Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28030 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28030 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SALERNO nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA:2/07/2002
avverso l’ordinanza del 25/01/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal PG, COGNOME, con requisitoria scritta resa ai sensi dell’art. 23 dl. n. 137 del 2020 e succ. modd., con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
letta le conclusioni rassegnate con memoria dall’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 25 gennaio 2024, il Tribunale di Salerno – investito della richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza resa in data 11 gennaio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del medesimo COGNOME, in relazione al delitto di tentato omicidio aggravato in danno di NOME COGNOME (capo 1) e al delitto di porto illegale di arma comune da sparo (capo 2), contestati come commessi in Giffoni Valle Piana, il 6 gennaio 2024 – ha sostituito la misura custodiale carceraria con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione della madre dell’indagato, sita in Moschiano, in provincia di Avellino, dettando le relative prescrizioni.
Il Tribunale, dopo aver richiamato l’analisi compiuta nel provvedimento genetico, ha ritenuto grave il quadro indiziario, peraltro corroborato dalle dichiarazioni ammissive dell’indagato, e, sotto il profilo cautelare, ha considerato attuale e concreto il pericolo di condotte recidivanti, per la spregiudicatezza, spavalderia e sicura potenzialità lesiva delle modalità della condotta messa in essere da COGNOME (che aveva esploso sette colpi di pistola all’indirizzo della vittima, attingendolo anche al torace), sicché l’incensuratezza e la giovanissima età del medesimo non sono stati considerati indici idonei a escludere la pericolosità in concreto emersa.
In merito alla scelta della misura, tuttavia, il complesso degli elementi valutati ha condotto i giudici del riesame a ritenere necessaria e sufficiente la misura custodiale domestica, dislocata rispetto al contesto in cui era maturato il delitto a salvaguardare le esigenze di tutela della collettività determinate dal rilevato pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie.
Ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata e affidando l’impugnazione a un unico motivo con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine all’avvenuta sostituzione della misura cautelare.
Si rileva che, pur avendo considerato estremamente pregnanti le esigenze cautelari specialpreventive, il Tribunale ha poi attenuato il regime custodiale in favore di un indagato che aveva creato, secondo gli stessi giudici del riesame, un allarme sociale elevatissimo, mettendo in essere una reazione priva di ogni limite, tale da autorizzare un giudizio di pericolosità estrema, avendo agito con spregiudicatezza, spavalderia e sicura potenzialità lesiva, così da escludere ogni automatismo attenuante all’incensuratezza di COGNOME.
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Posto ciò, il Procuratore ricorrente prospetta la contraddittorietà del discorso giustificativo offerto dai giudici del riesame che, dopo aver estrinsecano siffatte valutazioni, hanno reputato possibile formulare una prognosi favorevole all’indagato circa la sua capacità di autocontrollo, omettendo di considerare le modalità della condotta, da cui era emerso che l’indagato aveva immediatamente e volutamente provocato la vittima, tanto da indurla a uscire fuori dal locale in cui si trovava con gli amici, per poi allontanarsi e preparare l’agguato, fino a sorprendere COGNOME e attingerlo con diversi colpi di pistola, esplosi da brevissima distanza (circa due metri).
Anche l’esclusione della circostanza aggravante della premeditazione, desumibile dal testo dell’ordinanza, viene sottoposta a censura, giacché per pervenire a tale conclusione il Tribunale ha, secondo il Pubblico ministero ricorrente, esposto in maniera travisata i dati di fatto, essendo risultato, pe averlo ammesso l’indagato, che egli aveva occultato l’arma proprio nell’aiuola in cui aveva poi esploso i colpi.
Si aggiunge la considerazione del clima di omertà che aveva circondato la prima fase delle indagini e la mancanza di ogni indicazione da parte dell’indagato in ordine al destino dell’arma usata, non ritrovata.
Da tali elementi il ricorrente trae la conclusione della carenza di basi probatorie alla valutazione fatta dal Tribunale del riesame e sfociata nella prognosi di sussistenza del possesso da parte dell’indagato della capacità di autocontrollo necessaria per fruire della misura custodiale domestica.
Il provvedimento impugnato è vieppiù meritevole di censura, secondo il Pubblico ministero, per il fatto di non aver nemmeno rafforzato la custodia domestica con il controllo elettronico, che sarebbe stato in ogni caso inadeguato in questo frangente, in luogo non molto distante da quello dei fatti e nel contesto familiare, colluso quanto ad atteggiamento omertoso.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta rassegnata ai sensi dell’art. 23 dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre del 2020, n. 176, come richiamato dall’art. 16 d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, nonché, ulteriormente, dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e poi dall’art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, ha prospettato l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, attesa la contraddittorietà della motivazione che la connota e considerata la carenza di confronto dei relativi argomenti con quelli sviluppati nell’ordinanza genetica, in carenza di indicazione di elementi concreti idonei a sostenere la prognosi positiva di rispetto della misura custodiale non carceraria.
