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Art. 131 bis: quando l’offensività non è minima

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso il beneficio in ragione della non minima offensività del fatto e della personalità trasgressiva del ricorrente, desunta sia dai precedenti che dalle modalità della condotta illecita. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131 bis: La Cassazione chiarisce i limiti della particolare tenuità del fatto

Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso che offre importanti spunti di riflessione sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis del codice penale. Questa norma consente di escludere la punibilità per reati di lieve entità, ma la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva che include non solo la gravità del fatto, ma anche la personalità dell’autore. L’ordinanza in esame ribadisce i confini di questo istituto, sottolineando come certi comportamenti e profili soggettivi possano precluderne l’operatività.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa del ricorrente sosteneva la necessità di applicare l’art. 131 bis c.p., ritenendo che il reato commesso fosse di particolare tenuità. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, confermando la condanna. I giudici di merito avevano motivato la loro decisione evidenziando elementi specifici che, a loro avviso, rendevano il fatto tutt’altro che trascurabile.

La Valutazione dell’art. 131 bis da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno osservato che i motivi del ricorso non erano altro che una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Suprema Corte ha validato l’argomentazione dei giudici di merito, i quali avevano negato l’applicazione della causa di non punibilità sulla base di due elementi fondamentali: la “non minima offensività del fatto” e la “personalità trasgressiva” del ricorrente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che la valutazione sulla tenuità del fatto non può essere parcellizzata, ma deve tenere conto di un quadro complessivo. Nel caso di specie, la non minima offensività non derivava solo dalla natura astratta del reato, ma anche dalle concrete modalità della condotta. Il ricorrente aveva violato un’autorizzazione e l’orario di rientro, dimostrando un’intensità del dolo che i giudici hanno ritenuto incompatibile con il beneficio richiesto.

Inoltre, la Corte ha dato peso alla personalità trasgressiva dell’imputato. Questo elemento non è stato desunto in modo astratto, ma era attestato da precedenti specifici e rafforzato dal comportamento tenuto nell’occasione del reato. La valutazione negativa della personalità ha quindi contribuito a escludere che il comportamento fosse episodico e di lieve entità. Di conseguenza, la Cassazione ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: l’art. 131 bis c.p. non è una scappatoia generalizzata per reati minori. La sua applicazione richiede un’analisi rigorosa che va oltre il semplice dato oggettivo del danno causato. La personalità dell’autore del reato, le modalità della sua condotta e l’intensità dell’elemento psicologico sono fattori determinanti. La decisione sottolinea che, anche di fronte a un reato potenzialmente di lieve entità, la presenza di una spiccata tendenza a delinquere e una condotta che manifesta un dolo significativo possono legittimamente portare all’esclusione della causa di non punibilità, confermando la piena discrezionalità del giudice di merito nel valutare tali aspetti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, manifestamente infondato e meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte correttamente dai giudici di merito.

Quando non si applica la causa di non punibilità dell’art. 131 bis c.p.?
Secondo la decisione, l’art. 131 bis c.p. non si applica quando il fatto presenta una “non minima offensività” e quando emerge una “personalità trasgressiva” dell’imputato, valutata sulla base di precedenti e delle specifiche modalità della condotta (come la violazione di autorizzazioni e l’intensità del dolo).

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma determinata dal giudice, in questo caso tremila euro, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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