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Art. 388 cp: inammissibile il ricorso ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 388 cp (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). L’inammissibilità è stata motivata dal fatto che i motivi del ricorso erano una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte con argomentazioni corrette dalla Corte d’Appello, non presentando quindi vizi di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 388 cp: Quando il Ricorso in Cassazione è Solo una Copia

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sulla funzione del ricorso di legittimità e sulle conseguenze di un suo uso improprio, in particolare in relazione a un caso di violazione dell’art. 388 cp. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato nei gradi di merito, sottolineando un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza per ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo la decisione per comprendere meglio le ragioni e le implicazioni.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva giudicato colpevole del reato previsto dall’art. 388 cp. Questo articolo punisce chiunque, per sottrarsi all’adempimento di un obbligo civile derivante da una decisione giudiziaria, compie atti fraudolenti sui propri beni. Nel caso specifico, la contestazione era legata alla presunta elusione delle conseguenze di un pignoramento. L’imputato, non accettando la decisione dei giudici di merito, ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, sperando in un ribaltamento del verdetto.

La Decisione della Corte e il ruolo dell’art. 388 cp

La Corte di Cassazione ha stroncato le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di questa decisione non risiede in una nuova analisi dei fatti, ma in una valutazione puramente procedurale dei motivi presentati. I giudici hanno riscontrato che le argomentazioni della difesa non erano altro che una mera riproposizione di doglianze già ampiamente vagliate e respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione giuridicamente corretta, puntuale e logicamente coerente, immune da vizi.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che il ricorso è inammissibile perché i motivi addotti non sono consentiti in sede di legittimità. Essi erano “meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito”. La sentenza impugnata aveva già affrontato in modo esauriente tutti gli aspetti cruciali del reato ex art. 388 cp, tra cui:

1. La sufficienza della notifica del pignoramento per far scattare gli obblighi di legge.
2. Il dolo, ovvero l’intenzionalità della condotta materiale tenuta dal ricorrente.
3. La congruità del trattamento sanzionatorio applicato.

Poiché la motivazione della Corte d’Appello era completa e priva di manifeste incongruenze logiche, il tentativo del ricorrente di rimettere in discussione tali punti è stato considerato un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, cosa non permessa davanti alla Cassazione. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, all’inammissibilità del ricorso seguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione deve basarsi su specifici vizi di legge (violazione di norme, vizi di motivazione evidenti) e non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni fattuali già sconfitte nei precedenti gradi di giudizio. Per chi affronta un procedimento penale, anche per reati come la violazione dell’art. 388 cp, è cruciale comprendere che il giudizio di legittimità non offre una terza possibilità di discutere come si sono svolti i fatti. La strategia difensiva deve, fin dal primo grado, essere solida e ben argomentata, perché le possibilità di correggere il tiro si riducono drasticamente man mano che si sale nei gradi di giudizio. Tentare un ricorso palesemente infondato o ripetitivo porta solo a un’ulteriore condanna, questa volta alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, ad esempio perché sono meramente riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito con argomentazioni corrette e logiche.

Cosa viene contestato a chi è imputato per il reato ex art. 388 cp nel caso di specie?
Nel caso specifico, gli elementi costitutivi del reato contestati e ritenuti provati dai giudici di merito includono la sufficienza della notifica di un pignoramento, il dolo (intenzionalità) nella condotta dell’imputato e la misura della sanzione applicata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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