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Arresto in quasi flagranza: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21905/2025, annulla la decisione di un Tribunale che non aveva convalidato un arresto per rapina impropria. Si chiarisce che per l’arresto in quasi flagranza non sono necessarie le tracce materiali del reato, ma è sufficiente la percezione diretta da parte della polizia di un contesto fattuale che renda altamente probabile la commissione del reato poco prima.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Arresto in quasi flagranza: la Cassazione amplia il concetto di “tracce del reato”

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21905/2025) offre un’importante chiarificazione sui confini dell’arresto in quasi flagranza, un istituto fondamentale della procedura penale. La Corte ha stabilito che la legittimità dell’arresto non dipende esclusivamente dalla presenza di prove materiali, come la refurtiva, ma può basarsi sulla percezione diretta, da parte degli agenti, di un contesto che renda altamente probabile la commissione di un reato in un momento immediatamente precedente. Analizziamo insieme questa decisione.

I fatti di causa: dal furto alla rapina impropria

Il caso ha origine dall’arresto di una donna per il reato di rapina impropria, commesso all’interno di un esercizio commerciale. La donna, dopo aver sottratto della merce e averla nascosta in uno zaino, era stata fermata da un addetto alla vigilanza subito dopo aver superato le casse. In attesa dell’arrivo della polizia, la donna aveva reagito con violenza verbale e minacce nei confronti della vicedirettrice del negozio, trasformando così il reato da furto a rapina impropria (art. 628, comma 2, c.p.).

All’arrivo, la pattuglia di polizia assisteva direttamente alla fase finale di questa condotta, ovvero alle invettive della donna contro il personale del negozio, mentre era trattenuta in attesa del loro intervento. La merce era già stata recuperata dall’addetto alla vigilanza.

La decisione del Tribunale e il ricorso in Cassazione

Nonostante il quadro descritto, il Tribunale di prima istanza non convalidava l’arresto. La motivazione si basava su un’interpretazione letterale dell’art. 382 c.p.p., secondo cui la donna non era stata sorpresa con “tracce evidenti del reato” addosso, poiché la merce era già stata recuperata. In sostanza, per il primo giudice, mancava l’elemento materiale che collegasse direttamente l’arrestata al crimine.

La Procura della Repubblica ha impugnato questa decisione, sostenendo che l’intervento della polizia era avvenuto in una fase di stretta contiguità temporale e logica con il reato e che gli agenti avevano percepito direttamente elementi sufficienti a configurare lo stato di quasi flagranza.

L’analisi sull’arresto in quasi flagranza della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura, annullando senza rinvio l’ordinanza del Tribunale e affermando la piena legittimità dell’arresto. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che interpreta la nozione di “quasi flagranza” in modo non formalistico.

La Corte ribadisce che il concetto di “tracce del reato” non deve essere limitato alla sola prova materiale o letterale (come la refurtiva). Esso può includere anche elementi immateriali come:

* L’atteggiamento dell’autore del fatto.
* La reazione della persona offesa.
* L’intero contesto percepito direttamente dagli agenti di polizia.

L’elemento cruciale, secondo la Cassazione, è che la polizia giudiziaria abbia una percezione diretta e autonoma di elementi che, nel loro insieme, consentano di ritenere con “altissima probabilità” la responsabilità del soggetto in relazione a un reato commesso “immediatamente prima”.

Le motivazioni

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il Tribunale avesse errato nel rigettare la richiesta di convalida. Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano sul fatto che i poliziotti erano intervenuti pochi minuti dopo la commissione del fatto e avevano assistito personalmente a una frazione della condotta illecita: la violenza verbale della donna contro la vicedirettrice. Questo elemento, unito al contesto generale (la donna trattenuta dalla vigilanza all’uscita del negozio), costituiva un quadro indiziario sufficientemente solido. La percezione diretta di questa situazione consentiva agli agenti di ritenere, con elevata probabilità, che l’aggressione verbale fosse la coda di un’azione criminosa iniziata poco prima, ovvero l’impossessamento illecito della merce. La decisione del G.I.P. è stata quindi giudicata in contrasto con l’orientamento consolidato che impone di valutare il contesto dei fatti nella sua interezza, e non solo in senso letterale.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un principio di fondamentale importanza pratica: per la legittimità di un arresto in quasi flagranza, non è indispensabile che l’indagato sia sorpreso con la refurtiva in mano. Ciò che conta è che le forze dell’ordine, intervenendo in un lasso di tempo quasi immediato, percepiscano direttamente una situazione fattuale (comportamenti, reazioni, contesto) che funga da “traccia” inequivocabile del reato appena commesso. Questa interpretazione garantisce l’efficacia dell’azione di contrasto ai reati, bilanciandola con la necessità che l’arresto si fondi su elementi concreti e direttamente osservati, e non su semplici narrazioni di terzi.

Per l’arresto in quasi flagranza è necessario che la polizia trovi la refurtiva addosso al sospettato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la nozione di “tracce del reato” non va intesa in senso strettamente letterale. L’arresto è legittimo anche se la refurtiva è già stata recuperata, qualora il contesto generale percepito direttamente dalla polizia renda altamente probabile che il reato sia stato appena commesso dal sospettato.

Cosa si intende per “tracce del reato” ai fini della quasi flagranza?
Le “tracce del reato” possono includere non solo oggetti materiali (come la refurtiva), ma anche l’atteggiamento dell’autore del fatto, la reazione della persona offesa e l’intero contesto della situazione, purché questi elementi siano percepiti direttamente dagli agenti e indichino con alta probabilità la commissione del reato in un momento immediatamente precedente.

L’arresto è legittimo se la polizia interviene basandosi solo sulle informazioni della vittima?
No, la sentenza chiarisce, richiamando un principio delle Sezioni Unite, che l’arresto non è legittimo se si basa esclusivamente sulle informazioni fornite dalla vittima o da terzi. È necessaria una percezione diretta e autonoma da parte degli agenti di polizia di elementi (le “tracce”) che colleghino inequivocabilmente l’indiziato al reato appena commesso. Nel caso di specie, l’arresto è stato ritenuto legittimo perché la polizia ha assistito direttamente a una parte della condotta illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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