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Art. 131 bis cod. pen.: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen. La decisione si fonda sul fatto che il ricorso era meramente riproduttivo di argomenti già respinti in precedenza e non conteneva una critica specifica alla sentenza impugnata, la quale aveva correttamente escluso il beneficio in ragione dei numerosi precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131 bis cod. pen.: quando la genericità del ricorso porta all’inammissibilità

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis cod. pen., rappresenta un importante strumento di deflazione processuale e di proporzionalità della sanzione. Tuttavia, il suo riconoscimento non è automatico e deve superare il vaglio dei giudici di merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso mal formulato possa precludere l’esame di questa richiesta, ribadendo i requisiti di specificità che un atto di impugnazione deve possedere.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza di condanna emessa dal Tribunale. L’unico motivo di doglianza sollevato dinanzi alla Suprema Corte riguardava il mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 131 bis cod. pen. L’imputato sosteneva, in sostanza, che il reato commesso fosse di lieve entità e che, pertanto, avrebbe dovuto beneficiare della non punibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (ovvero se l’imputato avesse o meno diritto al beneficio), ma si ferma a un livello precedente, quello della corretta formulazione dell’atto di impugnazione. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la riproposizione di censure generiche

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui i giudici hanno respinto il ricorso. La Corte ha evidenziato come l’atto di impugnazione fosse meramente “riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito”. In altre parole, il ricorrente si è limitato a ripresentare le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate nel precedente grado di giudizio, senza muovere una critica specifica e puntuale al ragionamento seguito dalla sentenza impugnata.

Gli ostacoli all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.

La Corte ha inoltre richiamato le motivazioni della sentenza di merito, sottolineando come questa avesse correttamente identificato gli elementi ostativi alla concessione del beneficio. Nello specifico, i giudici avevano tenuto conto:

1. Delle modalità della condotta: le circostanze concrete del reato.
2. Della tipologia dello strumento rinvenuto: un elemento che aggravava la valutazione del fatto.
3. Dei numerosi precedenti penali: l’imputato era già stato condannato per reati della stessa indole. Questo elemento è stato decisivo, poiché l’art. 131 bis cod. pen. esclude l’applicazione del beneficio nei casi di “comportamento abituale”, desumibile anche dalla presenza di precedenti specifici.

Le Conclusioni: un monito sulla tecnica redazionale dei ricorsi

La pronuncia in commento è un importante monito per la difesa tecnica. Un ricorso per Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle difese svolte nei gradi di merito. Deve, al contrario, contenere una critica precisa, argomentata e logicamente coerente avverso le specifiche ragioni giuridiche esposte nel provvedimento che si intende impugnare. In mancanza di tale specificità, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce, infine, che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un’esimente indiscriminata, ma uno strumento la cui applicazione è preclusa di fronte a condotte che, pur singolarmente di modesta entità, si inseriscono in un quadro di abitualità nel commettere reati.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti di legge. In questo caso, perché era generico e si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel giudizio precedente, senza una critica specifica alle motivazioni della sentenza impugnata.

Perché non è stato applicato l’art. 131 bis cod. pen. in questo caso?
L’applicazione è stata esclusa perché i giudici hanno valutato negativamente le modalità della condotta, la natura dello strumento utilizzato nel reato e, soprattutto, i numerosi precedenti penali specifici del ricorrente, che configurano un comportamento abituale incompatibile con il beneficio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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