Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 594 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 594 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Nocera Inferiore il 24/12/1988
avverso la ordinanza del 13/06/2024 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Salerno rigettava l’appello cautelare proposto dall’imputato NOME COGNOME avverso il provvedimento della Corte di appello di Salerno del 7 maggio 2024 che aveva respinto la sua istanza di autorizzazione a rientrare nel domicilio in Nocera Inferiore e a svolgere attività lavorativa.
1.1. COGNOME era stato raggiunto da misura cautelare carceraria per i reati ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (detenzione di oltre 660 grammi di cocaina e di altre sostanze stupefacenti; detenzione in concorso in pari data di oltre un chilo di
marijuana) e art. 697 cod. pen. detenzione di proiettili), commessi il 5 aprile 2023 in Nocera Superiore.
Con provvedimento del 17 luglio 2023 gli erano stati concessi gli arresti domiciliari in Cessino, avendo lo COGNOME dimostrato di disporre di un’abitazione in tale città a suo uso esclusivo, che i parenti erano in grado di sostenerlo economicamente e che la moglie era disponibile a trasferirsi nella nuova abitazione per accudirlo.
Il 16 ottobre 2023 COGNOME era stato condannato con rito abbreviato per tutti i reati allo stesso ascritti alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione, oltre alla multa. In appello il 18 aprile 2024 la sentenza di primo grado era stata parzialmente riformata solo per il capo relativo alla detenzione di proiettili calibro 9, venendo la pena rideterminata in anni cinque, mesi due e giorni dieci di reclusione, oltre alla multa.
Con la istanza de libertate del 25 aprile 2024 la difesa aveva chiesto di modificare il luogo degli arresti domiciliari (con rientro nella sua residenza di Nocera Inferiore) per consentire all’imputato di essere assunto con mansioni di contabile in un esercizio commerciale di Nocera Superiore, senza contatti con il pubblico e in orario limitato a sei ore mattutine, posto che i parenti non erano più in grado di mantenerlo e tenuto conto che durante il lungo tempo della custodia cautelare domiciliare aveva osservato tutte le prescrizioni e che andava considerata la volontà dell’imputato di reinserirsi nel contesto sociale e lavorativo.
La Corte di appello aveva rigettato l’istanza, rilevando il permanere delle esigenze cautelari non scalfite dalle deduzioni difensive.
1.2. Il Tribunale, in sede di appello, aveva ritenuto che l’istanza dell’imputato non avesse allegato fatti nuovi idonei ad escludere il rischio di recidiva, già individuato dal provvedimento genetico nel contesto criminale territoriale al quale era collegata la condotta del predetto, oramai cristallizzata (avendo detenuto rilevanti quantitativi di stupefacenti) e che rendeva necessaria la rescissione da ogni legame.
La necessità di salvaguardare tali esigenze rendeva inadeguato il rientro dell’imputato nel contesto di riferimento, con l’effetto di assorbire la istanza di autorizzazione a svolgere attività lavorativa in Nocera Superiore.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al pericolo di recidiva e alla valutazione di esclusiva adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari “delocalizzati”.
La difesa si duole che il Tribunale abbia, senza alcun vaglio delle ragioni difensive, ritenuto immutate le esigenze cautelari che il 13 luglio 2023 avevano portato a concedere la misura domiciliare in opzione “delocalizzata”.
Andava infatti considerato l’ottimo comportamento del ricorrente che, per quanto doveroso, rappresentava comunque un elemento di fatto da valutare ai fini del distacco dell’imputato dall’ambiente in cui era maturato il reato; e con esso anche il fattore tempo e il grado di pericolosità del ricorrente alla luce della concreta possibilità lavorativa a lui offerta nel Comune di appartenenza in modalità compatibili con la misura in atto, senza svuotarne il contenuto (stante il numero limitato di ore e la assenza di contatti con il pubblico).
Questa autorizzazione avrebbe inoltre consentito al ricorrente di far fronte alle indispensabili esigenze di vita anche del suo nucleo familiare (è un giovane padre).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
Il ricorrente si è limitato con il ricorso a reiterare le medesime deduzioni sviluppate nell’appello, senza confrontarsi con le argomentazioni della ordinanza impugnata e dolendosi in definitiva soltanto del mancato accoglimento delle censure difensive.
Il Tribunale ha rilevato, in modo adeguato e non sindacabile per la sua correttezza e ragionevolezza, che la misura domiciliare era stata concessa al ricorrente, pur a fronte di fatti gravi, sol perché egli aveva offerto un domicilio lontano dal contesto criminale in cui i fatti si erano svolti, così da salvaguardare il pericolo di reiterazione, e nella prospettiva che il suo sostentamento sarebbe stato garantito dai parenti.
Nessun fatto “nuovo”, quindi, era stato allegato dal ricorrente idoneo ad elidere lo specifico pericolo di recidiva, rilevato nei precedenti provvedimenti cautelari, rispetto al rientro nel comune nel quale era stata accertata l’attività da lui svolta di illecito traffico di rilevanti quantitativi di stupefacenti di vario tipo
Con persuasiva argomentazione del giudice cautelare, è stato infatti rilevato come le deduzioni difensive fossero limitate a sostenere l’incapacità economica dei parenti ed affini a far fronte al sostentamento del ricorrente, la osservanza delle prescrizioni correlate alla misura domiciliare e la volontà del predetto di reinserirsi in un contesto sociale ed economico lecito.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibilg: –
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 irn favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/10/2024.