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Art. 131-bis: no tenuità per spaccio reiterato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per spaccio di lieve entità. La richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è stata respinta. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che il numero di cessioni di droga e le modalità dell’azione indicavano un disvalore oggettivo della condotta incompatibile con il beneficio richiesto.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis e Spaccio: Quando la Reiterazione Esclude la Tenuità del Fatto

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis cod. pen., rappresenta un tema di grande dibattito, specialmente in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la reiterazione delle condotte di spaccio, anche se di lieve entità, può costituire un ostacolo insormontabile per l’accesso a questo beneficio. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che confermava la condanna di una donna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La difesa della ricorrente aveva incentrato il suo unico motivo di ricorso sulla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen..

Secondo la tesi difensiva, la condotta contestata possedeva tutte le caratteristiche per essere considerata ‘particolarmente tenue’ e, di conseguenza, non meritevole di sanzione penale. Tuttavia, i giudici di merito avevano rigettato tale istanza.

La Valutazione del Disvalore della Condotta

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha confermato la validità della decisione impugnata. Il punto centrale della questione non era la qualificazione del reato come ‘di lieve entità’ ai sensi della legge sugli stupefacenti, ma la valutazione complessiva della condotta ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen..

Questo istituto richiede una duplice valutazione: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. I giudici di merito avevano escluso il primo requisito sulla base di elementi concreti emersi durante il processo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello immune da vizi logici e giuridici. I giudici hanno sottolineato che la non punibilità era stata correttamente negata alla luce del ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata’.

Nello specifico, due elementi sono stati decisivi:

1. Il numero di cessioni effettuate: La pluralità degli episodi di spaccio, anche se singolarmente di modesta entità, ha contribuito a delineare un quadro di attività illecita non occasionale.
2. Le modalità dell’azione: Le circostanze concrete in cui si sono svolti i fatti hanno evidenziato una gravità complessiva che superava la soglia della ‘particolare tenuità’.

Secondo la Corte, l’argomentazione dei giudici d’appello era coerente con le risultanze istruttorie e, pertanto, non censurabile in sede di legittimità. Il ricorso, di conseguenza, è stato dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. deve essere condotta in modo globale e concreto. Anche in presenza di un reato formalmente qualificato come di ‘lieve entità’, come nel caso dello spaccio previsto dal comma 5 dell’art. 73, la non punibilità non è automatica.

La reiterazione della condotta, manifestata attraverso un numero significativo di episodi, diventa un fattore chiave che può indicare un ‘disvalore oggettivo’ tale da impedire l’applicazione del beneficio. La decisione insegna che il giudice non deve limitarsi a considerare la quantità di stupefacente ceduta in una singola occasione, ma deve analizzare l’intera attività delittuosa per determinare se l’offesa al bene giuridico tutelato sia effettivamente ‘particolarmente tenue’.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sulla base della decisione esaminata, non si applica quando il disvalore oggettivo della condotta è rilevante. Tale disvalore può essere desunto da elementi concreti come il numero di azioni illecite commesse (ad esempio, molteplici cessioni di droga) e le specifiche modalità dell’azione, anche se il reato è formalmente qualificato come di lieve entità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello, che aveva escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stata ritenuta logica, coerente con le prove raccolte e priva di vizi giuridici. La Cassazione non può riesaminare nel merito tali valutazioni, ma solo controllarne la correttezza logico-giuridica.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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