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Art. 131-bis: Reati estinti e abitualità del reato

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale riguardo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). In un caso di spaccio di lieve entità, la Corte ha annullato la decisione di merito che negava il beneficio basandosi su precedenti penali estinti a seguito di patteggiamento. La sentenza chiarisce che tali precedenti non possono essere utilizzati per configurare l’abitualità del reato, un presupposto che osta all’applicazione dell’art. 131-bis. Di conseguenza, il giudice deve escluderli dalla sua valutazione, basandosi solo sui precedenti penali ancora efficaci.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis: i reati estinti non valgono per l’abitualità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: la valutazione dell’abitualità del reato. La Corte ha stabilito che i precedenti penali i cui effetti sono stati cancellati per estinzione del reato, come avviene dopo un patteggiamento, non possono essere considerati dal giudice per negare questo beneficio all’imputato. Si tratta di una precisazione fondamentale che garantisce la coerenza del sistema penale e l’effettività dell’istituto dell’estinzione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello, che aveva confermato la condanna di un’imputata per un reato legato a sostanze stupefacenti, riqualificato come fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). La difesa aveva richiesto l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Corte di Appello aveva respinto la richiesta, ritenendo che la condotta dell’imputata fosse abituale. Questa conclusione si basava sulla presenza di tre precedenti penali. Tuttavia, la difesa ha sostenuto che due di questi precedenti non avrebbero dovuto essere considerati, in quanto i reati corrispondenti erano estinti ai sensi dell’art. 445, comma 2, del codice di procedura penale, essendo derivanti da sentenze di patteggiamento.

La questione sull’abitualità del reato e i precedenti estinti

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione del concetto di abitualità del reato come causa ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La norma, infatti, esclude dal beneficio chi ha commesso più reati della stessa indole, anche se ciascuno di per sé è di lieve entità.

Il punto sollevato dalla difesa è stato: un reato dichiarato estinto può ancora essere considerato per determinare se un comportamento è ‘abituale’? L’estinzione, infatti, è un istituto che cancella ogni effetto penale della condanna. La Corte di Appello aveva ignorato questo aspetto, compiendo una valutazione che la difesa ha ritenuto errata e in violazione di legge.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella loro giurisprudenza: l’estinzione del reato elide ogni effetto penale della sentenza. Questo significa che un precedente penale estinto non può essere utilizzato per fondare un giudizio di abitualità del reato.

La Corte ha richiamato le Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), le quali hanno chiarito che il comportamento abituale, ai fini dell’art. 131-bis, si configura quando l’autore ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello in esame. Nel caso di specie, una volta esclusi i due precedenti estinti, ne residuava soltanto uno, risalente al 1997. Un singolo precedente, ha sottolineato la Corte, non è sufficiente per integrare il requisito dell’abitualità.

Di conseguenza, la Corte di Appello ha errato nel negare la non punibilità basandosi su precedenti che, legalmente, non potevano più produrre effetti penali. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio, affinché la Corte di Appello rivaluti la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis, escludendo dal novero dei precedenti quelli estinti.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza l’importanza e l’effettività dell’istituto dell’estinzione del reato. Stabilisce in modo chiaro che un reato estinto è come se non fosse mai esistito ai fini della valutazione dell’abitualità del reato. Per gli operatori del diritto, ciò significa che, nell’analisi dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., è necessario verificare attentamente lo stato giuridico di ciascun precedente penale dell’imputato. Se un reato è stato dichiarato estinto, esso non può in alcun modo contribuire a formare un giudizio negativo sulla condotta dell’imputato e precludere l’accesso a un beneficio di legge previsto per fatti di minima offensività.

Un reato estinto può essere usato per negare la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che i reati i cui effetti penali sono estinti, ad esempio a seguito di patteggiamento con esito positivo, non possono essere considerati per valutare l’abitualità del comportamento, che è una causa ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Cosa si intende per ‘comportamento abituale’ ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
Secondo l’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione, il comportamento è considerato abituale quando l’autore ha commesso almeno due illeciti penali, oltre a quello per cui si sta procedendo. Un solo precedente penale non è sufficiente a integrare il requisito dell’abitualità.

Qual è la conseguenza pratica della decisione della Cassazione in questo caso?
La Cassazione ha annullato la sentenza d’appello e ha rinviato il processo a un nuovo giudice. Questo giudice dovrà riesaminare la possibilità di concedere la non punibilità per particolare tenuità del fatto, senza poter tenere in considerazione i precedenti penali che risultano legalmente estinti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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