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Art. 131-bis abitualità: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, secondo l’art. 131-bis del codice penale, è stata respinta a causa dell’abitualità nel reato del ricorrente. La Corte ha sottolineato che le censure erano generiche e che l’abitualità è un ostacolo normativo all’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis e Abitualità nel Reato: Quando la Tenuità del Fatto Non Basta

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo ambito di operatività è circoscritto da precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come l’art. 131-bis e l’abitualità nel reato siano concetti incompatibili, portando alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso formulato in termini troppo generici.

Il Contesto del Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna per il reato di tentato furto aggravato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione dell’art. 131-bis c.p. A suo dire, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente motivato il diniego dell’applicazione di tale causa di non punibilità.

La Decisione sull’Art. 131-bis e Abitualità

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile. La decisione si basa su due pilastri argomentativi interconnessi: la genericità delle censure mosse e la corretta applicazione dei principi normativi che regolano la materia.

Le Ragioni dell’Inammissibilità: Le Censure Generiche

In primo luogo, i giudici di legittimità hanno evidenziato come le doglianze del ricorrente fossero state formulate in termini ‘assolutamente generici’ e ‘aspecifici’. L’imputato si era limitato a lamentare una presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello, senza però contestare in modo puntuale e specifico le ragioni effettivamente esposte nella sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve individuare con precisione l’errore di diritto o il vizio logico che inficerebbe la decisione precedente, non potendosi limitare a una mera riproposizione di richieste già respinte.

Il Ruolo Decisivo dell’Abitualità nel Reato

Il secondo e decisivo punto riguarda il merito della questione. La Corte di Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una giustificazione pienamente conforme al dettato normativo e agli orientamenti giurisprudenziali consolidati. La non applicabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto era stata correttamente motivata sulla base dell’abitualità nel reato dell’imputato. L’art. 131-bis, infatti, esclude esplicitamente dal proprio campo di applicazione i casi in cui l’autore del reato sia un delinquente abituale, professionale o per tendenza, o quando abbia commesso più reati della stessa indole.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte sono state chiare e dirette. La giustificazione offerta dalla Corte d’Appello non era censurabile in sede di legittimità perché fondata su un presupposto ostativo previsto dalla legge stessa: l’abitualità. Di fronte a tale condizione, ogni ulteriore valutazione sulla tenuità del fatto diventa superflua. La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: l’art. 131-bis e l’abitualità sono incompatibili. Il ricorso, pertanto, non solo era generico, ma si scontrava con un ostacolo normativo insormontabile, rendendo inevitabile la sua dichiarazione di inammissibilità.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Anzitutto, conferma che la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’elevata specificità nell’articolazione delle censure. In secondo luogo, ribadisce con fermezza che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un beneficio accessibile a chiunque. La condotta di vita dell’imputato e la sua eventuale ‘carriera’ criminale assumono un peso decisivo. L’abitualità nel reato agisce come un interruttore che spegne la possibilità di applicare l’art. 131-bis, a prescindere dalla gravità concreta del singolo episodio delittuoso. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione ritenuta priva di fondamento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le ragioni di doglianza erano formulate in termini del tutto generici e aspecifici, limitandosi a criticare la mancanza di motivazione senza confrontarsi con le specifiche ragioni addotte dalla Corte d’Appello.

Cosa impedisce l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. in questo caso?
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è impedita dalla condizione di ‘abitualità nel reato’ del ricorrente. La legge, infatti, esclude esplicitamente che tale beneficio possa essere concesso a chi manifesta una tendenza a delinquere.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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