Art. 131-bis: l’abitualità nel reato preclude la non punibilità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui confini applicativi della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso in esame chiarisce come la presenza di ‘abitualità’ nel comportamento del reo, desunta dalla recidiva e da precedenti penali per reati della stessa natura, rappresenti un ostacolo insormontabile per l’applicazione di questo istituto. Analizziamo la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti di Causa e il Ricorso in Cassazione
Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di tentato furto. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sua responsabilità, escludendo l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. a causa della sua abitualità a delinquere, comprovata dalla recidiva specifica e infraquinquennale e da altri precedenti.
Contro tale decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’errata valutazione della ‘medesimezza dell’indole’ dei reati precedenti. Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe adeguatamente verificato se i reati passati (tra cui furto e rapina) presentassero caratteri fondamentali comuni con il tentato furto oggetto del giudizio. La tesi difensiva mirava a dimostrare l’insussistenza del requisito dell’abitualità, che richiede la commissione di almeno due reati della stessa indole, oltre a quello in esame.
L’Ordinanza della Cassazione e l’Applicazione dell’Art. 131-bis
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato. Il motivo principale del rigetto risiede nel fatto che il ricorso non si confrontava con la ratio decidendi (la ragione fondante) della sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno osservato che sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano già accertato, con decisioni non contestate nel merito dalla difesa, la sussistenza della recidiva specifica.
Questo accertamento implicava necessariamente una valutazione sulla ‘medesimezza dell’indole’ dei precedenti reati, come previsto dall’art. 99, comma 1, n. 1, del codice penale. Di conseguenza, la Corte territoriale aveva correttamente concluso che tale condizione di recidiva specifica integrasse di per sé il requisito dell’ ‘abitualità’, che osta all’applicazione dell’art. 131-bis.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato: l’istituto della particolare tenuità del fatto è concepito per escludere la punibilità in casi di minima offensività, ma non può essere esteso a chi manifesta una propensione a delinquere. La recidiva specifica, una volta accertata, è un chiaro indicatore di tale propensione.
La Cassazione ha ribadito che, quando i giudici di merito hanno già stabilito in modo incontestato la sussistenza di una recidiva qualificata, basata su precedenti della stessa natura, la condizione ostativa dell’abitualità è in re ipsa. Non è necessario, quindi, un ulteriore e separato giudizio sulla somiglianza dei reati, in quanto tale valutazione è già stata compiuta per accertare la recidiva stessa. Il ricorso, non contestando questo nucleo logico della decisione d’appello, è risultato privo di fondamento e, pertanto, inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un beneficio accessibile a chiunque commetta un reato di lieve entità, ma è riservata a condotte realmente sporadiche e occasionali. La presenza di una storia criminale caratterizzata da reati della stessa indole, formalizzata nell’accertamento della recidiva specifica, è un elemento che dimostra un’incompatibilità del soggetto con la finalità dell’istituto. La decisione sottolinea, inoltre, l’importanza di strutturare un ricorso in Cassazione che attacchi specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, pena la sua inammissibilità.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo la decisione, l’art. 131-bis c.p. non si applica quando il comportamento del reo è ritenuto ‘abituale’. Questa condizione viene accertata in presenza di recidiva specifica e infraquinquennale e di precedenti penali per reati della stessa indole.
Cosa si intende per ‘abitualità’ che esclude l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
L’abitualità è una condizione che emerge quando un soggetto ha commesso più reati della stessa indole. In questo caso, la Corte ha stabilito che l’accertamento della recidiva specifica (ex art. 99, comma 1, n. 1 c.p.) è sufficiente a costituire l’abitualità che impedisce l’applicazione del beneficio.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si è confrontato con la ‘ratio decidendi’ (la ragione fondante) della sentenza d’appello. La difesa non ha contestato l’accertamento della recidiva specifica, che era il presupposto logico su cui la Corte d’Appello aveva basato la conclusione dell’abitualità del reo e, di conseguenza, l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35525 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35525 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME per tentato furto, con recidiva specifica e infraquinquennale ed esclusione della sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., stante l’abitualità per la commissione di più reati della stessa indole.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su un motivo (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce la violazione dell’art. 131-bis cod. pen. in ragione della mancata valutazione della nnedesimezza dell’indole dei reati Commessi in relazione al caso esaminato e al reato sub iudice, al fine di verificare se, in concreto, i reati presentino caratteri fondamentali comuni. Concordando circa la medesimezza dell’indole del reato di furto di cui a una delle precedenti condanne, per il ricorrente sarebbe mancata la valutazione in oggetto con riferimento al reato di rapina, di cui ad altra precedente condanna. Ne conseguirebbe l’insussistenza del requisito dell’abitualità in quanto necessitante di almeno altri due reati della stessa indole di quello sub ludíce.
Il ricorso è inammissibile per la mancata considerazione della ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurímis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME Fazio, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì: Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione). I giudici di merito, tanto di primo quanto di secondo grado, con decisioni sul punto non sindacate dalla difesa, hanno accertato la contestata recidiva (oltre che infraquinquennale) specifica, per essere il prevenuto gravato da precedenti (quindi più d’uno) della stessa indole ex art. 99, comma 1, n. 1, cod. pen. Medesimezza di indole che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, costituisce l’abitualità escludente l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragione dell’evidenziata causa d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2025 Il COGNOME sig COGNOME re COGNOME ten’o r COGNOME
Il Presidente