Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46533 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46533 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nata a Lecce il 29/06/1960, avverso la sentenza del 05/02/2024 del Tribunale di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 5 febbraio 2024 il Tribunale di Lecce condannava NOME COGNOME previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 2.000,00 euro di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, per i reati di cui agli artt. 64, comma 1, lett. a) e 80, comma 3, d.lgs. n. 81/2008.
Avverso la sentenza del Tribunale di Lecce, NOME COGNOME tramite il suo difensore, proponeva appello, sollevando due motivi.
Con il primo motivo, denunciava violazione del diritto di difesa per mancata assunzione della prova e grave omissione in fase di verbalizzazione circa lo svolgimento dei fatti di udienza.
In sintesi, la difesa premetteva che all’udienza del 05/02/2024, cui si perveniva da rinvio delle precedenti udienze del 03/07/2023 (rinvio disposto per esame imputata e discussione) e del 25/01/2024 (rinvio disposto per impedimento dell’imputata), il giudice non ammetteva il deposito di documentazione e non ammetteva neanche l’esame dell’imputata, tanto che quest’ultima chiedeva di poter rilasciare spontanee dichiarazioni. Deduceva, quindi, la ricorrente che il giudice aveva chiuso il verbale dell’udienza del 05/02/2024 senza chiedere alle parti se avessero produzioni documentali e se ritenessero necessaria ulteriore attività istruttoria, nonostante fosse intenzione della ricorrente ed essa avesse anche richiesto di depositare: a) documentazione comprovante il fatto che il proprietario si stava facendo carico di eseguire i lavori di adeguamento dell’impianto elettrico della struttura adibita a canile, b) convenzione sottoscritta dal comune di Lecce nella quale l’ente locale si faceva carico della manutenzione dell’immobile e dell’impianto elettrico. Dal deposito della documentazione sarebbe emerso che il ruolo della associazione rappresentata dall’imputata era esclusivamente quello di occuparsi del mantenimento dei cani. Dall’esame dell’imputata sarebbe emerso inoltre che il figlio dell’imputata si era attivato, in periodo di pandemia, con tutte le difficoltà dovute alle chiusure delle attività, a risolvere la vicenda del reato ascritto alla madre; sarebbe emerso infine che la ricorrente non aveva più legami con l’associazione, avendo rassegnato le dimissioni a far data dal 2021.
Con il secondo motivo, denunciava insufficiente motivazione e conseguente mancata valutazione del fatto di lieve entità ex art. 131-bis cod. pen.
Deduceva la ricorrente che i profili della personalità del reo e del comportamento processuale, segnatamente la disponibilità anche a sottoporsi
all’esame che le era stato negato, avrebbero imposto al giudice di contenere nei minimi la pena. Non era poi giustificata la mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., assolutamente non motivata, in considerazione della esiguità del danno (che non vi era stato) e della non abitualità del comportamento (essendosi la ricorrente dimessa nel 2021). Infine, non era supportata da adeguata motivazione la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, in considerazione della incensuratezza dell’imputata.
Con ordinanza in data 10 aprile 2024 la Corte di appello di Lecce, dato atto che l’appello era stato proposto avverso sentenza inappellabile ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., poiché di condanna alla sola pena dell’ammenda, riqualificato l’appello come ricorso per cassazione, disponeva trasmettersi gli atti alla Suprema Corte di cassazione.
E’ pervenuta memoria difensiva dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia della ricorrente. In detta memoria, si insiste nei motivi di ricorso, producendo i verbali delle udienze del 03/07/2023 (in cui era stato disposto l’esame dell’imputato), del 25/01/2024 (in cui era stato disposto un rinvio del processo per impedimento dell’imputata), del 05/02/2024 (in cui non era stata disposta l’assunzione dell’interrogatorio dell’imputata), nonché contratto di comodato d’uso in cui emergeva che gli oneri gravanti sulla struttura, compresi utenze e costi di gestione, erano di competenza comunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
E’ stato infatti affermato il principio secondo cui, quando la parte vi assiste, le nullità di cui agli artt. 180 e 181 cod. proc. pen. concernenti la deliberazione di esaurimento dell’assunzione delle prove debbono essere eccepite, a pena di decadenza, in sede di formulazione e precisazione delle conclusioni (cfr. Sez. 3, n. 29649 del 27/03/2018, Bulletti, Rv. 273590; Sez. 6, n. 42182 del 16/10/2012, COGNOME, Rv. 254338; v. anche Sez. 5, n. 7108 del 14/12/2015, dep. 23/02/2016, COGNOME, Rv. 266076).
