Art. 131-bis e Reato di Evasione: La Gravità della Condotta Esclude la Non Punibilità
L’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che introduce la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è spesso oggetto di dibattito giurisprudenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sul suo rapporto con il reato di evasione, stabilendo che la scelta deliberata di agire illecitamente, anziché seguire le vie legali, costituisce un indicatore della gravità della condotta, ostativo al riconoscimento del beneficio.
Il Caso: La Richiesta di Applicazione della Tenuità del Fatto
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per il reato di evasione ai sensi dell’art. 385 c.p. La difesa del ricorrente sosteneva che la condotta dovesse essere considerata di particolare tenuità e, di conseguenza, non punibile in base all’art. 131-bis c.p. La tesi difensiva si basava sull’assunto che l’azione fosse stata commessa per provvedere al proprio sostentamento.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa argomentazione, sottolineando un aspetto fondamentale: l’imputato avrebbe potuto chiedere un’autorizzazione al giudice che aveva emesso la misura restrittiva. Non avendolo fatto, la sua condotta assumeva un carattere di gravità tale da escludere l’applicazione della norma sulla tenuità del fatto.
L’Analisi della Cassazione: la gravità della condotta e l’art. 131-bis
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per aspecificità. I giudici hanno evidenziato che il ricorrente non si è confrontato criticamente con la motivazione della sentenza di secondo grado. Quest’ultima aveva correttamente individuato nel comportamento dell’imputato un carattere ostativo al riconoscimento della tenuità del fatto.
Il punto centrale della decisione risiede nella valutazione della condotta. La Corte ha ribadito che la possibilità di seguire una via lecita (richiedere l’autorizzazione) e la scelta consapevole di percorrere invece una via illecita sono elementi che pesano nella valutazione della gravità del reato. Questo comportamento non solo conferma la volontà di evadere, ma rende la condotta tutt’altro che lieve.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su una logica stringente. L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. richiede una valutazione complessiva del fatto, che include le modalità della condotta e l’intensità del dolo. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la scelta di non rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere un permesso dimostrasse una chiara e deliberata volontà di sottrarsi al controllo e di operare illecitamente.
Secondo la Cassazione, il non aver richiesto l’autorizzazione induce a ritenere che l’agente stesse operando ‘ancora una volta, illecitamente’. Questo comportamento, oltre a confermare l’intento di evasione, qualifica la condotta come significativamente grave, impedendo di classificarla come un fatto di ‘particolare tenuità’. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio importante: la valutazione della tenuità del fatto non è un mero esercizio aritmetico basato sulla pena edittale, ma un’analisi concreta della condotta. Per i reati come l’evasione, la presenza di alternative lecite a disposizione dell’agente diventa un fattore determinante. La scelta deliberata di infrangere la legge, quando si sarebbe potuto agire diversamente nel rispetto delle regole, è un chiaro indicatore di un’offesa non trascurabile. La decisione serve quindi da monito, sottolineando che l’accesso a benefici come l’art. 131-bis c.p. è precluso a chi dimostra, con le proprie azioni, una deliberata e non lieve opposizione ai precetti dell’ordinamento giuridico.
La causa di non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis) è applicabile al reato di evasione?
Sì, in linea di principio, ma la sua applicazione dipende da una valutazione concreta della gravità della condotta. In questo caso specifico, è stata negata perché il comportamento dell’imputato è stato ritenuto tutt’altro che lieve.
Perché la condotta non è stata considerata di ‘particolare tenuità’?
Perché l’individuo aveva un’alternativa lecita: poteva chiedere l’autorizzazione al giudice per provvedere al proprio sostentamento. Scegliendo deliberatamente di non farlo e di agire illecitamente, ha dimostrato una significativa gravità nella sua condotta e una chiara finalità di evasione.
Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato ‘inammissibile per aspecificità’?
Significa che il ricorrente non ha contestato in modo specifico e critico le ragioni su cui si basava la decisione della corte precedente. Di conseguenza, la Corte di Cassazione non ha esaminato il merito della questione e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1636 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1636 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARLETTA il 15/08/1981
avverso la sentenza del 06/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che NOME, in relazione all’art. 385 cod. pen., deduce il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Considerato che il motivo è inammissibile per aspecificità, in quanto il ricorrente non si è confrontato criticamente con la motivazione della sentenza impugnata che ha rilevato il carattere ostativo della significativa gravità della condotta di rea accertata, dal momento che il ricorrente, ove mai avesse voluto davvero provvedere lecitamente al proprio sostentamento, avrebbe potuto chiedere di essere autorizzato dal giudice che aveva emesso la misura. Il non averlo fatto, induce a ritenere che stesse operando, ancora una volta, illecitamente e, quindi, ciò, oltre a dare conferma della sussistenza della finalità di evadere, rende tutt’altro che lieve la condotta posta in essere.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 settembre 2023
Il Consig iere estensore
Il Presiente