Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22670 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NOLA nel procedimento a carico di:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/02/2024 del TRIBUNALE di NOLA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.11 Pubblico Ministero presso il Tribunale di Noia ricorre per cassazi avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribun che non aveva convalidato l’arresto di COGNOME NOMENOME indagato per il reato d agli artt. 56-640 cod. pen. comma 2 n. 2-bis in relazione all’ar. 61 n.5 cod.
1.1 Al riguardo il Pubblico Ministero premette che l’arresto non era s convalidato in quanto si era ritenuto che il reato contestato non rientrass ipotesi per le quali era consentito l’arresto in flagranza; ciò premesso, il Ministero osserva che il comma dell’art. 381 cod. pen. consente l’arr facoltativo in flagranza in relazione a tutti i delitti per i quali è previst superiore nel massimo a tre anni, e tra questi rientra il tentativo di truffa a così come contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è fondato.
2.1 liprovvedimento impugnato ha seguito la condivisibile e consolidata te del giudice di legittimità (cfr., Sez. 2, n. 45511 del 05/10/2005, dep. 15/12 P.M. in proc. Bugday, Rv. 232933;Sez. 5, n. 696 del 07/02/2000, dep 20/03/2000, Conte, Rv. 215719; Sez. 2, n. 7441 del 14/12/1998, dep 16/01/1999, P.M. in proc. Cocchia, Rv. 212258) che ha ritenuto l’inapplicabil dell’art. 381 c.p.p., comma 2 per la mancata riproduzione della dizione del pr comma, nel quale si assimila esplicitamente il reato tentato a quello consum Tale interpretazione, aderente al dato letterale della norma, consente di ri pacificamente che, in tema di arresto facoltativo in flagranza, l’arresto d della polizia giudiziaria in ordine ai reati indicati dall’art. 381 c.p.p., co sia consentito nell’ipotesi di tentativo, in considerazione dell’autonomia del tentato rispetto a quello consumato, considerato che la norma in par espressamente si riferisce, elencandoli per articolo, ai “seguenti de diversamente dal primo comma ove la legge testualmente menziona i “delitti non colposi consumati o tentati” in ordine ai quali è autorizzata la cautela. qualora determinati effetti giuridici siano dalla legge ricollegati alla commi di reati specificamente indicati mediante l’elencazione degli articoli prevedono, senza ulteriori precisazioni, deve intendersi che essi si produ esclusivamente per le ipotesi consumate e non anche per quelle tentate.
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Ciò premesso, in ragione del rinvio all’art. 278 c.p.p. contenuto nell’art. 379 c.p.p., ai fini dell’applicazione delle norme sull’arresto in flagranza, si deve aver riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Ne consegue che, sempre in conseguenza dell’autonomia del reato tentato, non può ritenersi consentito l’arresto in flagranza per delitti tentati per i qual applicazione dell’art. 56 c.p., non risulti comminata una pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione (v. Sez. 2, n. 7441/1999, cit.).
L’art. 278, comma 1, cod. proc. pen. (rubricato «determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure coercitive»), a mente del quale «agli effetti dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla leg per ciascun reato consumato o tentato»; e «non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza aggravante prevista al numero 5) dell’articolo 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall’articolo 62 n. 4 del codice penale nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale». La pena stabilita per il delit tentato (figura di reato a se stante, del tutto autonoma, pur conservando il nomen iuris della figura del delitto cui si riferisce) non può che trarsi dal disposto dell’a 56, comma 2, cod. pen., secondo cui «il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, neg altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terz Ebbene, è proprio la lettera della legge a rendere manifesto che la pena massima per il tentativo – per le ipotesi in cui per il delitto de quo sia prevista una p detentiva temporanea – è il massimo edittale posto per il delitto consumato diminuito nella misura minima prevista dall’art. 56, comma 2, ossia di un terzo (così come, di converso, la pena minima prevista per il tentativo è pari al minimo edittale posto per il delitto consumato diminuito nella misura massima consentita dall’art. 56, comma 2, ossia di due terzi; cfr. già Sez. 6, n. 12378 del 07/07/1989, COGNOME, Rv. 182092 – 01; Sez. 2, n. 696 del 26/09/1986 – dep. 1987, COGNOME, Rv. 174913- 01; Sez. 1, n. 2391 del 13/01/1984, COGNOME, RV. 163165 – 01; Sez. 2, n. 2141 del 07/11/1969 – dep. 1970, COGNOME, Rv. 113758 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ragion per cui, nella presente ipotesi di tentativo di truffa aggravato ai sensi dell’art 61 n.5 cod. pen. (richiamato dall’art. 640 comma 2 n. 2 -bis cod. pen), deve essere ribadito il principio già espresso da questa Corte secondo cui «la determinazione della pena, ai fini dell’individuazione dei termini di durata massima della custodia cautelare , deve essere operata individuando la pena massima del delitto circostanziato consumato per poi applicare, su di essa, la riduzione
minima per la forma tentata» indicata dall’art. 56 cod. pen. (Sez. 2, n. 7995 del 16/11/2010 – dep. 2011, Cassia, Rv. 249914 – 01; cfr. pure Sez. 1, n. 4298 del 14/07/1998, Caputo, Rv. 211427 – 01); e, dunque, individuarsi il massimo edittale per il delitto in discorso, in anni tre e mesi quattro di reclusione (anni cinque d reclusione meno un terzo, posto che l’art. 640 comma 2 n.2-bis cod. pen. prevede la pena da uno a cinque anni di reclusione).
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere accolto con rinvio al Tribunale di Noia che, essendo l’arresto facoltativo, dovrà valutare i requisiti per la legittimità dell’arresto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Noia. Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma il 29/05/2024
Il Consigliere estensore
NOME