Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46713 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46713 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURA della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di BERGAMO ci
COGNOME (CODICE_FISCALE) nato in Senegal il 16/09/1996
avverso l’ordinanza del 26/09/2024 del GIP del TRIBUNALE di BERGAMO Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte voglia annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata; lette le conclusioni del difensore di ufficio, Avv. NOME COGNOME del foro di Roma, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 26/09/2024 il Gip del Tribunale di Bergamo non convalidava l’arresto di NOME COGNOME, effettuato in data 24 settembre 2024, con riferimento alla rapina aggravata di cui al capo A (in Bergamo il 16 settembre 2024); arresto eseguito ai sensi dell’art. 71, comma 2, d.lgs. 159/2011, in caso di non flagranza per reato previsto al comma 1 del medesimo articolo, commesso da persona sottoposta a due misure di prevenzione, disposte dal Questore di Como.
Riteneva il Gip che, la lettura costituzionalmente orientata della norma .) escludeva l’arresto fuori dei casi di flagranza per ogni soggetto sottoposto ad una
t/Q
qualsiasi delle misure di misure di prevenzione disciplinate dal decreto legislativo di riferimento e che la disposizione potesse applicarsi solo ove il delitto commesso fosse in rapporto di consequenzialità logica rispetto al contenuto prescrittivo della misura di prevenzione in concreto adottata sì da giustificare un giudizio di acuita pericolosità sociale; circostanza iquest’ultima ;da escludere nel caso di specie, posto che l’indagato era sottoposto alla misura del foglio di via obbligatorio dal Comune di Grandate, con obbligo di residenza in Como (luoghi estranei a quello di commissione del delitto), e che l’ulteriore misura dell’avviso orale aveva contenuto vago ed indeterminato.
Propone ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, eccependo con un unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 71, commi 1 e 2, d.lgs. 159/2011 nell’interpretazione sostanzialmente abrogativa del Gip che, pur applicando la misura massima della custodia cautelare, non aveva convalidato l’arresto per ragioni estranee al chiaro tenore letterale della norma ad alla finalità ad essa sottesa; richiama a tal fine la giurisprudenza di legittimità sull’aggravante di cui all’art. 71, comma 1 – circa la volontà COGNOME legislativa COGNOME ispiratrice COGNOME della GLYPH disposizione GLYPH normativa, GLYPH individuata nell’obiettivo di contrastare le condotte delittuose di soggetti sottoposti a misura di prevenzione, in relazione a reati di particolare natura – e le stringenti condizioni per eseguire l’arresto fuori dei casi di flagranza, a garanzia della compatibilità costituzionale della disposizione di legge (gravità del reato per il quale sia già previsto l’arresto in flagranza, attualità della misura di prevenzione al momento della commissione del reato e all’atto dell’arresto operato dalla PG).
3. Il ricorso è fondato.
L’art. 71, d. Igs. 159/2011, che riproduce il dettato legislativo dell’art. 7, I. 31/05/1965 n. 575 (abrogato dall’art. 120, comma 1, lett. b, dello stesso decreto legislativo), stabilisce, al secondo comma, che quando i delitti di cui al comma 1, per i quali è consentito l’arresto in flagranza, sono commessi da persone sottoposte alla misura di prevenzione, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto anche fuori dei casi di flagranza.
Il reato di rapina per il quale il quale il COGNOME è indagato (capo A) è compreso nell’elenco richiamato, trattandosi altresì di reato per il quale è previsto l’arresto in flagranza ai sensi degli artt. 380 e 381 cod. proc. pen.
Si sostiene nel provvedimento impugnato che la disposizione possa essere applicata “solo ove il delitto commesso si ponga in rapporto – quanto meno – di consequenzialità logica rispetto al contenuto prescrittivo della misura di
prevenzione in concreto adottata”, aggiungendosi in tal modo un requisito non previsto dalla norma. Si aggiunge che tale interpretazione restrittiva si giustificherebbe in ragione del giudizio di acuita pericolosità sociale, desumibile dalla commissione del fatto – reato nonostante il monito che dovrebbe promanare dall’adozione della misura di prevenzione e che s solo in tal modo i si eviterebbe “una palese collisione con le guarentigie alla libertà personale consacrate dall’art. 13 della Costituzione”.
