Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7746 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7746 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Albania il 03/05/1987 avverso l’ordinanza del 15/10/2024 del Tribunale di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale cautelare di Perugia ha rigettato l’istanza di riesame, ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Perugia, in data 01/01/2024, ed ha confermato l’impugnata ordinanza con la quale era stata disposta, nei confronti del predetto, la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cessione di cocaina ai sensi degli artt. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, capi f), m), q) e r), in ordine al quale il Collegio ravvisava gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso l’ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo con un unico motivo la violazione di legge in relazione all’art. 275 comma 1 cod.proc.pen. e al vizio di motivazione in relazione all’inidoneità della misura degli arresti domiciliari presso la propria abitazione
rispetto alla natura e grado delle esigenze cautelari da soddisfare. Il Tribunale avrebbe reso una motivazione contraddittoria là dove avrebbe escluso l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari avendo dapprima sostenuto che il ricorrente era solito cedere sostanza stupefacente per strada in prima persona e senza ausilio di terzi e nell’aver successivamente affermato l’inidoneità degli arresti domiciliari perché non impedirebbero al ricorrente di proseguire nella propria attività di spaccio senza dover ricorrere a collaboratori, avendo tratto, senza alcun riferimento specifico, la circostanza che presso la propria abitazione il ricorrente occultasse lo stupefacente poi ceduto di cui al capo f).
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso che contesta unicamente il profilo della ritenuta inadeguatezza della misura cautelare degli arresti presso la propria abitazione rispetto alla natura e grado del pericolo di recidiva, è inammissibile.
Premesso che l’apprezzamento della pericolosità del ricorrente, sottoposto alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere ai fini della concessione degli arresti domiciliari e il giudizio di inadeguatezza della misura degli arrest domiciliari, riservati al giudice di merito, sono incensurabili nel giudizio legittimità se congruamente e logicamente motivati (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 275851 – 01), rileva, il Collegio, la congruità della motivazione e l’assenza del denunciato vizio di contraddittorietà della stessa.
Il Tribunale del riesame, dopo avere dato atto che, nonostante la sentenza di applicazione di pena del 06/12/2022, per spaccio di sostanze stupefacenti, il ricorrente aveva continuato a svolgere tale illecita attività, e che, come plasticamente dimostrato dalle modalità della cessione di cui al capo f) – fatto ritenuto più grave di cessione di grammi 100 di cocaina-, era risultato provato che il ricorrente occultasse lo stupefacente presso la propria abitazione, ha ritenuto sufficiente tale dato (l’occultamente dello stupefacente presso l’abitazione) per sancire l’inidoneità della misura degli arresti domiciliari per fronteggiare il risch di recidivanza.
Il giudizio di inadeguatezza degli arresti domiciliari, fondato su elementi obiettivi del fatto commesso (occultamento dello stupefacente presso la propria abitazione, circostanza di fatto che non è qui sindacabile) risulta congruamente argomentato e non è per nulla viziato, il provvedimento impugnato, dal profilo di contraddittorietà della motivazione, essendo il suddetto giudizio ancorato alla circostanza del fatto, ovvero dell’occultamento dello stupefacente presso l’abitazione, da cui il Tribunale ha tratto la conclusione, per nulla illogica contraddittoria, del concreto rischio di prosecuzione dell’attività illeci dall’abitazione ove era appunto occultato lo stupefacente, da cui l’inidoneità
oggettiva della misura in un contesto nel quale ha, peraltro, dato rilievo anche alle condizioni personali (precedente specifico).
Si tratta di una motivazione che non presenta i vizi denunciati ed è corretta in diritto. Infatti, per quanto attiene ai criteri da seguire per valut l’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari rispetto alla custodia in carcere, che costituisce extrema ratio, questa Corte ha più volte ribadito come l’adeguatezza della misura in concreto applicata vada valutata all’esito di un giudizio globale sia degli elementi inerenti la gravità e le circostanze del fatto, si della personalità del prevenuto e, a tal fine, anche con riferimento alla prognosi di spontaneo adempimento da parte dell’indagato degli obblighi e delle prescrizioni che a detta misura cautelare siano eventualmente collegati (Sez. 6, n. 53026 del 06/11/2017, COGNOME, Rv. 271686 – 01 Sez. 3, n. 5121 del 04/12/2013, COGNOME, Rv. 258832).
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma 1 ter disp.att.cod. proc. pen.
Così deciso il 15/01/2025