Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FARINDOLA il 29/06/1969
avverso la sentenza del 13/12/2022 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 dicembre 2022, la Corte di appello di L’Aquila ha riformato la sentenza pronunciata il 25 gennaio 2021 dal Tribunale di Chieti nei confronti di NOME COGNOME applicando all’imputato le attenuanti generiche e rideterminando la pena in mesi dieci, giorni venti di reclusione ed € 206,00 di multa. Nel resto la sentenza di primo grado è stata confermata.
COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 56, 624 bis, 625, comma 1 n. 2, cod. pen. per aver compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di beni custoditi nell’abitazione di NOME COGNOME COGNOME introducendosi, mediante effrazione della recinzione in metallo, nella corte della abitazione stessa, ove fu sorpreso dal proprietario.
Per mezzo del proprio difensore l’imputato ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello. Il ricorso si articola in tre motivi che seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Col primo motivo il difensore deduce erronea applicazione di legge e illogicità della motivazione quanto all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Si duole, in primo luogo, che tale affermazione di responsabilità sia avvenuta sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa la cui attendibilità verosimiglianza non è stata verificata. Sostiene, inoltre, che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sull’idoneità e inequivocità della condotta dell’imputato, che fu sorpreso dal proprietario dell’immobile vicino al cancello del cortile e sostenne di esservi entrato, avendolo trovato aperto, alla ricerca di un po d’acqua da inserire nel radiatore della macchina surriscaldato.
Secondo il difensore, questa tesi trova conferma nelle dichiarazioni della moglie dell’imputato – che ha detto di aver appreso per telefono da lui del guasto alla macchina – e non è smentita dalle dichiarazioni della persona offesa. COGNOME ha riferito, infatti, che COGNOME aveva indosso una tenaglia ma ha detto di essersi reso conto, solo dopo averlo fatto allontanare, che nella recinzione del cortile era stato aperto un varco. A questo proposito la difesa osserva: che la tenaglia poteva essere utilizzata per procurarsi l’acqua da un tubo privo di rubinetto; che il varco nella recinzione potrebbe essere stato aperto in precedenza da terza persona; che l’abitazione nel cui cortile l’imputato fece ingresso appariva abbandonata e, quindi, priva di beni da asportare sicché la condotta posta in essere non era inequivocamente diretta alla commissione di un furto in
appartamento e il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come violazione dell’art. 614 cod. pen.
2.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione per non essere stato applicato l’art. 131 bis cod. pen.
Osserva che l’applicazione della causa di non punibilità era stata chiesta quale conseguenza della diversa qualificazione giuridica del fatto ed è stata respinta dalla Corte territoriale in ragione della pena edittale prevista per la violazione degl artt. 56, 624 bis, 625 n. 2 cod. pen., ma il d.lgs. 10 ottobre 2022 n.150 (in vigore dal 30 dicembre 2022) ha modificato l’art. 131 bis cod. pen. consentendone l’applicazione in tutti i reati puniti con pena detentiva «non superiore nel minimo a due anni» tra i quali c’è il tentato furto in appartamento aggravato.
2.3. Col terzo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio. Si duole che, essendo stato tratto a giudizio per il reato di cui agli artt. 56, 624 bis, 625 n. 2 cod. pen., COGNOME sia stato condannato ad una pena determinata partendo dalla pena base prevista dall’art. 624 bis, comma 3, cod. pen.
Con memoria scritta, tempestivamente depositata, il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha replicato con memoria del 28 novembre 2023, insistendo, in particolare, per l’accoglimento del secondo motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo di ricorso è fondato. Gli altri non meritano accoglimento.
Come noto, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il c apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945). Per giurisprudenza costante, il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dall legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice
dell’appello. La Corte di legittimità, infatti, è chiamata ad un controllo sull’esiste di una motivazione effettiva, che deve compiere attraverso una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, m sua valutazione non può mai sconfinare nel merito (fra le tante, Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261600). Non sono pertanto deducibili, in sede di ricorso per cassazione, censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con at probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante) su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo. E sono inammissibili doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della va probatoria del singolo elemento (in tal senso, di recente, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep.2021, F., Rv. 280601).
3. Così delineato l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserv che, con il primo motivo, il ricorrente invoca, nella sostanza, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova, senza confrontarsi con l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito p affermare la responsabilità penale dell’imputato.