4. La difesa di NOME COGNOME ha rassegnato memoria con cui ha contrastato le deduzioni in diritto e in fatto sviluppate nell’atto di impugnazion segnalando, in premessa, che la ricostruzione prospettata dal Pubblico ministero non corrisponde all’andamento dei fatti, soltanto ipotetica essendo la tesi dell’agguato, il mancato rinvenimento dell’arma essendo, allo stato, dipeso dalla carenza di indagini relative a quel punto, l’atteggiamento della persona offesa non avendo denotato alcuna paura delle conseguenze, ma piuttosto la tendenza a nascondere le ragioni dell’accaduto: l’esatto inquadramenl:o dei fatti, invero, avrebbe dovuto condurre ad affermare che la condotta dell’indagato era stata l’effetto delle vessazioni messe in essere da COGNOME anche nei confronti dei familiari di COGNOME.
Con specifico riferimento alle esigenze cautelari, esse, secondo la difesa, sono da considerarsi insussistenti, anche con riguardo al pericolo di fuga, oltre che in ordine al pericolo di recidiva, giacché l’indagato è incensurato, ha ammesso il fatto e ha collaborato con gli inquirenti indicando anche il punto in cui aveva gettato l’arma.
Inoltre, evidenzia la difesa, COGNOME, nelle more, ha rispettato le prescrizioni a lui imposte: anche in un’ottica di corretto bilanciamento, pertanto, la decisione del Tribunale non si ritiene suscettibile di essere fondatamente censurata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene l’impugnazione non fondata e, come tale, da rigettare.
Appare opportuno premettere che, secondo l’impostazione privilegiata dal Tribunale, nel caso in esame, le esigenze cautelari da tutelare vanno individuate essenzialmente in quelle di carattere specialpreventivo. E, rispetto alle stesse, i giudici del riesame hanno osservato che la mancanza di precedenti penali, sia pure meno pregnante per essere riferita a persona giovanissima, induce, nella situazione connotata dagli elementi di fatto descritti, a ritenere insussistent concrete ragioni per formulare una prognosi della determinante mancanza in capo ad COGNOME dell’autocontrollo occorrente per il rispetto delle prescrizioni implicate dalla misura meno afflittiva degli arresti domiciliai -i, la cui efficienza contenitiva è stata ritenuta adeguata, in quanto essa è stata strutturata in guisa da attuarsi in un’abitazione, costituita dalla dimora della madre dell’indagato, collocata a rassicurante distanza dal luogo dei fatti, siccome sita in Moschiano, ossia in una località ubicata nel territorio di una provincia, quella di Avellino diversa da quella di Salerno, in cui ricade il Comune di Giffoni Valle Piana, sicché
la misura custodiale domiciliare è stata ritenuta come efficacemente dislocata rispetto allo specifico e circoscritto contesto delittuoso.
Così inquadrata la questione, si rileva che il Tribunale non ha affatto dequotato l’emersione delle esigenze cautelari di natura specialpreventiva, che si sono evidenziate anche per i connotati allarmanti segnalati nell’ordinanza genetica e considerati pure nel provvedimento impugnato; piuttosto, i giudici del riesame hanno valutato, spiegandone le ragioni in modo congruo, che l’incensuratezza di COGNOME, in rapporto alla sua età molto giovane, e la possibilità di collocare il medesimo in una situazione extramuraria idonea a isolarlo dal contesto in cui è avvenuto il delitto abbiano determinato le condizioni adeguate a imporre che la necessaria prosecuzione della misura coercitiva restrittiva si effettui in ambito domestico, in ossequio al principio di adeguatezza, espresso dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., che individua nella custodia inframuraria l’extrema ratio, da disporre soltanto quando le altre misure coercitive (oltre che interdittive) risultino inadeguate a fronteggiare il periculum libertatis.