Infatti, indiscussa la presenza della parte al momento della deliberazione di chiusura dell’istruttoria e, quindi, certa la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., tanto da aver reso spontanee dichiarazioni, va evidenziato come tra la dichiarazione di chiusura dell’istruttoria dibattimentale e la deliberazione della sentenza vi sia la fase della discussione e della precisazione delle conclusioni. E tale fase è certamente idonea a consentire
la proposizione dell’eccezione, in sede di formulazione e illustrazione delle conclusioni, ex art. 523, comma 1, cod. proc. pen.
In applicazione di tale principio, pertanto, le eccezioni di mancata ammissione di prove documentali e di mancato esame dell’imputata sollevate con l’atto di gravame dalla ricorrente (atto di appello convertito in ricorso per cassazione) erano tardive, in quanto avrebbero dovuto, a pena di decadenza, essere sollevate nella fase di discussione e precisazione delle conclusioni innanzi al Tribunale di Lecce.
Il secondo motivo è fondato limitatamente alla omessa motivazione sulla richiesta della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. ed inammissibile nelle ulteriori doglianze.
2.1 Invoca, innanzitutto, la ricorrente il contenimento della pena nei minimi, avuto riguardo ai profili della personalità del reo e del comportamento processuale, in ragione della disponibilità a sottoporsi ad esame.
La doglianza è all’evidenza inammissibile sia perché generica, sia perché non tiene conto del costante orientamento di questa Corte secondo il quale poiché la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.). Le Sezioni unite di questa Corte hanno, peraltro, ribadito che «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione), evenienza questa non ricorrente nel caso di specie.
Scendendo in concreto, il Tribunale ha determinato la pena finale, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in euro 2.000,00 di ammenda. In tal modo, il giudice del merito, a fronte di due reati contravvenzionali che prevedono un trattamento sanzionatorio alternativo, arresto o ammenda, ha non solo applicato la sanzione nella meno grave pena pecuniaria, ma è altresì partito da una pena base di euro 3.000,00 di ammenda, al di sotto del medio edittale del trattamento sanzionatorio previsto
all’epoca di commissione del fatto, facendo espresso richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., così attenendosi ai richiamati indirizzi di legittimità.
2.2 Quanto al beneficio della sospensione condizionale della pena, la censura della mancata concessione non può essere condivisa, avendo il giudice di merito non illogicamente tratto dalla condotta successiva al reato – ovverosia la mancata ottemperanza alle prescrizioni imposte dall’organo amministrativo – la prognosi sfavorevole di non ricaduta nel comportamento trasgressivo.
2.3 La ricorrente lamenta, infine, che la mancata applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è stata motivata dal giudice di primo grado, pur avendone la difesa richiesto l’applicazione in presenza della sussistenza dei presupposti della esiguità del danno e della non abitualità del comportamento.
Effettivamente, sebbene la difesa dell’imputata avesse formulato, in sede di conclusioni, richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., il Tribunale ne ha omesso la disamina, non evincendosi neppure dalla restante motivazione le ragioni del relativo diniego. Risulta, quindi, integrata la dedotta carenza motivazionale che vizia parzialmente l’atto decisorio e ne impone l’annullamento con rinvio sul punto, investendo il rilievo un ambito della decisione rimesso all’esclusivo apprezzamento fattuale del giudice di merito.
Va, peraltro, richiamato e ribadito il principio, a cui la Corte intende dare continuità, secondo cui nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio non può dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, COGNOME, Rv. 267590; Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, COGNOME, Rv. 265434), stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell’imputata (Sez. 3, n. 5439 del 13/01/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, COGNOME, Rv. 264796).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. peri., con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Lecce in diversa persona fisica. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità dell’art. 131cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Lecce in diver persona fisica. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Così deciso il 24/09/2024.