La Corte di Appello ha fondato tale affermazione di responsabilità sulle dichiarazioni della persona offesa che non aveva ragione di dichiarare il falso, non essendosi neppure costituita parte civile in giudizio, e ha fornito una ricostruzione della vicenda chiara, coerente e circostanziata precisando di essere certo che, prima dei fatti, non vi fosse alcuna apertura nella recinzione; recinzione che controllava quotidianamente perché, avendo un cane, voleva essere sicuro che non potesse allontanarsi. A ciò deve aggiungersi che la persona offesa chiese l’intervento delle Forze dell’ordine indicando agli operanti il numero della targa dell’auto a bordo della quale l’autore del fatto si era allontanato e il teste NOME COGNOME (in servizio presso la stazione carabinieri di Penne) ha detto di aver percorso la strada dalla abitazione della persona offesa a quella di Salzetta (proprietario dell’auto cui la targa si riferiva) senza rilevare tracce del veic sicché il guasto, quand’anche esistente, si era risolto senza necessità di rabboccare acqua nel radiatore. È appena il caso di rilevare, poi, che la casa nel cui cortil COGNOME si introdusse non era affatto disabitata e non è controverso fosse utilizzata
dalla persona offesa. In conclusione, la sentenza impugnata ha argomentato sull’affermazione della penale responsabilità con motivazione completa che non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità e non è dunque censurabile in questa sede.
Non ha alcun pregio il terzo motivo di ricorso col quale la difesa si duole che la pena base sia stata determinata applicando la disposizione di cui all’art. 624 bis, comma 3, cod. pen.
Costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui, nel delitt tentato, la determinazione della pena può essere indifferentemente effettuata con il cosiddetto metodo diretto o sintetico, cioè senza operare la diminuzione sulla pena fissata per la corrispondente ipotesi di delitto consumato, oppure con il calcolo bifasico, mediante scissione dei due momenti indicati, ferma la necessità del contenimento della riduzione della pena edittale prevista per il reato consumato da uno a due terzi e l’obbligo di motivazione per dare conto della scelta operata (Sez. 5, n. 40020 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 277528; Sez. 5, n. 3526 del 15/10/2013, dep. 2014, Birra, Rv. 258461; Sez.1 n. 35013 del 06/06/2013, Colombo, Rv. 257210).
Nel caso di specie, risulta chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata che la pena base è stata determinata nella misura di anni uno, mesi quattro di reclusione ed C 309,00 di multa sulla quale, ai sensi dell’art. 624 bis, comma 4, cod. pen. è stata applicata la diminuzione conseguente alla concessione delle attenuanti generiche portando la pena finale a mesi dieci, giorni venti di reclusione ed C 206,00 di multa.
Tanto premesso si deve rilevare che il fatto è stato commesso il 23 ottobre 2017 e, a far data dal 3 agosto 2017, la pena edittale minima prevista per il furto in appartamento aggravato è pari ad anni cinque di reclusione ed C 1.000 di multa. Ciò comporta che la pena minima prevista per il tentativo sia pari ad anni uno, mesi otto di reclusione ed C 334,00 di multa.
La pena inflitta, dunque, è inferiore al minimo edittale, ma, in assenza di impugnazione, tale violazione di legge non può essere rilevata d’ufficio. Ed invero, quando il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge, ma in senso favorevole all’imputato, «si realizza un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del pubblico ministero, non può porre riparo né con le formalità di cui agli artt. 130 e 619 cod. proc. pen., versandosi in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale de computo aritmetico della pena, né in osservanza all’art. 1 cod. pen. e in forza del proprio compito istituzionale di correggere le deviazioni da tale disposizione, in
quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità l’illegalità della p specie o nella quantità, è limitata all’ipotesi in cui l’errore sia avvenut dell’imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del diviet “reformatio in peius”» (Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 283650; Sez. 2, n. 30198 del 10/09/2020, COGNOME, Rv. 279905; Sez. 5, n. 44897 d 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265529).
Si deve esaminare a questo punto il secondo motivo di ricorso col quale difesa si duole della mancata applicazione della causa di non punibilità pr dall’art. 131-bis cod. pen.
A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 15 disposizione opera «nei reati puniti con pena detentiva non superiore nel min a due anni» ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta p detentiva. Il reato per cui si procede, dunque, rientra oggi entro i limit che consentono di valutarne la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis co Tale disciplina, più favorevole rispetto a quella previgente, ha carattere sost e per questo è applicabile, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., anche precedentemente commessi (Sez. 1, n. 30515 del 02/05/2023, COGNOME, Rv. 284975; sull’argomento: Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, R 266593; Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023, COGNOME, Rv. 284617; Sez. 3, n. 180 del 04/04/2023, COGNOME, Rv. 284497).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha escluso la possibilità di appli causa di non punibilità di cui si tratta facendo esclusivo riferimento all’ent pena edittale (che precludeva l’applicazione del beneficio) e ha valutato l’im meritevole delle attenuanti generiche in ragione della modestia del fatto e «assenza di precedenti specifici». Ne consegue che la sentenza impugnata de essere annullata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila per nuovo giudizio possibilità di applicare la disposizione di cui all’art. 131 bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione della causa non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Perugia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 6 dicembre 2023
Il Consigliére e tensore
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