Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22356 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22356 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata in ROMANIA il 17/03/1994
avverso la sentenza del 10/12/2024 della Corte d’appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, previa riqualificazione del delitto in quello di furto tentato con esclusione della circostanza aggravante
dell’esposizione dei beni alla pubblica fede, ha condannato l’imputata per delitto di cui agli artt. 56 e 624 cod. pen.
Avverso la richiamata sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME articolando d motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti strettamente necess per la decisione.
2.1. Con il primo, deduce omessa pronuncia della Corte territoriale sull richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bi pen., potendosi instare per la stessa, come avvenuto, anche nelle conclusio rassegnate nell’ambito del procedimento camerale, essendo i relativi presuppost rilevabili d’ufficio dal giudice, finanche in sede di legittimità.
Evidenzia, al riguardo, che sussistono i relativi presupposti applicat avendo il tentato furto riguardato beni di consumo, immediatamente restituit all’avente diritto.
2.2. Mediante il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione quanto al mancato accoglimento della richiesta di concessione del beneficio dell non menzione della condanna nel casellario giudiziale.
A fondamento della censura sottolinea che la motivazione si è fondata sull’esistenza di fatti successivi a quello in esame che, tuttavia, erano dichiarati non punibili ex art. 131-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo non può trovare accoglimento.
Occorre premettere che la ricorrente ha chiesto ritualmente alla Cort d’appello di vagliare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della c di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., poiché, sebbene ci avvenuto solo nelle conclusioni depositate, nell’ambito del rito camerale, difensore, si tratta di questione rilevabile di ufficio dal giudice del grava quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali l’obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la ste può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 129, cod. proc. pen. (Sez 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh, Rv. 280707, principio affermato in un’ipotesi in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizi appello).
Effettivamente, come deduce l’imputata, la decisione impugnata non ha motivato rispetto a tale richiesta della parte.
Sennonché, ciò non radica un vizio della pronuncia, poiché si trattava di un’istanza manifestamente infondata, atteso che era comunque ostativa, nel caso in esame, alla dichiarazione di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. la circostanza che, come evidenziato nella sentenza di primo grado, la COGNOME ha commesso altri delitti della stessa indole.
Né al riguardo assume rilievo che, per questi reati, l’imputata abbia ottenu una pronuncia di declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. atteso che, come hanno chiarito le Sezioni Unite nella fondamentale sentenza “Tushaj”, ai fini della valutazione sulla non abitualità del reato richiesta predetta norma «il rilievo dell’accertamento in ordine all’esistenza dell’ill implicato dalla dichiarazione di non punibilità è allora esattamente e solo quel di costituire un “reato” che, sommato agli altri della stessa indole richiesti legge nei termini di cui si è detto, dà luogo alla legale abituali comportamento» e che «nella valutazione complessiva afferente al giudizio di abitualità ben potranno essere congiuntamente considerati reati oggetto d giudizio ed illeciti accertati per così dire incidentalmente ex art. 131-bis» (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, in motivazione).
Analoghi principi sono ritraibili dalla successiva decisione delle Sezioni Unit “COGNOME“, che, nel ritenere che anche le relative sentenze debbano essere iscritte nel casellario giudiziale, ha posto in rilievo che ciò è funzion consentire la valutazione del criterio della “non abitualità del comportamento” futuri giudizi (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276463).
2.11 secondo motivo non è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Occorre considerare che, come è stato chiarito dalla richiamata sentenza “COGNOME“, la dichiarazione di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. postula l’accertamento dell’illecito penale e la responsabilità dell’imputato pe commissione dello stesso (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590, in motivazione, cit.).
In ragione di ciò, questa Corte ha già chiarito, con riferimento all’isti della sospensione condizionale della pena, che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., costituendo un precedente giudiziario, può essere ritenuto ostativo al riconoscimento de beneficio (Sez. 3, n. 26527 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286792 – 05).
Ad analoghe conclusioni il collegio ritiene di dover pervenire con riferimento alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Infatti, l’art. 175, primo comma, cod. pen., stabilisce che: «Se, con u prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero
una pena pecuniaria non superiore a euro 516, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta
menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale …».
Il beneficio in questione può, dunque, essere denegato anche avendo riguardo ai precedenti penali e giudiziari dell’imputato, in forza della disposizione
espressa dall’art. 133, secondo comma, lett.
b), cod. pen.
Precedenti, questi, nell’ambito dei quali ben possono essere annoverati, anche se non hanno dato luogo ad una statuizione di condanna (che sarebbe
ex se
preclusiva del beneficio della non menzione) i provvedimenti emessi, tanto nel corso delle indagini preliminari in sede di archiviazione, che all’esito del giudizio,
ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
Tali GLYPH
provvedimenti, GLYPH
invero, GLYPH
presuppongono GLYPH
l’accertamento GLYPH
della responsabilità penale dell’indagato o dell’imputato per il fatto pur dichiarato non
punibile perché di lieve entità.
E, del resto, la possibilità di iscrivere detti provvedimenti nel casellario giudiziario è finalizzata, come hanno chiarito le Sezioni Unite nella citata
sentenza “COGNOME“, anche a compiere valutazioni prognostiche correlate alla valenza di precedenti che essi assumono in successivi giudizi (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276463, cit.).
Pertanto, deve essere affermato il principio di diritto per il quale, nell’ambito delle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen. – che, ai sensi dell’art. 175, primo comma, del medesimo codice, possono giustificare la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale – rientrano anche i provvedimenti di archiviazione o di declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen.
Dunque, la decisione impugnata, nel fare riferimento, laddove ha denegato il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale, ai due precedenti per i quali la ricorrente ha ottenuto l’archiviazione per tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., si è conformata all’enunciato principio.
Il ricorso deve, dunque, essere nel complesso rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2025
Il Consigliere COGNOME
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Il Presidente