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Arresti domiciliari: no al trasferimento vicino al clan

Un soggetto agli arresti domiciliari per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ha richiesto di trasferire la misura dalla località imposta (Napoli) alla sua città di origine (Catania), sede del clan di appartenenza. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il supremo collegio ha ritenuto che il concreto e attuale pericolo di recidiva, derivante dalla possibilità di riallacciare i contatti con l’ambiente criminale, prevalesse sulle esigenze familiari addotte dal ricorrente, rendendo la misura degli arresti domiciliari incompatibile con il ritorno nel territorio di operatività del clan.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Arresti domiciliari: perché il ritorno a casa può essere negato?

La misura degli arresti domiciliari rappresenta un delicato equilibrio tra la libertà personale dell’individuo e la necessità di tutelare la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: quando il ritorno nel proprio ambiente di origine comporta un elevato rischio di ricaduta nel crimine, le esigenze di sicurezza prevalgono su quelle personali e familiari. Il caso analizzato riguarda la richiesta di un detenuto di trasferire i suoi arresti domiciliari nella città sede del clan a cui era affiliato, richiesta fermamente respinta a ogni livello di giudizio.

I Fatti del Caso

Un individuo, sottoposto a misura cautelare per la sua partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, legata a un noto clan mafioso operante a Catania, si trovava agli arresti domiciliari in una città distante, Napoli. Questa scelta era stata motivata proprio dalla necessità di allontanarlo dal suo contesto criminale di provenienza per prevenire il pericolo di recidiva.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato istanza per essere trasferito agli arresti domiciliari a Catania, adducendo diverse ragioni: la cessazione delle condotte criminose, il rispetto delle prescrizioni imposte, le sopraggiunte responsabilità genitoriali e la necessità di coltivare i legami affettivi con la compagna e i figli.

La richiesta è stata respinta sia dal Giudice per l’udienza preliminare sia, in sede di appello, dal Tribunale di Catania. Contro quest’ultima decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione sugli Arresti Domiciliari

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44804/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La Corte ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale di Catania fosse immune da vizi logici o motivazionali, confermando la correttezza della valutazione effettuata.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che il loro compito non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la coerenza e la logicità del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito. In questo caso, la decisione di negare il trasferimento era stata ampiamente e congruamente motivata.

Le Motivazioni: Pericolo di Recidiva vs. Esigenze Familiari

Il fulcro della decisione risiede nel bilanciamento tra le esigenze cautelari e le istanze difensive. Il Tribunale di Catania aveva evidenziato che l’ulteriore spostamento del domicilio coatto da Napoli a Catania sarebbe stato incompatibile con le esigenze di prevenzione.

La motivazione si basa sui seguenti punti chiave:
1. Attualità del pericolo di recidiva: Nonostante il tempo trascorso e il comportamento ligio dell’imputato, il pericolo di reiterazione dei reati era considerato ancora concreto e attuale. Ciò a causa della gravità dei reati contestati (partecipazione a un’organizzazione strutturata e radicata per lo spaccio) e dei solidi legami con esponenti del clan mafioso.
2. Prevalenza delle esigenze cautelari: Il rispetto delle prescrizioni, la confessione (peraltro limitata a un quadro indiziario già solido) e le necessità familiari sono state giudicate recessive. Il Tribunale ha ritenuto che questi elementi non potessero superare il rischio per la sicurezza pubblica derivante dal reinserimento dell’individuo nel suo ambiente criminale originario.
3. Tipologia di attività criminale: L’attività di spaccio, gestita da un’organizzazione, è perpetrabile anche in regime di restrizione domiciliare e in una residenza diversa da quella iniziale, rendendo cruciale l’allontanamento geografico.
4. Mancanza di stabilità lavorativa: Un ulteriore elemento a sfavore era l’indisponibilità di una stabile attività lavorativa a Catania, fattore che invece aveva inciso positivamente in precedenza per la concessione degli arresti domiciliari fuori sede.

La Cassazione ha concluso che il percorso logico-argomentativo dei giudici di merito era inattaccabile, avendo esposto in modo esaustivo le ragioni per cui il rischio di recidiva superava ogni altra considerazione.

Conclusioni: L’Importanza delle Esigenze Cautelari

Questa sentenza riafferma un principio cardine del sistema cautelare penale: la scelta del luogo degli arresti domiciliari non è un dettaglio secondario, ma uno strumento essenziale per neutralizzare il pericolo di recidiva. In contesti di criminalità organizzata, spezzare i legami territoriali e personali con il gruppo di appartenenza è una priorità. Le legittime esigenze personali e familiari, pur meritevoli di considerazione, devono cedere il passo di fronte a un concreto e attuale pericolo per la collettività. La decisione dimostra come la valutazione del giudice debba essere sempre ancorata a un’analisi rigorosa della specifica situazione, dove la pericolosità sociale dell’imputato e la natura del reato contestato assumono un peso determinante.

È possibile ottenere il trasferimento del luogo degli arresti domiciliari nella propria città di residenza?
Sì, ma la richiesta viene valutata in base alle esigenze cautelari. Come dimostra questa sentenza, se il ritorno nella città di residenza comporta un concreto e attuale pericolo di recidiva, specialmente per legami con la criminalità organizzata locale, la richiesta può essere respinta.

Le esigenze familiari, come la necessità di stare vicino ai figli, sono sufficienti per giustificare il trasferimento degli arresti domiciliari?
Non sempre. Nel caso esaminato, le esigenze familiari sono state considerate ‘recessive’ (cioè secondarie) rispetto al prevalente pericolo di reiterazione dei reati. La valutazione del giudice bilancia i diritti dell’imputato con la necessità di proteggere la collettività.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile per manifesta infondatezza’?
Significa che la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso privo di argomenti validi fin da un primo esame. La Corte non ha riesaminato i fatti, ma ha concluso che le motivazioni del provvedimento impugnato erano logiche, congrue e prive di vizi legali, rendendo l’appello palesemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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