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Art. 131-bis: precedenti e non menzione condanna

La Corte di Cassazione ha stabilito che i precedenti reati, anche se dichiarati non punibili per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p., contribuiscono a delineare l’abitualità del comportamento. Di conseguenza, tali precedenti ostacolano una nuova applicazione dello stesso beneficio e possono giustificare il diniego della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, in quanto rappresentano un valido indice della capacità a delinquere del soggetto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis: anche i reati ‘lievi’ pesano sulla fedina penale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce l’impatto dei precedenti penali, anche se archiviati per particolare tenuità del fatto. La decisione esplora come l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale influenzi sia future richieste dello stesso beneficio sia la concessione della non menzione della condanna. Vediamo insieme cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I fatti del caso

Una persona veniva condannata dalla Corte di Appello per il reato di tentato furto. La difesa, nel corso del giudizio di secondo grado, aveva chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., e, in subordine, il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale.

La Corte d’Appello, tuttavia, non si pronunciava sulla prima richiesta e rigettava la seconda. L’imputata decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando due vizi principali:
1. Omessa pronuncia: la mancata valutazione sulla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis.
2. Vizio di motivazione: il rigetto della non menzione era basato su precedenti fatti per i quali, paradossalmente, la stessa imputata aveva già ottenuto una declaratoria di non punibilità proprio ai sensi dell’art. 131-bis.

La decisione della Corte e il ruolo dell’art. 131-bis

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali sull’interpretazione e applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto.

Sull’abitualità del comportamento

In merito alla prima doglianza, la Suprema Corte ha affermato che la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis era manifestamente infondata. Il motivo? La presenza di altri delitti della stessa indole commessi in precedenza dall’imputata.

Il punto cruciale è che, anche se per quei reati era stata dichiarata la non punibilità, essi costituiscono comunque un “reato” ai fini della valutazione sull’abitualità del comportamento. Citando le Sezioni Unite (sentenza “Tushaj”), la Corte ribadisce che una declaratoria ex art. 131-bis non cancella il fatto storico né l’accertamento della responsabilità penale. Quel fatto, sebbene non punito, concorre a formare il quadro di un comportamento reiterato che impedisce future applicazioni del medesimo beneficio.

Sulla non menzione della condanna

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha chiarito che i provvedimenti di archiviazione o le sentenze di non punibilità per tenuità del fatto costituiscono precedenti giudiziari a tutti gli effetti. Come tali, possono essere legittimamente valutati dal giudice per negare la concessione del beneficio della non menzione della condanna.

Il ragionamento è lineare: la non menzione si basa su una prognosi favorevole circa il futuro comportamento del condannato. La presenza di precedenti, anche se non puniti per la loro lieve entità, è un elemento che incrina questa prognosi, indicando una tendenza a commettere illeciti che il giudice non può ignorare.

Le motivazioni

Le motivazioni della sentenza si fondano su un principio cardine: la declaratoria di non punibilità ex art. 131-bis postula e richiede un accertamento pieno della commissione del reato e della responsabilità dell’imputato. Non si tratta di un’assoluzione nel merito, ma di una rinuncia dello Stato a punire un fatto-reato di minima gravità, commesso da un soggetto non abituale.

Questa natura di “accertamento incidentale” dell’illecito, come definito dalle Sezioni Unite nella sentenza “Tushaj”, fa sì che il fatto resti giuridicamente rilevante per altre valutazioni. La successiva sentenza “De Martino” ha confermato questo approccio, stabilendo che tali decisioni devono essere iscritte nel casellario giudiziale proprio per consentire ai giudici futuri di valutare il criterio della “non abitualità del comportamento”.

Di conseguenza, un giudice che deve decidere sulla concessione della non menzione della condanna (art. 175 c.p.) deve considerare tutte le circostanze indicate nell’art. 133 c.p., inclusi i precedenti penali e giudiziari. In questo novero rientrano a pieno titolo anche le precedenti archiviazioni per tenuità del fatto, poiché forniscono un quadro completo della personalità dell’imputato.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, consolida un orientamento rigoroso sull’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Le conclusioni pratiche sono due e di grande importanza:
1. Effetto preclusivo: Ottenere una declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto non è una pagina bianca. Quel precedente reato, sebbene non punito, sarà considerato per valutare l’abitualità del comportamento in futuri procedimenti, rendendo molto più difficile ottenere lo stesso beneficio una seconda volta.
2. Valore come precedente: Una sentenza o un’archiviazione ex art. 131-bis è un precedente giudiziario negativo. Può essere legittimamente utilizzato da un giudice per negare altri benefici, come la non menzione della condanna, poiché incide sulla valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato.

Un precedente reato dichiarato non punibile per tenuità del fatto (art. 131-bis) impedisce di ottenere lo stesso beneficio in futuro?
Sì, secondo la Corte tale precedente, pur non essendo una condanna, contribuisce a dimostrare l’abitualità del comportamento, che è una causa ostativa alla nuova applicazione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Una sentenza di non punibilità ex art. 131-bis può essere usata per negare la non menzione della condanna in un altro processo?
Sì. La Corte ha stabilito che un tale provvedimento costituisce un precedente giudiziario a tutti gli effetti e può essere legittimamente considerato dal giudice come un elemento negativo nella valutazione complessiva della personalità dell’imputato, giustificando così il diniego del beneficio della non menzione.

È possibile chiedere l’applicazione dell’art. 131-bis per la prima volta nelle conclusioni del giudizio di appello?
Sì, la sentenza lo conferma implicitamente. La Corte chiarisce che la questione della non punibilità per tenuità del fatto è rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, assimilandola alle altre cause di proscioglimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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