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Art. 4 bis ord. pen.: Cassazione chiarisce sospensione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato contro la mancata sospensione di un ordine di esecuzione. La decisione ribadisce che per i reati gravi previsti dall’art. 4 bis ord. pen., la presenza di una specifica aggravante impedisce la sospensione della pena, anche qualora tale aggravante sia stata giudicata equivalente alle attenuanti in fase di condanna (c.d. bilanciamento).

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 4 bis ord. pen.: La Cassazione Conferma la Linea Dura sulla Sospensione della Pena

L’applicazione delle norme sull’esecuzione della pena è un momento cruciale del sistema giudiziario, soprattutto quando si tratta di reati di particolare allarme sociale. L’art. 4 bis ord. pen. rappresenta una di quelle disposizioni che tracciano una linea netta, limitando i benefici per i condannati per crimini gravi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale su un aspetto tecnico ma dalle conseguenze pratiche enormi: l’irrilevanza del bilanciamento delle circostanze ai fini della sospensione della pena.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Revoca dell’Ordine di Esecuzione

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato, il quale si era visto notificare un ordine di esecuzione della pena senza alcuna sospensione. Egli si era quindi rivolto al Giudice dell’Esecuzione (GIP) chiedendo la revoca o, in subordine, la sospensione di tale ordine. Il GIP, tuttavia, aveva respinto la sua istanza, ritenendo che l’ordine fosse stato emesso in modo del tutto legittimo.

Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il fulcro della sua difesa si basava sulla speranza che la valutazione complessiva delle circostanze del reato potesse aprire uno spiraglio per la sospensione della pena.

La Decisione della Corte: Il Ricorso è Inammissibile per i Reati ex art. 4 bis ord. pen.

La Suprema Corte ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della legge, che non lascia spazio a dubbi. L’ordine di esecuzione, secondo gli Ermellini, è stato emesso correttamente senza sospensione perché il reato per cui è intervenuta la condanna rientra a pieno titolo nell’elenco ostativo previsto dall’art. 4 bis ord. pen.

Questa norma, nota per il suo rigore, preclude l’accesso a determinati benefici, inclusa la sospensione dell’ordine di carcerazione, per chi è stato condannato per delitti di mafia, terrorismo, rapina aggravata e altri crimini di grave allarme sociale.

Le Motivazioni della Corte: L’Irrilevanza del Bilanciamento delle Circostanze

Il punto giuridico più significativo affrontato dalla Corte riguarda il cosiddetto ‘bilanciamento delle circostanze’. Nel caso di specie, il reato commesso (rapina) era aggravato ai sensi dell’art. 628, comma 3 del codice penale, circostanza che automaticamente lo fa rientrare nel novero dei delitti di cui all’art. 4 bis ord. pen..

La difesa, probabilmente, puntava sul fatto che in sede di condanna l’aggravante fosse stata ‘bilanciata’ (cioè giudicata equivalente o subvalente) con delle circostanze attenuanti, ai sensi dell’art. 69 del codice penale. Questo bilanciamento, di fatto, può annullare l’effetto dell’aggravante sull’entità della pena finale.

Tuttavia, la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: ai fini dell’applicazione delle norme restrittive dell’ordinamento penitenziario, ciò che rileva è la sussistenza giuridica della circostanza aggravante, non il suo effetto concreto sulla pena dopo il giudizio di bilanciamento. In altre parole, anche se l’aggravante viene ‘neutralizzata’ ai fini della quantificazione della pena, essa continua a esistere e a qualificare il reato come uno di quelli ostativi ai benefici. La Corte ha richiamato un proprio precedente conforme (Sez. I n. 20796 del 2019) per rafforzare questa interpretazione, mostrando una continuità giurisprudenziale sul punto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento severo ma coerente con la ratio dell’art. 4 bis ord. pen.: creare un regime differenziato e più rigoroso per i reati che destano maggiore preoccupazione sociale. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Certezza del Diritto: I Giudici dell’Esecuzione hanno un criterio univoco da seguire. Per decidere sulla sospensione dell’ordine di esecuzione, non devono entrare nel merito del bilanciamento delle circostanze operato dal giudice della cognizione, ma devono unicamente verificare se il titolo della condanna includa una delle fattispecie di reato o delle aggravanti elencate nelle norme ostative.
2. Prevedibilità per i Condannati: Per i soggetti condannati per tali reati, le possibilità di evitare l’immediata carcerazione si riducono drasticamente. La sentenza di condanna, una volta definitiva, porterà quasi automaticamente all’esecuzione della pena detentiva.
3. Monito del Legislatore: La pronuncia riafferma la volontà del legislatore di trattare con particolare rigore determinate forme di criminalità, ritenendo che la pericolosità sociale del reato, cristallizzata dalla presenza di specifiche aggravanti, prevalga su altre considerazioni legate alla personalità del reo (espresse tramite le attenuanti).

È possibile ottenere la sospensione dell’ordine di esecuzione per un reato incluso nell’elenco dell’art. 4 bis ord. pen.?
No, l’ordinanza chiarisce che l’ordine di esecuzione per un reato ricompreso in tale elenco viene emesso legittimamente senza sospensione, poiché la norma ha carattere ostativo.

Cosa succede se l’aggravante che fa rientrare il reato nell’art. 4 bis ord. pen. viene ‘bilanciata’ con delle attenuanti?
Secondo la Corte di Cassazione, il bilanciamento delle circostanze è irrilevante ai fini della sospensione. Ciò che conta per l’applicazione delle norme restrittive è la sussistenza giuridica dell’aggravante, indipendentemente dal suo effetto finale sulla determinazione della pena.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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