Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36349 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratcf della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata nel procedimento a carico di NOME, nata in Ucraina il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/01/2025 del Tribunale di Torre Annunziata visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO del foro di Torre Annunziata, anche in sostituzione del difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO del foro di Napoli per RAGIONE_SOCIALE, che si riporta alla memoria in atti, chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME non punibili, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 10 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A), 81 cpv., 110 cod. pen. 64, 65, 71, e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo B), 81 cpv., 110 cod. pen., 83 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo C), e, il solo COGNOME, anche per il reato di cui all’art. 481 cod. pen. (capo E); ha inoltre dichiarato non doversi procedere, nei confronti di entrambi gli imputati in relazione di cui al capo D) perché estinto ai sensi dell’art. 181, comma 1-quinquies, d.lgs. n. 42 del 2004. Fatti accertati il 22 e 28 settembre 2023, con riguardo ai capi A), B), C), D, e commesso il 14 aprile 2023, in relazione al capo E).
Avverso l’indicata sentenza, il pubblico ministero presso il Tribunale di Torre Annunziata ha proposto ricorso per saltum ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen., deducendo l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e la manifesta irragionevolezza della motivazione relativamente al ragionamento che ha condotto alla pronuncia di non punibilità per lieve entità del fatto. Ad avviso del ricorrente, dalla semplice lettura del capo di imputazione, emerge come gli abusi non siano affatto esigui, posto che: 1) riguardano un intero manufatto nel suo complesso; 2) sono stati realizzati in totale assenza di qualsivoglia titolo abilitativo; 3) ricadono in zona sottoposta a vincoli; 4) non sono sanabili; 5) sono stati realizzati anche in violazione della normativa antisismica. La motivazione, pertanto, avrebbe fatto malgoverno dell’art. 131-bis cod. pen. e sarebbe apparente, non tenendo conto della dimensione e della collocazione delle opere abusive in zona sottoposta a plurimi vincoli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è ammissibile e fondato.
In punto di ammissibilità, si osserva che, ai sensi della vigente formulazione dell’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. p), I. 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, «Il
pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2».
Di conseguenza, come già affermato da questa Corte, il pubblico ministero, a seguito della novellazione dell’art. 593, comma 2, cod. proc. pen. ad opera dell’art. 2, comma 1, lett. p), legge 9 agosto 2024, n. 114, può proporre ricorso per cassazione avverso le sentenze di proscioglimento per i reati elencati dall’art. 550, commi 1 e 2, cod. proc. pen. pronunziate successivamente al 25 agosto 2024, data di vigenza della legge citata, deducendo tutti i motivi di cui all’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 17493 del 16/04/2025, Pmt, Rv. 288029 – 01).
Di qui l’ammissibilità del ricorso, essendo stata la pronuncia impugnata emessa dopo il 25 agosto 2024.
3. Nel merito, il ricorso è fondato.
L’art. 131-bis cod. pen. è stato novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo d.lgs., aggiunto dall’art. 6, comma 1, d.-l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
Le novità introdotte nell’art. 131-bis cod. pen. si colgono in una triplice direzione, ossia: 1) la AVV_NOTAIO estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione e, quindi, indipendentemente dal massimo edittale, come previsto dalla previgente formulazione; 2) la rilevanza, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa, anche alla condotta susseguente al reato; 3) l’esclusione del carattere di particolare tenuità dell’offesa in relazione ai reati riconducibili alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE‘Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul 1’11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di ritenuti di particolare gravità.
Ai fini qui di interesse, per effetto della novella può assumere rilevanza, ai fini della valutazione della gravità dell’offesa, anche della condotta susseguente al reato, la quale è uno – ma non certamente l’unico, né il principale – degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa.
Peraltro, come si desume dalla Relazione illustrativa all’indicato d.lgs., il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto, «condotta susseguente al reato» – allo scopo di «non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le
condotte post delictum, potrà fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3 cod. pen.».
Il giudice può perciò valutare una vasta gamma di condotte, definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, in grado di incidere sulla misura dell’offesa.
Ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali, ad esempio, le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa – ma anche, e specularmente, quando dette condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto.
6. Va precisato, infine, come pure emerge dalla Relazione illustrativa (p. 346), che la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131-bis cod. pen., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’art. 133, comma 1, cod. pen., ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, l’intensità del dolo o della colpa: elementi che, nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa.
Ciò significa che le condotte post delictum non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto – dando così luogo a una sorte di esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma, come detto, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa, giudizio in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta.
Emblematico, in relazione ai reati qui al vaglio, il caso in cui la consistenza dell’opera abusiva è tale da escludere in radice l’esiguità del danno o del pericolo, quale che sia la condotta riparatoria post declutum: in un’evenienza del genere, il giudice non può che negare l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. (cfr. Sez. 3, n. 33414 del 04/03/2021, Riillo, Rv. 282328 – 01).
Si rammenta, infine, che, nel caso di reati urbanistici o paesaggistici, come costantemente affermato da questa Sezione (Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 266586; Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, COGNOME,
Rv. 265448), i parametri di valutazione ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. sono i seguenti: la consistenza dell’intervento abusivo (tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive), la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e conseguente impossibilità di sanatoria, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente e le modalità di esecuzione dell’intervento.
Orbene, nella vicenda in esame il Tribunale non si è attenuto ai principi indicati, avendo focalizzato la valutazione di particolare tenuità del fatto unicamente sulla condotta post delictum, ossia sull’eliminazione delle opere abusive, così eludendo una valutazione globale e complessiva di tutti gli elementi indicati dall’art. 133, comma 1, cod. pen., come sopra declinati in relazione ai reati urbanistici
La sentenza impugnata deve perciò essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa persona fisica, affinché, libero nel merito, proceda a una valutazione complessiva di tutti gli indici di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. ai fini della sussistenza, o meno, della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa persona fisica.
Così deciso il 07/10/2025.