3.1. È vero, quindi, il Tribunale ha rinnarcato il cospicuo allarme sociale generato dalla condotta delittuosa ascritta all’indagato e ha tratto anche dalle modalità spregiudicate e spavalderia di quella condotta la valutazione dell’estrema pericolosità del medesimo, tale da esigere, oltre alla prospettiva rieducativa, l’immediata risposta difensiva da parte dell’ordinamento, risposta da concretarsi con l’adottata misura cautelare. Ed è certo anche che i giudici del riesame hanno ricollegato proprio alle gravi modalità della condotta finalizzata all’omicidio della vittima le ragioni dell’adozione della misura coercitiva di carattere custodiale idonea a prevenire condotte delittuose della stessa specie da parte dell’indagato.
È altrettanto indubitabile, tuttavia, che il Tribunale si è confrontato con tutt gli elementi caratterizzanti la condizione di COGNOME apprezzandoli come idonei a consentire – una volta collocato forzosamente l’indagato in ambiente estraneo al contesto in cui era avvenuta la sua condotta delittuosa, contesto qualificato come specifico e, soprattutto, circoscritto – il contenimento del rischio di recidiva nell’individuata detenzione domiciliare, in ambiente gestito dalla pure indicata figura parentale, tale da garantire l’efficiente dispiegamento dell’autocontrollo necessario alla funzionalità della misura.
Nel quadro così delineato, le censure sviluppate dal Procuratore della Repubblica ricorrente vanno necessariamente depurate dalle inflessioni rivalutative di merito che connotano una parte non irrilevani:e di esse, quali la rivisitazione della condotta di COGNOME descritta dal Tribunale in senso non tale da rilevare la premeditazione alla base di essa o la prospettazione di un clima
omertoso nella situazione ambientale valutata, che il ricorrente ha inteso ascrivere in qualche modo all’indagato e alla sua famiglia. Su tali temi le controvalutazioni formulate dall’Autorità ricorrente, non sorrette dalla prova certa di effettivi travisamenti, non possono trovare ingresso in sede di legittimità, a fronte dell’adeguata opzione valutativa dei dati finora emersi esposta dal Tribunale del riesame.
3.2. Ciò posto, non può decamparsi dal principio di diritto secondo cui la valutazione di inadeguatezza degli arresti domiciliari non può essere basata su mere supposizioni o ipotesi astratte, il cui verificarsi è possibile in rerum natura, ma non probabile secondo regole di comune esperienza, laddove tale valutazione deve fondarsi essenzialmente sulla prognosi della mancata osservanza, da parte del sottoposto, delle prescrizioni a lui imposte, prognosi da effettuarsi in senso concreto sulla base di elementi specifici, che siano indicativi della sua scarsa capacità di autocontrollo del medesimo (Sez. 3, n. 19608 del 25/01/2023, M., Rv. 284615 – 01).
È, in questo alveo, indubbio che lo scrutinio da compiersi dal giudice del merito cautelare, chiamato a valutare l’adeguatezza della custodia cautelare domestica rispetto alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., sia da parametrarsi anche alla prognosi di spontaneo adempimento degli obblighi e delle prescrizioni eventualmente ad essa collegati, tenendo particolare conto della pericolosità sociale dell’indagato (Sez. 2, n. 27272 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 275786 – 01), con la necessaria specificazione che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Spinelli, Rv. 275851 – 01).
Posta tale prospettiva, si deve quindi ritenere dirimente il rilievo che i Tribunale non ha mancato considerare la rilevante pericolosità palesata da COGNOME con la sua condotta, ma ha anche formulato l’apprezzamento – sufficientemente radicato sui dati complessivamente valutati relativamente alla posizione dell’indagato e non minato da determinanti cesure logiche – di adeguato e affidante contenimento del pericolo di recidiva dalla stessa costituito mediante la detenzione domiciliare caratterizzata dalla soluzione dislocata e familiare, motivatamente reputata idonea, pur senza la previsione di specifici strumenti di controllo elettronico, a isolare l’indagato dal contesto che ha favorito l’emersione delle sue pulsioni antisociali e attivarne le sussistenti capacità di autocontrollo.
Questo approdo – depurata l’impugnazione dalle censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si sono risolte nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dai giudici del
riesame – impone al Collegio di concludere che l’ordinanza impugnata non è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità ed è tale da rendere comprensibile e completo il percorso logico seguito per arrivare all’esito di adeguata salvaguardia delle esigenze cautelari delibate con la disposta custodia domestica, sicché tale percorso non risulta vulnerato dalle c:ritiche del Pubblico ministero ricorrente: a fronte del motivato e non illogico giudizio di merito, deve prendersene atto, restando esso incensurabile in sede di legittimità.
Corollario delle svolte considerazioni è che il ricorso deve essere rigettato. La natura della parte ricorrente esclude statuizioni in merito alle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 10 aprile 2024
Il Consigliere e tensore
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Il Presidente