Orbene, quanto alla voluntas legis, come già sottolineato dal giudice di legittimità nella pronuncia opportunamente richiamata dalla Procura ricorrente, la disposizione trova la sua ragione giustificativa nell’avvertita necessità di contrastare in maniera più decisa ed efficace, stante la loro maggiore pericolosità e determinazione criminosa, il comportamento di coloro che, colpiti da un provvedimento di applicazione della misura di prevenzione, non indugiano a commettere reati di particolare natura (Sez. 2, n. 1009 del 26/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282583). È pur vero che il principio è stato enunciato con riferimento all’aggravante prevista dal primo comma dell’art. 71 , ma la ratio è riferibile all’articolo di legge nel suo complesso, posto che entrambe le previsioni (quelle di cui al primo e al secondo comma) si riferiscono alla commissione di taluni delitti da parte di soggetti sottoposti a misure di prevenzione.
4.1. L’ordinanza richiama, come evidenziato, le garanzie previste dall’art. 13 della Costituzione in tema di libertà personale, senza tuttavia precisare come la lettura proposta si armonizzi con il precetto costituzionale e, soprattutto, quali sarebbero i profili di incostituzionalità derivanti dall’applicazione della norma nel suo tenore letterale.
L’art. 13, infatti, dopo aver stabilito l’inviolabilità della libertà personale, pone una doppia riserva a garanzia della compromissione di tale diritto fondamentale: di legge (“nei soli casi e modi previsti dalla legge”) e di giurisdizione (“se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria”).
Nel caso in esame, a prescindere dall’indubbia necessità di un provvedimento giudiziario che adempia all’obbligo di motivazione, sussiste una precisa disposizione di legge (l’art. 7, comma 2, appunto) che non ha contenuto e ratio irragionevoli, posto che l’arresto fuori dai casi di fragranza (cd. flagranza differita) nei confronti di persona sottoposte a misure di prevenzione è consentito solo se ricorrono specifiche condizioni (la commissione di uno dei reati particolarmente gravi, per i quali è già previsto l’arresto in flagranza di reato, indicati dal primo comma della norma in commento, e che nella scelta del legislatore esprimono un accentuato allarme sociale ove commessi da persone sottoposte a misure di prevenzione; l’attualità della misura di prevenzione al momento della commissione
del reato; l’attualità della misura di prevenzione all’atto dell’arresto operato dalla polizia giudiziaria).
La valutazione, pertanto, è effettuata ex ante e non necessita di un esame in concreto che tenga conto delle prescrizioni della misura di prevenzione e del loro collegamento con la condotta delittuosa; ciò che rileva è che determinati (gravi) reati siano stati commessi da persona che, già attenzionata dall’autorità per la riscontata pericolosità sociale, si sia mostrata insensibile alle finalità sottese al provvedimento di prevenzione.
4.2. Quanto alla collocazione sistematica della disposizione, alla quale pure fa cenno l’ordinanza impugnata, trattasi di una norma inserita nel titolo che disciplina “gli effetti, sanzioni e disposizioni finali” delle misure di prevenzione, per cui, nonostante la rubrica dell’art. 71 faccia riferimento alle circostanze aggravanti, la previsione sull’arresto costituisce una modalità applicativa dello stesso effetto, conseguente alla commissione di determinati reati da parte del soggetto sottoposto a misura di prevenzione (inasprimento del trattamento sanzionatorio, arresto anche in caso di non flagranza).
È, infine, errato quanto sostenuto dal G p (pag. 3) relativamente alla mancanza di limite temporale tra il momento della commissione del reato e l’adozione della misura privativa della libertà personale, sul presupposto che l’arresto fuori dei casi di flagranza potrebbe addirittura adottarsi fino a tre anni dopo la cessazione dell’efficacia della misura; non solo tale previsione è estranea alla norma ma, al contrario, come evidenziato in precedenza, l’applicazione dell’istituto presuppone la duplice attualità della misura di prevenzione (alla data di commissione del reato e all’atto di polizia giudiziaria, privativo della libertà personale).
In definitiva, l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio perché emessa in violazione di legge, trattandosi di arresto che è stato eseguito legittimamente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.
GLYPH
Così deciso in Roma il 28/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente