Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26221 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a ACERRA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/scntke le conclusioni del PG
ei
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 27 ottobre 2023 del Magistrato di sorveglianza di Napoli, che ha rigettato l’istanza con la quale il condanNOME, sottoposto agli arresti domiciliari esecutivi ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen., aveva chiesto l’autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio per quattro ore al giorno, per poter soddisfare le proprie esigenze di vita.
Il Magistrato di sorveglianza ha evidenziato che COGNOME era gravato da numerose condanne anche per reati gravi e che non vi erano le condizioni per concedere tale autorizzazione, anche considerando che allo stesso era stato applicato il c.d. braccialetto elettronico.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 656 cod. proc. pen., 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, 56 legge 24 novembre 1981, n. 689, 3 e 27 Cost., perché il Magistrato di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che, nel caso di detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell’art. 56 legge n. 689 del 1981, il condanNOME, in ogni caso, possa lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno.
Secondo il ricorrente, pertanto, tale opportunità deve essere garantita anche a chi è sottoposto alla misura degli arresti domiciliari esecutivi e alla detenzione domiciliare; in caso contrario, infatti, vi sarebbe un’ingiusta lesione del principi di uguaglianza ex 3 Cost., posto che il beneficio relativo alla possibilità di allontanarsi dal domicilio per quattro ore al giorno sarebbe automaticamente concedibile ex art. 56 legge n. 689 del 1981 a chi ha subito una condanna a pena detentiva fino ad anni quattro, ma non anche a chi ha subito una condanna a una pena detentiva inferiore (fino ad anni due) ed ha ottenuto l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare ex art. 47-ter Ord. pen. o quella dei c.d. arresti domiciliari esecutivi ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.
Il ricorrente, pertanto, sul punto solleva questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 656, comma 10, cod. proc. pen. e 47-ter Ord. pen. in relazione all’art. 56 legge n. 689 del 1981 per violazione dell’art. 3 Cost.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Giova in diritto premettere che l’art. 656 cod. proc. pen. consente al condanNOME, che si trovi sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e debba scontare una pena non superiore a quelle indicate dal comma 5 (senza che ricorrano le situazioni di cui ai commi 7 e 9 dello stesso articolo), di beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione. Prevedendo tale sospensione, il comma 10 dello stesso articolo chiarisce che il condanNOME, fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza in ordine all’eventuale applicazione di una delle misure alternative, rimane nello stato detentivo in cui al momento si trova, ossia in una condizione da equiparare a quella della sottoposizione alla misura alternativa della detenzione domiciliare.
Il medesimo comma 10, poi, affida al Magistrato di sorveglianza la competenza in ordine alla gestione della custodia domestica nel periodo di cui trattasi, secondo le attribuzioni che sono riconosciute dal richiamato art. 47-ter Ord. pen.
Con la misura alternativa alla detenzione della detenzione domiciliare ex art. 47-ter Ord. pen. l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali e nelle pendenze processuali (Sez. 1, n. 1812 del 04/03/1999, COGNOME, Rv. 213062), nelle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, COGNOME, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, posto che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
La pena della detenzione domiciliare sostitutiva ex art. 56 legge n. 689 del 1981, invece, pur presentando un nome simile alla sopra indicata misura alternativa alla detenzione, è un istituto del tutto differente, posto che tale pena è direttamente applicata dal giudice della cognizione ai sensi dell’art. 20-bis cod. proc. pen. e postula una valutazione discrezionale del giudice della cognizione nella
scelta del trattamento sanzioNOMErio sulla base degli indici di cui all’art. 133 cod. pen., soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.
1.2. Va altresì rilevato che la questione di legittimità costituzionale dcfart 656, comma 10, cod. pen. e 47-ter Ord. pen. sollevata dal ricorrente è priva di rilevanza concreta d almomento che il giudice di merito non ha respinto l’istanza del condanNOME per effetto di un divieto normativo o di una carente previsione nelle norme di legge applicabili, ma per la carente dimostrazione delle esigenze che imponessero un’uscita dal domicilio per quattro ore al giorno e per il giudizio di pericolosità espresso a carico del condanNOME.
Il ricorso, pertanto, non può essere accolto, posto che prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/02/2024