Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17016 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17016 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 28/08/1993
avverso l’ordinanza del 14/02/2025 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata o, in subordine, la rimessione alle Sezioni unite o alla CGUE della questione relativa alla possibilità di esecuzione all’estero degli arresti domiciliari.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è indagato e attualmente sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed a vari “reati-scopo”.
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello da lui proposto norma dell’art. 310, cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva rigettato la sua istanza di sostituzione di detta misura con gli arresti domiciliari, da eseguirsi in Portogallo, presso l’abitazione di sua madre.
Hanno rilevato quei giudici che la medesima richiesta, con le relative argomentazioni a sostegno, era stata in precedenza avanzata dall’indagato anche al Tribunale del riesame, che l’aveva motivatamente disattesa con provvedimento avverso il quale pendeva impugnazione, operando perciò una preclusione conseguente alla litispendenza, che prescinde dalla formazione del cd. “giudicato cautelare”.
Impugna tale decisione l’indagato, attraverso il proprio difensore, sostenendo che non operi la preclusione ritenuta dal Tribunale, poiché, con la successiva istanza di sostituzione della misura, avanzata a norma dell’art. 299, cod. proc. pen., era stata prodotta documentazione non esaminata dal Tribunale del riesame, comprovante il radicamento in Portogallo del nucleo familiare, ed era stato prospettato per la prima volta l’argomento della contraddittorietà tra l’affidamento nella collaborazione investigativa tra Stati dell’Unione europea (derivando il compendio indiziario a carico del COGNOME essenzialmente dalle indagini compiute dalle autorità giudiziarie francesi, belghe e olandesi, acquisite dal Pubblico ministero mediante ordine europeo d’indagine) e la manifestata sfiducia in ordine all’esecuzione di misure cautelari.
Inoltre, ripercorrendo i motivi d’appello, il ricorso, con ampi richiami di giurisprudenza di legittimità, insiste per la legittimità dell’esecuzione degli arrest domiciliari nel territorio di altro Paese dell’Unione europea, deducendo che l’art. 4, d. Igs. n. 36 del 2016, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23 ottobre 2009, sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, ricomprenda, tra queste, anche la custodia domiciliare.
Ha depositato memoria scritta la Procura generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può essere ammesso, in ragione della preclusione già correttamente rilevata dal Tribunale investito dell’appello.
È principio consolidato, infatti, quello per cui sia inammissibile, in assenza di nuovi elementi, la richiesta di revoca della misura cautelare personale (ma lo stesso non può che valere anche per quella di sostituzione), il cui provvedimento applicativo sia stato già confermato dall’ordinanza di riesame, impugnata con ricorso per cassazione non ancora preso in esame, operando la preclusione derivante dalla situazione di litispendenza che prescinde dalla formazione del cosiddetto “giudicato cautelare” (Sez. 5, n. 29627 del 18/06/2014, P., Rv. 262522; ribadito più di recente da: Sez. 4, n. 20258 del 01/02/2023, RAGIONE_SOCIALE, non mass.; Sez. 2, n. 6992 del 25/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 10022 del 01/03/2022, COGNOME, Rv. 282859, in materia cautelare reale).
Il ricorso contesta la verificazione di tale effetto preclusivo nel caso specifico, in ragione della diversità e della minore ampiezza del materiale probatorio valutato dai giudici del riesame, rispetto a quello messo a disposizione del Tribunale chiamato a decidere dell’appello, nonché della prospettazione, a questi ultimi, di argomenti ulteriori.
Così, però, non è, perché, in primo luogo, le allegazioni probatorie ulteriori riguardavano una circostanza – quella del “radicamento” dell’indagato in Portogallo – che il Tribunale del riesame non solo non aveva posto in discussione, ma che, soprattutto, non aveva ritenuto decisiva ai fini del proprio giudizio (come si rileva nitidamente dall’estratto della relativa motivazione riportato dall’ordinanza oggetto d’impugnazione); e perché, inoltre, l’aliquid novi necessario a superare la preclusione può essere rappresentato da un elemento di prova od anche da una questione precedentemente non devoluta, ma non semplicemente da un’ulteriore argomentazione su un tema già proposto nell’àmbito di un distinto incidente cautelare non ancora definito, giacché, se così fosse, sarebbe agevole eludere tale sbarramento procedurale e le ragioni di organicità del sistema che lo giustificano.
Peraltro, l’esame di quella che si rivela essere la questione di principale interesse per il ricorrente – la possibilità, cioè, di esecuzione all’estero degli arres domiciliari – è altresì impedito da un profilo ulteriore d’inammissibilità della su impugnazione, consistente nell’aspecificità c.d. “estrinseca” della stessa su un punto decisivo.
Nel richiamare testualmente il provvedimento del Tribunale del riesame, infatti, l’ordinanza impugnata ha riportato, in tal modo facendolo proprio, anche il passo relativo all’inadeguatezza – secondo quei giudici – della custodia domiciliare all’estero, per la possibilità dell’indagato, anche in tale condizione, di riallacciar
rapporti d’affari con i propri fornitori, operanti in Spagna e in Albania: e, su ta osservazione, il ricorso non spende una parola.
4. L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art.
616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta
somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.