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Art. 497-bis c.p.: inammissibile il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 497-bis c.p. (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi). I motivi del ricorso sono stati respinti in quanto meramente riproduttivi di censure già esaminate, manifestamente infondati, inediti o in palese contraddizione. La Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 497-bis c.p.: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione sulla redazione dei ricorsi per Cassazione, in particolare quando si contesta una condanna per il reato previsto dall’art. 497-bis c.p. (Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi). La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso, evidenziando una serie di vizi che ogni difensore dovrebbe evitare.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che confermava la condanna di un imputato per il reato di cui al secondo comma dell’art. 497-bis del codice penale. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, articolando la propria difesa su quattro distinti motivi, sperando di ottenere un annullamento della condanna o una riduzione della pena.

I motivi del ricorso: un’analisi critica

Il ricorrente basava la sua impugnazione su quattro argomentazioni principali:
1. Il falso grossolano: Si sosteneva che la falsificazione del documento fosse talmente palese da non poter ingannare nessuno, rendendo quindi il fatto non punibile.
2. L’errata qualificazione giuridica: Si contestava la qualificazione del reato come fattispecie autonoma (come ritenuto dalla Corte d’Appello) anziché come circostanza aggravante, il che avrebbe permesso un giudizio di bilanciamento con le attenuanti.
3. L’applicazione delle pene sostitutive: Veniva richiesta, per la prima volta in Cassazione, l’applicazione di sanzioni alternative al carcere.
4. La riduzione della pena: Si chiedeva una diminuzione della sanzione in virtù delle attenuanti generiche.

Le motivazioni della Cassazione e la corretta interpretazione dell’art. 497-bis c.p.

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. Il primo motivo è stato giudicato meramente riproduttivo di censure già correttamente respinte dal giudice di merito. La Corte ha ribadito che non è possibile riproporre in sede di legittimità le stesse questioni di fatto già vagliate e motivate nei gradi precedenti.

Il secondo motivo, relativo alla qualificazione del reato ex art. 497-bis c.p., è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello si era limitata a correggere un errore di diritto del primo grado, senza che da ciò derivassero conseguenze negative per l’imputato, dato che la pena era rimasta invariata. La qualificazione del secondo comma come fattispecie autonoma è stata quindi confermata come corretta.

Il terzo motivo è stato bocciato perché ‘inedito’: la richiesta di pene sostitutive non era mai stata avanzata nei gradi di merito e, pertanto, non poteva essere proposta per la prima volta dinanzi alla Corte di Cassazione. Infine, il quarto motivo sulla riduzione della pena è stato considerato in stridente contraddizione con il secondo e, comunque, elusivo della risposta già fornita dalla Corte d’Appello.

Le conclusioni

La decisione della Suprema Corte si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. L’ordinanza sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. I motivi devono essere specifici, non riproduttivi, non contraddittori e non possono introdurre per la prima volta questioni che dovevano essere sollevate in appello.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano: meramente riproduttivi di argomenti già respinti in appello; manifestamente infondati, come la contestazione sulla qualificazione giuridica del reato; inediti, in quanto una richiesta (pene sostitutive) è stata avanzata per la prima volta in Cassazione; e contraddittori.

La Corte di Cassazione ha confermato che il reato previsto dal secondo comma dell’art. 497-bis c.p. è una fattispecie autonoma?
Sì, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva qualificato l’ipotesi del secondo comma dell’art. 497-bis c.p. come una fattispecie autonoma di reato e non come una mera circostanza aggravante, correggendo un errore di diritto del giudice di primo grado.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro. La sentenza impugnata diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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