale.
* Difetto di decisività: La Corte ha applicato il principio della “prova di resistenza”. Le prove a carico dell’imputato non si basavano solo sulle intercettazioni, ma anche sulle testimonianze degli agenti di polizia giudiziaria che avevano condotto le indagini, le quali avevano confermato in dibattimento il contenuto delle operazioni. Pertanto, anche escludendo le intercettazioni, la condanna si sarebbe retta su altre prove.
Infondatezza della censura: I decreti autorizzativi del G.i.p., sebbene facessero riferimento (per relationem*) alla nota investigativa mancante, contenevano comunque ampi riferimenti al compendio indiziario che giustificava le indagini, rendendo la motivazione sufficiente.

L’Impossibilità di Riqualificare il Reato

Anche il terzo motivo, relativo alla richiesta di derubricazione a fatto di lieve entità, è stato respinto. La Corte ha chiarito che tale valutazione è di natura fattuale e, se adeguatamente motivata dal giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità.

La Corte di appello aveva correttamente escluso l’ipotesi lieve sulla base di elementi concreti che dimostravano una struttura organizzativa complessa e stabile, del tutto incompatibile con un’attività di modesta portata. Tra questi elementi figuravano:

* La frequenza dei contatti tra i membri dell’associazione.
* L’esistenza di rapporti con gruppi criminali extra-regionali.
* Una fitta rete di relazioni per il rifornimento e la distribuzione della droga.
* Una chiara ripartizione dei ruoli, con la presenza di “sentinelle”.
* L’uso di un linguaggio convenzionale per eludere le indagini.
* La gestione diretta di una “piazza di spaccio”.

Questi indici dimostravano un’operatività assidua e strutturata, che giustificava pienamente la contestazione del reato ai sensi dei commi principali dell’Art. 74 d.P.R. 309/1990.

Conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali. In ambito processuale, sottolinea l’onere per la difesa di formulare censure specifiche e decisive, evitando motivi generici o esplorativi. In ambito sostanziale, chiarisce che la distinzione tra un’associazione per spaccio “ordinaria” e una di “lieve entità” non dipende solo dalla quantità di droga trattata, ma soprattutto dal grado di complessità organizzativa, dalla stabilità del vincolo e dalle modalità operative del gruppo. Quando questi elementi denotano una struttura articolata e permanente, non è possibile invocare la fattispecie attenuata.

Quando un’eccezione sull’inutilizzabilità di un atto processuale è considerata inammissibile in Cassazione?
Un’eccezione è inammissibile quando è generica, ovvero non indica specificamente gli atti viziati e la loro decisività sul giudizio finale. Inoltre, è inammissibile se la condanna supera la cosiddetta “prova di resistenza”, cioè si fonda su altre prove sufficienti a giustificarla anche senza l’atto contestato.

Quali elementi caratterizzano un’associazione per spaccio grave ai sensi dell’art. 74 d.P.R. 309/1990, distinguendola da una di lieve entità?
Gli elementi distintivi sono di natura strutturale e operativa. La sentenza indica come indici di un’associazione grave: la frequenza dei contatti tra i sodali, i rapporti con gruppi extra-regionali, una rete organizzata per il rifornimento, la ripartizione dei ruoli (es. sentinelle), l’uso di un linguaggio codificato e la gestione stabile di una piazza di spaccio.

Perché la Corte di Cassazione non può riqualificare un reato da grave a lieve entità se il giudice di merito ha già motivato la sua scelta?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti. Se la Corte d’appello ha fornito una motivazione adeguata e non contraddittoria per escludere la lieve entità, basandosi su elementi concreti, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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