LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Art. 131-bis: quando l’abitualità esclude il reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La difesa sosteneva la necessità di applicare l’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto), ma la Corte ha confermato che la condizione di ‘abitualità’, desunta da precedenti condanne per reati della stessa indole e dalla recidiva specifica, osta all’applicazione della causa di non punibilità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis: l’abitualità nel reato preclude la non punibilità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui confini applicativi della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso in esame chiarisce come la presenza di ‘abitualità’ nel comportamento del reo, desunta dalla recidiva e da precedenti penali per reati della stessa natura, rappresenti un ostacolo insormontabile per l’applicazione di questo istituto. Analizziamo la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa e il Ricorso in Cassazione

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di tentato furto. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sua responsabilità, escludendo l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. a causa della sua abitualità a delinquere, comprovata dalla recidiva specifica e infraquinquennale e da altri precedenti.

Contro tale decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’errata valutazione della ‘medesimezza dell’indole’ dei reati precedenti. Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe adeguatamente verificato se i reati passati (tra cui furto e rapina) presentassero caratteri fondamentali comuni con il tentato furto oggetto del giudizio. La tesi difensiva mirava a dimostrare l’insussistenza del requisito dell’abitualità, che richiede la commissione di almeno due reati della stessa indole, oltre a quello in esame.

L’Ordinanza della Cassazione e l’Applicazione dell’Art. 131-bis

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato. Il motivo principale del rigetto risiede nel fatto che il ricorso non si confrontava con la ratio decidendi (la ragione fondante) della sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno osservato che sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano già accertato, con decisioni non contestate nel merito dalla difesa, la sussistenza della recidiva specifica.

Questo accertamento implicava necessariamente una valutazione sulla ‘medesimezza dell’indole’ dei precedenti reati, come previsto dall’art. 99, comma 1, n. 1, del codice penale. Di conseguenza, la Corte territoriale aveva correttamente concluso che tale condizione di recidiva specifica integrasse di per sé il requisito dell’ ‘abitualità’, che osta all’applicazione dell’art. 131-bis.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato: l’istituto della particolare tenuità del fatto è concepito per escludere la punibilità in casi di minima offensività, ma non può essere esteso a chi manifesta una propensione a delinquere. La recidiva specifica, una volta accertata, è un chiaro indicatore di tale propensione.

La Cassazione ha ribadito che, quando i giudici di merito hanno già stabilito in modo incontestato la sussistenza di una recidiva qualificata, basata su precedenti della stessa natura, la condizione ostativa dell’abitualità è in re ipsa. Non è necessario, quindi, un ulteriore e separato giudizio sulla somiglianza dei reati, in quanto tale valutazione è già stata compiuta per accertare la recidiva stessa. Il ricorso, non contestando questo nucleo logico della decisione d’appello, è risultato privo di fondamento e, pertanto, inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un beneficio accessibile a chiunque commetta un reato di lieve entità, ma è riservata a condotte realmente sporadiche e occasionali. La presenza di una storia criminale caratterizzata da reati della stessa indole, formalizzata nell’accertamento della recidiva specifica, è un elemento che dimostra un’incompatibilità del soggetto con la finalità dell’istituto. La decisione sottolinea, inoltre, l’importanza di strutturare un ricorso in Cassazione che attacchi specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, pena la sua inammissibilità.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo la decisione, l’art. 131-bis c.p. non si applica quando il comportamento del reo è ritenuto ‘abituale’. Questa condizione viene accertata in presenza di recidiva specifica e infraquinquennale e di precedenti penali per reati della stessa indole.

Cosa si intende per ‘abitualità’ che esclude l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
L’abitualità è una condizione che emerge quando un soggetto ha commesso più reati della stessa indole. In questo caso, la Corte ha stabilito che l’accertamento della recidiva specifica (ex art. 99, comma 1, n. 1 c.p.) è sufficiente a costituire l’abitualità che impedisce l’applicazione del beneficio.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si è confrontato con la ‘ratio decidendi’ (la ragione fondante) della sentenza d’appello. La difesa non ha contestato l’accertamento della recidiva specifica, che era il presupposto logico su cui la Corte d’Appello aveva basato la conclusione dell’abitualità del reo e, di conseguenza, l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati