Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23531 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23531 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTTA.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Sassari il 07/09/2021, assolvendo NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 73 c. 1 e 5 d.P.R. 309 del 1990, e rideterminando la pena inflitta per il residuo reato di cui all’art. 4 c. 3 legge 110 del 1975, per avere portato, fuori dalla propria abitazione e senza giustificato motivo, un coltello a serramanico della lunghezza di cm. 18,5, di cui cm. 8 di lama, in mesi 2 di arresto ed C 1.000 di ammenda.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, sviluppando tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in riferimento all’art. 4 legge 110 del 1975. Si duole il difensore che la Corte abbia ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato nonostante non risulti che gli operanti, al momento del controllo, avessero chiesto all’imputato se avesse un giustificato motivo per il porto del coltello; la mancata spontanea giustificazione da parte dell’imputato poteva essere dovuta ad una inevitabile ignoranza della legge, che doveva essere valutata dalla Corte alla luce delle condizioni personali del COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo si duole del mancato riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 131 bis cod. pen., ricorrendone tutti i presupposti di legge ed in assenza di abitualità nel reato.
2.3. Con il terzo motivo, in via subordinata, eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato, commesso il 15/12/2017.
Il AVV_NOTAIO Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La Difesa ha depositato una memoria con la quale insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo, dovendosi respingere nel resto.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto generico, aspecifico e manifestamente infondato, oltre che meramente riproduttivo di profilo di censura già
adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dalla sentenza impugnata.
I Giudici di merito, infatti, con concorde valutazione, hanno ritenuto integrato l’elemento psicologico del reato in contestazione, osservando come alcun giustificato motivo al pacifico possesso del coltello fosse stato addotto dall’imputato nell’immediatezza (e neppure successivamente), facendo corretta applicazione del consolidato principio affermato dalla questa Corte di legittimità per cui il “giustificato motivo” rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187). Del tùtto correttamente è stato poi sottolineato come non sussista alcun obbligo per gli operatori di polizia di richiedere le ragioni del possesso, dovendo essere il detentore a fornire spontaneamente tale giustificazione.
Peraltro il ricorso si appalesa generico perché omette di esplicitare quale fosse il giustificato motivo, in ipotesi pretermesso dal Giudice.
Quanto all’ignoranza della legge, è sufficiente ricordare come l’errore di diritto scusabile, in quanto dovuto ad ignoranza “inevitabile” della legge penale nella sua esatta delimitazione e nel suo preciso significato (alla stregua di quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale 24 marzo 1988 n. 364, dichiarativa della parziale illegittimità costituzionale dell’art. 5 cod. pen.), è configurabile solo in presenza di una oggettiva e insuperabile oscurità della norma o del complesso di norme da cui deriva il precetto penalmente sanzionato, evenienza non riscontrabile nel caso di specie.
Il terzo motivo, con il quale la Difesa si duole della mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è infondato.
Il reato contestato è stato commesso il 15/12/2017, e quindi al termine massimo di cinque anni, previsto per i reati contravvenzionali, vanno aggiunti i periodi di sospensione, nella misura massima di un anno e sei mesi ciascuno, a decorrere dalla sentenza di primo grado e da quella di appello, contemplati dall’art. 159 cod. pen. nella formulazione vigente all’epoca dei fatti (c.d. riforma Orlando, entrata in vigore il 3 agosto 2017), norma da intendersi come più favorevole rispetto a quella, introdotta con la L. n. 3/2019 (c.d. riforma Bonafede), che aveva sancito la sospensione della prescrizione sine die dopo la pronuncia di primo grado (cfr. sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 – 01).
Dunque, dalla sentenza di condanna di primo grado, emessa il 07/09/2021, si è avuta la sospensione del termine di prescrizione nei limiti di un anno e sei mesi; ed un’ulteriore sospensione sino ad un massimo di un anno e sei mesi ha cominciato a decorrere dopo l’emissione della sentenza d’appello, del 26/04/2023, con la
conseguenza che ad oggi il termine massimo prescrizionale non risulta ancora maturato.
E’ fondato, invece, il secondo motivo di ricorso.
Dalla sentenza stessa risulta che il difensore aveva chiesto, in sede di gravame, l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen.
Tale richiesta imponeva una decisione da parte del giudice, trattandosi di uno specifico punto affrontato dall’imputato.
Il giudice non ha concesso l’assoluzione così richiesta, ma non ha motivato in alcun modo la sua decisione, né è possibile, dal complesso della motivazione, dedurre che l’abbia valutata implicitamente non concedibile.
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., alla Corte di appello di Cagliari, affinché, libera nell’esito, rinnovi il giudizio GLYPH limitatamente all’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Cagliari. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente