Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10635 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10635 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Livorno nel procedimento a carico di:
NOME NOME (CODICE_FISCALE), nata a Pisa il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/11/2023 del Tribunale di Livorno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN IFATTO
1. Il Procuratore della Repubblica di Livorno ricorre avverso il provvedimento del Tribunale di Livorno che non ha convalidato l’arresto di NOME COGNOME arrestata in flagranza e presentata al giudice per il giudizio direttissimo -, att posto in essere dalla polizia giudiziaria per il delitto di cui all’art. 385 cod. pen. essersi allontanata dall’abitazione, nonostante fosse sottoposta al regime della detenzione domiciliare, al di fuori della fascia di orario consentita (dalle 10,00 all ore 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00), essendlo stata rintracciata il 10 novembre 2023, in tempo di notte (alle ore 2,18), alla guida di una bicicletta.
Il Tribunale di Livorno, in sede di udienza fissata per l’eventuale convalida dell’arresto, l’emissione della misura cautelare ed il giudizio direttissimo ex art. 558 cod. proc. pen., all’esito dell’interrogatorio, non convalidava l’arresto sul presupposto che, non essendo decorse le dodici ore ed in assenza di elementi di concreto pericolo di commissione di ulteriori reati, l’indagata avrebbe potuto far ritorno in tempo nell’abitazione, con conseguente insussistenza del reati di evasione contestato. Il Tribunale ha ritenuto che la decisione fosse in linea con sentenza n. 211 del 2018 della Corte costituzionale che avrebbe esteso anche alla c.d. “detenzione domiciliare ordinaria” la disciplina prevista dall’art. 47 -sexies, comma 1, O.P. con riferimento alla “detenzione domiciliare speciale”.
Il ricorrente Procuratore, premessa la vicenda che aveva portato all’arresto della COGNOME, persona gravata da plurimi precedenti penali c:he si era già resa responsabile di analoghe evasioni, deduce vizi di motivazione e violazione dell’art. 381 cod. proc. pen. ex art. 606, comma 1, lett, b) ed e), cod. proc. pen.
Il ricorrente osserva come il Tribunale non si sia limitato ad effettuare la verifica del legittimo utilizzo del potere concesso dalle norme processuali alla polizia giudiziaria, che nel caso di specie aveva fondato la necessità di procedere all’arresto sui precedenti penali della COGNOME e sulle caratteristiche dell’azione che aveva accertato che la stessa fosse stata colta al di fuori della abitazione in tempo di notte ed in sella di una bici, ma aveva sostituito detto giudizio con una propria valutazione, specie nella parte in cui sono stati esclusi gli indici concreti del pericolo di commissione di altri reati, apprezzamento di cui si sarebbe potuto tenere conto, se del caso, in fase di emissione di misura cautelare.
Rileva, inoltre, come il riferimento alla decisione della Corte costituzionale risulta non pertinente in quanto non applicabile al caso in esame in cui, tra l’altro, non risulta che la detenuta convivesse con i figli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in quanto, sulla base dell’esame degli atti, del provvedimento impugnato e del ricorso, nel caso di specie ricorreva la flagranza del reato di evasione, fattispecie in tali termini contestata dal Pubblico Ministero che aveva richiesto la convalida dell’arresto facoltativo posto in essere dalla polizia giudiziaria.
È doveroso osservare come in questa sede si debba scrutinare unicamente la sussistenza o meno dei presupposti di legge necessari per ritenere legittimo
l’arresto operato, essendo preclusi i rilievi, pur dedotti, in ordine alla motivazione del provvedimento.
Ed infatti, sulla base di principi ormai radicati nella giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di occuparsi dei limiti del giudizio di legittimità in ordine alla convalida dello arresto, si è puntualizzato che possono essere dedotti con il ricorso per cassazione esclusivamente vizi di legittimità (Sez. 6, n. 38180 del 14/10/2010, Prikhno, Rv. 248519). Né il giudizio può spinciersi ad accertare l’elemento soggettivo del reato ipotizzato nei confronti dell’arrestato, la cui verifica è demandata alle successive fasi processuali (per una ipotesi connessa alla verifica dell’elemento soggettivo del delitto di evasione di un imputato allontanatosi senza autorizzazione dal luogo degli arresti domiciliari, v. Sez. 6, n. 21984 del 21/04/2008, COGNOME, Rv. 240369).
L’art. 381, comma 4, cod. proc. pen., inoltre, stabilisce che si procede all’arresto soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.
Ai fini della legittimità dell’arresto, quindi, non si richiede la presenz congiunta di entrambi i parametri previsti dall’art. 381, comma 4, cod. proc. pen., essendo sufficiente, come si desume dalla formulazione disgiuntiva della norma, la presenza di uno solo di essi (Sez. 1, n. 17332 del 30/03/2006, COGNOME, Rv. 234259).
D’altro canto, è evidente come i requisiti che consentono l’arresto in flagranza non sono sovrapponibili a quelli enunciati dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. con riferimento al significato da assegnare al concetto di “gravità del fatto” e “pericolosità del soggetto”, implicanti una valutazione che non può essere apprezzata da parte della polizia giudiziaria al momento dell’arresto.
L’approccio che deve governare la valutazione che il tribunale è chiamato a svolgere in sede di udienza di convalida dell’arresto deve essere caratterizzato da un giudizio ex ante che abbia riguardo alla situazione che si prospetta dinanzi alla polizia giudiziaria, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili, emersi solo successivamente all’adozione dell’atto precautelare (Sez. 6, n. 18196 del 13/04/2016, Barnaba, Rv. 266930).
3. La valutazione del Tribunale, che ha ritenuto insussistente il reato in ragione dell’ipotizzata riscrittura della norma dell’art. 385 cod. pen. in seguito alle decisioni della Corte costituzionale (n. 177 del 2009 e n. 211 del 2018), è erronea in quanto, quella oggetto di decisione del Giudice delle leggi, è ipotesi differente da quella sottoposta al suo vaglio.
Occorre in proposito evidenziare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 177 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47 -ter, commi
1, lett. a), seconda parte, e 8, legge 26 luglio 1975, n. 354, là dove non limita la punibilità, ai sensi dell’art. 385 cod. pen., al solo allontanamento dal domicilio che si protragga per più di dodici ore, come stabilito invece dall’art. 47-sexies, comma 2, della medesima legge, per violazione del principio di eguaglianza; la Corte costituzionale ha esteso il trattamento riservato a chi è destinatario della misura alternativa della detenzione domiciliare speciale, alla detenuta che è madre di prole di età inferiore ai dieci anni con la prima convivente, proprio sul presupposto della rilevata irrazionalità della disciplina dettata dal legislatore al cospetto situazioni niente affatto diverse.
A fronte dell’identica finalità delle due misure alternative, tese a «favorire un proficuo rapporto tra madre e figlio, al di fuori della restrizione carceraria», non trova giustificazione il differente e più severo trattamento previsto dal comma 8 dell’art. 47-ter della legge n. 354 del 1975 per la condotta di allontanamento non autorizzato della madre ammessa alla detenzione domiciliare “ordinaria”, che integra il delitto di evasione, in maniera deteriore rispetto alla “detenzione domiciliare speciale” che, per contro, consente un margine di tolleranza.
In disparte il chiaro testo del dispositivo della sentenza del Giudice delle leggi, che la pronuncia fosse circoscritta proprio alla sola ipotesi di cui all’art. 47-ter, comma 1, lett. a) cit., emerge dalla precisazione contenuta nella decisione secondo cui «il comma 8 dell’art. 47-ter, infatti, è dettato in via generale per tutti i condannati che si trovino nelle situazioni di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1, che contemplano figure eterogenee e non assimilabili a quella della madre di prole in tenera età»; mentre l’ipotesi posta al vaglio del Giudice delle leggi aveva fatto emergere profili di irrazionalità connessi alla praticamente sovrapponibile situazione che il legislatore disciplina con i successivi artt. 47-quinquies e 47sexies, le altre ipotesi contenute nel «catalogo» previsto dalla lett. b) alla e) dell’art. 47-ter, presentano profili differenti.
La successiva decisione della Corte costituzionale n. 211 del 2018, d’altronde, ha ritenuto di estendere gli effetti della sentenza n. 177 del 2009 agli allontanamenti dal domicilio dei detenuti padri, essendo la disciplina priva di giustificazione anche in relazione al padre che si trovi in detenzione domiciliare “ordinaria” per esigenze di cura della prole.
Ciò posto, è evidente come, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale, sia fallace estendere indistintamente il contenuto della decisione della Corte costituzionale a tutte le ipotesi di detenzione domiciliare, e cioè quelle contenute nel «catalogo» previsto dalla lett. b) alla e) dell’art. 47-ter; così c:ome errata risulta l’interpretazione secondo cui la detenzione domiciliare “ordinaria” sia quella involgente la generalità delle persone sottoposte al regime di detenzione
domiciliari anche quando lo stesso non abbia inerenza con quelle di cui al comma 1, lett. a), dell’art. 47-ter.
È, allora, sufficiente in questa sede osservare che la polizia giudiziaria aveva ritenuto sussistente l’ipotesi di evasione in flagranza e, in ragione della condotta in concreto accertata e della personalità della ricorrente, sulla base di quanto al momento noto agli operanti, ha legittimamente operato l’arresto della COGNOME che, al di fuori degli orari in cui era stata autorizzata potersi allontanare dalla abitazione, veniva rintracciata mentre, in sella ad una bicicletta ed in orario notturno, era in giro per la città di Livorno.
Alla violazione dell’art. 381 cod. proc. pen. consegue l’annullamento del provvedimento di non convalida dell’arresto, che deve essere dichiarato con la formula “senza rinvio”, poiché il ricorso, avendlo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell’operato degli agenti di polizia giudiziaria e l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di effetti giuridici (Sez. 6, n. 13436 del 23/02/2016, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.
Così deciso il 15/02/2024.