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Arresto in quasi flagranza: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23663/2025, annulla la decisione di un Giudice per le Indagini Preliminari che non aveva convalidato un arresto per furto. La Corte suprema chiarisce che l’arresto in quasi flagranza è legittimo se l’indagato viene sorpreso subito dopo il reato con oggetti, come strumenti da scasso e la refurtiva, che lo collegano in modo inequivocabile al delitto, rendendo superflua una confessione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Arresto in quasi flagranza: la Cassazione definisce i limiti della legittimità

L’arresto in quasi flagranza rappresenta uno strumento cruciale a disposizione della polizia giudiziaria per intervenire tempestivamente dopo la commissione di un reato. Tuttavia, i suoi confini non sono sempre netti, generando talvolta interpretazioni divergenti. Con la recente sentenza n. 23663 del 2025, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza, stabilendo che la presenza di tracce e cose pertinenti al reato, percepite direttamente dagli agenti, è sufficiente a giustificare la misura, anche in assenza di una confessione.

I Fatti del Caso: Furto in un Ristorante

Il caso ha origine da un furto aggravato commesso ai danni di un esercizio commerciale. Due individui, dopo aver forzato una finestra, si erano impossessati di una somma di circa 70 euro in monete e avevano tentato di scassinare le slot machine presenti nel locale.

Poco dopo il fatto, una pattuglia dei Carabinieri notava un’auto, simile a una già segnalata per un furto precedente nello stesso luogo, allontanarsi a gran velocità. Fermato il veicolo, gli agenti identificavano i due occupanti. Durante la perquisizione, venivano rinvenuti un martello da 2 kg, un borsellino con 70 euro in monete, guanti da lavoro e altri indumenti. Una delle persone fermate ammetteva la propria responsabilità. Sulla base di questi elementi e dei precedenti a carico dei due soggetti, la polizia giudiziaria procedeva all’arresto.

La Decisione del GIP e le Ragioni del Pubblico Ministero

Sorprendentemente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Sassari decideva di non convalidare l’arresto. Secondo il giudice, mancava lo stato di quasi flagranza, poiché gli elementi raccolti (martello, monete, indumenti) non erano di per sé sufficienti a collegare inequivocabilmente gli arrestati al reato senza la confessione dell’indagata. Il GIP riteneva inoltre ingiustificato l’arresto facoltativo, data la modesta gravità del fatto e il “modesto profilo criminale” dei soggetti. Il Pubblico Ministero, ritenendo errata tale valutazione, proponeva ricorso in Cassazione.

La Cassazione e la corretta interpretazione dell’arresto in quasi flagranza

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero, annullando senza rinvio l’ordinanza del GIP. La Suprema Corte ha chiarito che il giudice di merito aveva interpretato in modo errato i presupposti dell’arresto in quasi flagranza.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la situazione di quasi flagranza, ai sensi dell’art. 382 del codice di procedura penale, non richieda la percezione diretta della commissione del reato. È invece sufficiente che, subito dopo il delitto, l’autore sia sorpreso “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che l’arresto non si basava, come erroneamente sostenuto dal GIP, su dichiarazioni di terzi, ma sulla diretta percezione da parte della polizia giudiziaria di elementi oggettivi e convergenti. La fuga a bordo di un’auto già nota, il possesso di un martello idoneo allo scasso, il ritrovamento dell’esatta somma sottratta in monete e degli indumenti compatibili costituivano un quadro indiziario solido e inequivocabile. Questi elementi, valutati ex ante dagli operanti, collegavano direttamente e immediatamente gli indagati al furto appena commesso.

Inoltre, la Cassazione ha evidenziato un errore di diritto fondamentale del GIP. Il caso in esame non rientrava nell’ambito dell’arresto facoltativo (art. 381 c.p.p.), bensì in quello dell’arresto obbligatorio (art. 380 c.p.p.). Il reato contestato era infatti furto aggravato dalla violenza sulle cose (art. 625, n. 2, c.p.), una circostanza che impone l’arresto in flagranza. Di conseguenza, ogni valutazione sulla gravità del fatto o sulla pericolosità dei soggetti era irrilevante ai fini della legittimità della misura.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: per la legittimità dell’arresto in quasi flagranza, è determinante la concatenazione logica e temporale tra il reato e il ritrovamento di cose o tracce che, obiettivamente, riconducono all’indagato. La valutazione della polizia giudiziaria deve basarsi su questi elementi concreti, la cui percezione immediata fonda la legalità dell’intervento. La decisione della Cassazione restituisce certezza operativa alle forze dell’ordine e corregge un’interpretazione restrittiva che avrebbe potuto indebolire l’efficacia della repressione dei reati.

Cosa si intende esattamente per “quasi flagranza” di reato?
La quasi flagranza si verifica quando una persona, subito dopo aver commesso un reato, viene inseguita dalla polizia, dalla vittima o da altre persone, oppure viene sorpresa in possesso di cose o tracce che dimostrano in modo evidente che ha appena commesso il delitto.

È necessaria una confessione per giustificare un arresto in quasi flagranza?
No. Come chiarito dalla sentenza, l’arresto è legittimo se basato sulla percezione diretta, da parte della polizia, di elementi oggettivi (come strumenti da scasso o la refurtiva) che collegano in modo inequivocabile la persona al reato appena commesso, anche senza una confessione.

L’arresto per furto con scasso è sempre obbligatorio?
Sì. Secondo l’articolo 380, comma 2, lettera e), del codice di procedura penale, l’arresto è obbligatorio in caso di flagranza per il delitto di furto aggravato da una delle circostanze previste dall’articolo 625, primo comma, n. 2) c.p., come la violenza sulle cose (scasso).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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