Art. 131 bis: Quando la Gravità del Fatto Preclude la Tenuità
L’applicazione dell’art. 131 bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, rappresenta uno strumento fondamentale di deflazione processuale e di proporzionalità della sanzione. Tuttavia, il suo ambito di applicazione è soggetto alla valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tale valutazione, sottolineando come un giudizio sulla gravità oggettiva della condotta, seppur sintetico, possa essere sufficiente a escludere il beneficio.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p., sostenendo, tra le altre cose, un’errata interpretazione delle norme applicabili nel tempo (ratione temporis).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una distinzione cruciale: quella tra l’analisi delle norme applicabili e la valutazione del fatto concreto. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, negando il beneficio non per un’errata applicazione della legge, ma a causa della ritenuta ‘gravità oggettiva della condotta’.
Le Motivazioni: la Valutazione di Merito sull’Art. 131 bis
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella natura del giudizio richiesto per l’applicazione dell’art. 131 bis. La Corte ha precisato che la decisione impugnata non si basava sull’applicazione di una novella legislativa (la legge n. 77 del 2019), che avrebbe potuto porre questioni di applicabilità ratione temporis, bensì su un ‘sintetico ma non contrastato giudizio di gravità oggettiva della condotta’.
Questo tipo di valutazione appartiene al merito del processo e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non presenti vizi logici macroscopici o contraddizioni evidenti. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello, sebbene concisa, fosse sufficiente a giustificare l’esclusione della particolare tenuità del fatto. Di conseguenza, la censura del ricorrente è stata giudicata infondata, in quanto mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione del fatto, preclusa alla Corte di Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa pronuncia ribadisce un principio consolidato: la valutazione sulla particolare tenuità del fatto è una prerogativa del giudice di merito. Per contestare efficacemente una decisione di diniego in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice, ma è necessario dimostrare un vizio logico-giuridico palese nella motivazione. La decisione evidenzia inoltre le conseguenze processuali di un ricorso inammissibile: ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento impugnatorio.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la censura del ricorrente si concentrava su una valutazione di merito (la gravità della condotta), che non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione del giudice precedente è logica e non contraddittoria.
Qual era il fondamento della decisione della Corte d’Appello nel negare l’art. 131 bis?
La Corte d’Appello ha negato l’applicazione dell’art. 131 bis sulla base di un giudizio di ‘gravità oggettiva della condotta’, ritenendo quindi che il fatto non potesse essere considerato di ‘particolare tenuità’.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila Euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9693 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9693 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/01/1984
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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letto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché l’unica censura prospettata- diret contestare il giudizio relativo alla non applicabilità dell’art 131 bis- non considera che la de impugnata perviene al relativo esito negativo non tanto in applicazione della novella apporta dalla legge n. 77 del 2019 – che ha escluso il reato in contestazione tra quelli per i q possibile applicare la detta causa di non punibilità-, non applicabile ratione temporis, bens un sintetico ma non contrastato giudizio di gravità oggettiva della condotta, tale da rendere censurabile in questa sede la relativa valutazione di merito;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2024.